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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Melissano

I misteri di una tragedia. S'indaga per ricostruire l'esatta dinamica

Mehmeti Fitnet, trasferita all'ospedale di Casarano, non è in ancora arresto. I carabinieri stanno ricostruendo i dettagli del suo ferimento e della morte del marito, Mario Manco, 73enne. L'autopsia forse chiarirà la sequenza

 

MELISSANO – Ci sono ancora molti punti oscuri, nella dinamica della morte di Mario Manco, trasportatore in pensione di Melissano. L’uomo, 73enne, è stato ferito a coltellate nella sua stanza. Qui è spirato, adagiato sul letto, dove è stata trovata anche l’arma del delitto, un coltello da cucina. Non è ancora del tutto chiaro se le ferite siano state letali. Non è da escludere, ad esempio – ma si tratta di una pura ipotesi, per ora, che possa essere sopraggiunto un malore, dopo le coltellate. Così come si dovrà valutare la reale intenzionalità di uccidere e il quadro psicologico in cui si è dipanata la vicenda. Non sono formalità, perché proprio partendo dal dato preciso, si potrà definire in modo più chiaro l'accusa.

Molto di quanto accaduto al civico 78 di via Arrigo Boito, compreso il movente, si potrà quindi chiarire soltanto dopo l’autopsia. L’incarico sarà conferito dal sostituto procuratore Giovanni Gagliotta nei prossimi giorni al medico legale Roberto Vaglio. Altri aspetti si potranno comprendere dall'ascolto della moglie,  Mehmeti Fitnet, 62enne, albanese, che per il momento, però, è da escludere.   

La donna è stata trovata nelle vicinanze, sul pavimento, a sua volta ferita con profondi tagli sugli avambracci e ai polsi. Ha perso molto sangue e versa ancora in gravi condizioni. I carabinieri del nucleo investigativo di Lecce, comandati dal capitano Biagio Marro, e della compagnia di Casarano, coordinati dal capitano Aniello Mattera, stanno svolgendo approfonditi accertamenti tecnici sulla scena della tragedia, proprio per fugare ogni dubbio sull’esatta successione degli avvenimenti.

La prima impressione, valutando il tipo di ferite, è che possa essersi trattato del classico omicidio, seguito da un tentativo di suicidio. Ovvero, che la donna abbia affondato la lama nel petto del marito, colpendolo una seconda volta alla testa, per poi ritorcere l’arma verso se stessa. Infatti, Sul cadavere di Manco, gli specialisti della scientifica, nel corso della prima ispezione, hanno trovato due ferite inferte con la lama (ma non si esclude che altre possano essere rilevate durante la necroscopia): una allo sterno e la seconda sulla fronte. Quest’ultimo, un taglio piuttosto profondo, di circa dieci centimetri.

Molto più sfumate, ma comunque da tenere a mente, nel corso dell’indagine, anche altre possibili dinamiche. Una di queste, ad esempio, potrebbe in qualche modo vedere la situazione capovolgersi. La donna potrebbe essersi ferita prima di Manco, e addirittura lui essersi suicidato. O magari essere stato colpito, nel tentativo di fermarla, mentre lei stava tentando il suicidio. Tecnicamente sarebbe persino ammissibile che il 73enne possa aver ferito alle braccia la moglie, per quanto questa pista sia difficilmente immaginabile. E’ chiaro che - in tutti i casi - si tratta di ricostruzioni meno convincenti, ma delle quali, pure, bisogna tener conto, fin quando non si avranno i referti delle analisi, comprese quelle sull’arma.  

Al momento, Mehmeti Fitnet  è  indagata a piede libero, ma non in stato d'arresto e quindi non è piantonata da personale della polizia penitenziaria. E non è in condizioni di essere interrogata. Risponde per l'assassionio del marito, ma un quadro più preciso si avrà dopo la necroscopia. E sarà confermato l'omicidio doloso, se si proverà con certezza che la morte di Manco è avvenuta a causa di coltellate inferte da lei, con la ferma intenzione di uccidere; altrimenti, si potrebbero formulare ipotesi differenti, come, ad esempio, l’omicidio preterintenzionale, o la morte come conseguenza di altro reato. 

Gli investigatori, da alcuni dettagli, ritengono che l’episodio sia maturato nella giornata di venerdì. Giovedì sera, infatti, la coppia ha posto all’esterno un contenitore dei rifiuti, affinché fosse svuotato, e venerdì non era ancora stato riportato in casa. Solo sabato mattina, un nipote e un amico, maresciallo dei carabinieri in congedo, passando davanti all’abitazione, si sono accorti di quel contenitore, giudicando la cosa molto singolare e decidendo di entrare in casa, avendo già intuito che potesse essere accaduto qualcosa di grave.

Cos’abbia scatenato questo drammatica sequenza di morte, da cui il 73enne, persona sofferente, tanto da usare un respiratore, è rimasto travolto, non è chiaro: se un momento di depressione, una lite, qualche profondo malumore covato nel tempo e scatenatosi nelle ultime ore. Bisognerà anche comprendere se la donna, trasferita questa mattina dall’ospedale “Sacro Cuore” di Gallipoli, al “Ferrari” di Casarano, in attesa in attesa di essere operata, fosse in grado d’intendere e volere al momento dei fatti. 

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