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I principali aspetti della tassa smaltimento dei rifiuti solidi urbani

Giovanni Lazzari, collaboratore dell'ufficio tributi del Comune di Castro, su richiesta dei contribuenti che hanno chiesto informazioni sul funzionamento della Tarsu, ha scritto un pezzo sull'argomento

CASTRO - Prima di esporre gli aspetti caratterizzanti la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), è doveroso ricordare che il D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante "Norme in materia ambientale", ha apportato non poche novità che possono riflettersi sull'applicazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e della tariffa introdotta dal D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, meglio noto come "decreto Ronchi".Tuttavia, poiché il D. Lgs. n. 152 del 2006 non ha trovato completa attuazione, ne consegue che pur avendo previsto l'abrogazione del D. Lgs. n. 22 del 1997, nel frattempo anche l'applicazione della Tarsu risente di tale fase di transizione, dovendosi continuare, in alcuni casi, a far riferimento al citato D. Lgs. n. 22 del 1997.

I costi di esercizio da coprire con la tassa rifiuti

Secondo le disposizioni dell'art.61, comma 1, del D.Lgs. n. 507/1993, il gettito complessivo della tassa deve rispettare delle percentuali di copertura del costo del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani ben precise, determinate in base alla situazione finanziaria del comune. Le percentuali di copertura minima obbligatoria previste sono infatti le seguenti:

  • 100% per i comuni che abbiano dichiarato il dissesto finanziario;
  • 70% per i comuni che versino in situazioni strutturalmente deficitarie;
  • 50% per gli altri.

Il mancato rispetto di dette misure porrebbe il comune in una situazione di illegittimità, perciò nell'ipotesi in cui sia stata prevista una percentuale di copertura del 50% e per vari motivi non possa essere rispettata, si renderebbe necessario un aumento delle tariffe in corso d'anno, ossia anche oltre il termine previsto per la deliberazione tariffaria. Tale aumento assumerebbe il carattere di "atto dovuto" al fine di superare la violazione dell'art.61, comma 1, del D.Lgs. n. 507/1993, connessa all'impossibilità di rispettare il limite minimo di copertura previsto. La stessa situazione si riprodurrebbe qualora un comune strutturalmente deficitario o dissestato non riuscisse a rispettare l'obbligo di copertura minimo previsto dalla legge.

Il gettito derivante dall'applicazione della TARSU non deve superare il costo di esercizio poiché, in tal caso, si verificherebbe un'eccedenza acquisita in violazione della norma di cui all'art.61.

Per quanto riguarda le componenti del costo del servizio, occorre far presente che in esso sono comprese le spese inerenti al servizio stesso e gli oneri diretti ed indiretti, nonché le quote di ammortamento dei mutui per la costituzione di consorzi per lo smaltimento dei rifiuti. Inoltre, poiché con l'art.3, comma 39, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è stato previsto che i proventi delle addizionali ex ECA sono devoluti direttamente ai comuni, è venuto meno il vincolo di destinazione di tali somme al pagamento del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi. Pertanto dal 1997 anche le spese relative al pagamento di questo tributo devono essere inserite tra i costi di esercizio della tassa.

Il presupposto per l'applicazione della TARSU

Secondo l'art. 62, comma 1, del D. Lgs. n. 507/1993, la Tarsu è dovuta per l'occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, con esclusione delle aree scoperte che costituiscono pertinenze di civili abitazioni diverse dalle aree a verde.

Riguardo alla determinazione della superficie tassabile, si deve ricordare che l'art. 1, comma 340 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ha modificato il comma 3 dell'art. 70 del D. Lgs 15 novembre 1993, n. 507, disponendo che «A decorrere dal 1º gennaio 2005, per le unità immobiliari di proprietà privata a destinazione ordinaria censite nel catasto edilizio urbano, la superficie di riferimento non può in ogni caso essere inferiore all'80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138…"

Con la Determinazione del direttore dell'Agenzia del territorio del 9 agosto 2005 è stato specificato che la superficie deve essere calcolata sia sulla base delle "norme tecniche per la determinazione della superficie catastale delle unità immobiliari a destinazione ordinaria (Gruppi R, P, T)" contenute nell'allegato C del citato D. P. R. 23 marzo 1998, n. 138, sia sulla base dei criteri operativi indicati nell'allegato A della stessa determinazione, tenuto conto dell'art. 62, comma 1, del D. Lgs. n. 507/1993.

Nel citato allegato A è stato precisato che nella determinazione della superficie di riferimento bisogna escludere le superfici delle aree scoperte che corrispondono a balconi, terrazze e simili, comunicanti con i vani principali, ovvero non comunicanti con i vani principali, nonché le aree scoperte e simili, di pertinenza esclusiva. Inoltre, l'altezza utile non deve essere inferiore a mt. 1,50.

Va comunque evidenziato che l'applicazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani non è correlata all'abitabilità, bensì alla potenzialità di produzione di rifiuti; pertanto, se i locali di cui si tratta sono potenzialmente in grado di produrre rifiuti, la tassa va applicata. Il contribuente può, tuttavia, sempre fornire la prova che si tratta di locali rientranti nelle previsioni dell'art. 62, comma 2, del D. Lgs. n. 507/1993, secondo il quale "non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell'anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione".

Soggetti Passivi

Ai sensi dell'art. 63 del D. Lgs. n.507/1993, soggetto passivo della TARSU è l'occupante a qualsiasi titolo e il detentore di locali ed aree. Quindi non solo il proprietario di un immobile, ma anche l'usufruttuario, il comodatario, l'affittuario e in genere qualunque occupante possono essere soggetti passivi, essendo sufficiente disporre materialmente della cosa. Lo stesso articolo, inoltre, prevede espressamente il vincolo di solidarietà tra i conviventi o comunque tra coloro che fanno uso comune di locali ed aree. Pertanto, i componenti di un nucleo familiare o di una convivenza saranno obbligati in solido al pagamento della tassa e l'adempimento da parte di uno libera gli altri.

Le ipotesi di esclusione dalla tassa. L'art. 62, comma 2, del D. Lgs. n.507/1993 dispone che la tassa non si applica ai "locali ed alle aree che non possono produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell'anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione".

Diverse sono quindi le fattispecie ai fini dell'esonero dalla tassa, riconducibili sostanzialmente alle ipotesi in cui la natura e l'assetto delle superfici siano tali da impedire obiettivamente la produzione di rifiuti. Come evidenziato nella circolare del Ministero dell'economia e delle finanze del 22 giugno 1994, n.95/E, situazioni di questo tipo si riscontrano nel caso di luoghi impraticabili o interclusi, oppure occupati da attrezzature che escludono, di per sé, la produzione di rifiuti in quanto la presenza dell'uomo è sporadica o manca del tutto, come accade per le centrali termiche o telefoniche. Allo stesso modo non si fa luogo all'applicazione della tassa alle superfici destinate ad uso particolare, quali possono essere i locali utilizzati per produzioni a ciclo chiuso, ad esempio i silos, o per deposito di materiali alla rinfusa, o anche le superfici predisposte per lo svolgimento di attività sportive etc. Deve, in ogni caso, trattarsi di locali ed aree caratterizzate dalla presenza sporadica dell'uomo e, dunque, dalla mancanza di rifiuti o da una produzione non apprezzabile degli stessi. Infine, sono escluse dalla TARSU le superfici che si trovano oggettivamente in condizione di non utilizzabilità immediata, quali ad esempio i locali destinati a civile abitazione privi di mobili e suppellettili, non allacciati ai servizi di rete o di cui si dia la prova della effettiva inutilizzabilità. In tutte le ipotesi esposte assume rilevanza l'onere della prova; pertanto esse vanno indicate nella denuncia originaria o di variazione poiché, altrimenti, sussiste comunque la presunzione della produzione dei rifiuti.

L'applicazione della tassa rifiuti alle superfici produttive di rifiuti agricoli e ai fabbricati rurali

L'applicazione della TARSU a tale tipologia di rifiuti coincide con quella relativa ai rifiuti speciali delle attività industriali. Pertanto, se il comune ha provveduto ad assimilare i rifiuti speciali provenienti dalle attività economiche, e dunque anche quelli provenienti dall'attività agricola, potrà applicare la tassa alle superfici ove si producono i rifiuti assimilati, e quindi anche i locali destinati a capannone o a magazzino, a meno che non venga dimostrato che si tratta di locali inidonei a produrre rifiuti, a norma dell' art. 62, comma 2, del D. Lgs. n.507/1993.

L'applicazione della tassa rifiuti alle superfici relative alla strutture sanitarie e similari.

L'applicazione della Tarsu alle superfici degli ospedali e in genere alle strutture sanitarie, ha subito diverse modifiche nel corso del tempo, in correlazione ai continui mutamenti di cui è stata oggetto la normativa in materia di rifiuti sanitari.

La disciplina di questa tipologia di rifiuti può essere accomunata sia a quella dei prodotti sulle aree o locali destinati alle lavorazioni industriali, definiti speciali dall'art.2, comma 4, n.1, prima parte, del D.P.R. n.915/1982, che a quella dei rifiuti provenienti dall'esercizio dell'impresa agricola.

Pertanto, laddove i comuni hanno deliberato l'assimilazione dei rifiuti non pericolosi prodotti dalle attività sanitarie, si può procedere alla tassazione delle relative superfici, tenendo conto di quanto stabilito con il D.P.R.15.07.2003, n.254, che ha abrogato sia il decreto del Ministero dell'Ambiente n. 219/2000, sia l'art. 45 del D. Lgs. n.22/1997 che regolavano la stessa materia.

L'applicazione della Tarsu alle aree scoperte

La disciplina delle aree scoperte è stata sottoposta nel tempo a molteplici modifiche che, peraltro, per effetto di ripetuti differimenti, non sono mai divenute efficaci. Infine l'art.1, comma 3, del D. L. n. 8 del 26 gennaio 1999, convertito dalla legge 25 marzo 1999, n.75, ha esteso anche agli anni successivi l'applicazione di tale regime, ossia della tassabilità integrale delle superfici scoperte operative e l'esonero delle aree scoperte accessorie e pertinenziali a locali tassabili. Non è stata invece esclusa a regime, la tassabilità delle aree scoperte accessorie e pertinenziali ad altre aree scoperte operative, che, pertanto, devono ritenersi tassabili.

Le aree a verde, invece, in quanto destinate ad ornamento, sono escluse dalla tassazione in quanto chiaramente qualificabili come pertinenza o accessorio o di civili abitazioni o di altri locali.

Allo stesso modo devono ritenersi intassabili le superfici che non sono suscettibili di produrre rifiuti a norma dell'art.62, comma 2 del D. Lgs. n.507/1993. Un diverso trattamento è stato riservato alle aree scoperte pertinenziali ed accessorie di altre aree scoperte operative, che sono tassabili, mentre le stesse aree, se costituiscono pertinenza o accessorio di un locale coperto già tassato, non sono gravate dal tributo.

I criteri di determinazione della tassa

L'applicazione della Tarsu deve essere disciplinata con un regolamento comunale che, nel rispetto delle disposizioni previste dal D.Lgs.n.507/93 e delle altre leggi disciplinanti la materia, adegua la normativa della tassa alle specifiche realtà comunali.

Il regolamento per l'applicazione della tassa deve:

  • individuare le diverse categorie di locali ed aree tassabili;
  • stabilire i criteri di commisurazione delle tariffe unitarie per le diverse categorie;
  • prevedere le riduzioni tariffarie per particolari situazioni;
  • definire le fattispecie in cui possono essere concesse delle agevolazioni;
  • specificare le modalità che regolano la richiesta o la perdita delle agevolazioni stesse e altro ancora.

Considerando in particolare le tariffe, bisogna precisare innanzitutto che esse rappresentano la misura unitaria del prelievo, stabilita in riferimento alle varie categorie di locali ed aree tassabili in base alla diversa attitudine delle superfici a produrre rifiuti.

I criteri in base ai quali devono essere commisurate le tariffe sono stabiliti dall'art. 65 del D. Lgs. n.507/1993. In particolare tale norma dispone che le tariffe devono essere correlate alle quantità ed alle qualità medie di rifiuti producibili nei locali ed aree tassabili, tenendo conto dell'uso cui sono destinati e del costo dello smaltimento. La determinazione delle tariffe in base a tale criterio comporta una serie di calcoli e l'utilizzo di vari coefficienti, come l'indice di produttività specifica, relativo alla produttività per metro quadrato di rifiuti e l'indice di qualità specifica, che è basato sul costo di smaltimento degli stessi rifiuti. Per tale motivo sono stati emanati una serie di provvedimenti con i quali è stato più volte differito il termine originario di entrata in vigore di tale di criterio di commisurazione. In ultimo è stato previsto dall'art.1, comma 7, del D.L. 22.12.2000, n.392, convertito dalla legge 28 febbraio 2001, n.26, che fino all'anno precedente all'applicazione della tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, continuano ad applicarsi i criteri di commisurazione indicati nella disciplina previgente e consistenti nella superficie e nell'uso cui questa è destinata.

Attualmente dunque vi sono comuni che hanno continuato ad applicare il vecchio criterio, altri che hanno applicato il criterio di cui si è appena detto, basato su parametri presuntivi - quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti; altri ancora, purché aventi popolazione inferiore a 35.000 abitanti, possono determinare le tariffe in base alla produzione effettiva dei rifiuti. Infine, bisogna considerare che, pur nella vigenza della tassa, i comuni possono introdurre in via sperimentale la "tariffa Ronchi".

I rifiuti pericolosi sono soggetti allo smaltimento a spese dei produttori e non possono essere assimilati.

Facendo un passo indietro nel tempo occorre richiamare il D.P.R. 10 settembre 1982, n.915, che classificava i rifiuti nelle seguenti categorie:

- rifiuti urbani;

- rifiuti speciali;

- rifiuti, tossici e nocivi.

Riguardo ai rifiuti prodotti sulle superfici relative ad attività industriali, bisogna rilevare che spesso esse hanno destinazione promiscua, nel senso che sono caratterizzate dalla produzione sia di rifiuti speciali assimilati, sia di rifiuti speciali non assimilati che da rifiuti pericolosi, per cui, nell'applicare la tarsu, si pone il problema della quantificazione delle superfici tassabili. In tal caso il citato art.62 del D. Lgs. n. 507/1993, attribuisce al comune la facoltà di prevedere nel proprio regolamento delle percentuali di riduzione della superficie tassabile da applicare alle categorie di attività produttive di rifiuti speciali non assimilati o pericolosi.

Le ipotesi di riduzione e di esenzione della Tarsu

Il D. Lgs. n.507/1993, prevede varie fattispecie che danno luogo alla riduzione della TARSU. L'art. 66, comma 3, del D. Lgs. n.507/1993, infatti, stabilisce che la tariffa unitaria può essere ridotta in misura non superiore ad un terzo in alcuni casi espressamente indicati. Si tratta di attenuazioni tariffarie che per essere effettivamente applicate devono essere recepite nel regolamento per l'applicazione della tassa. E' dunque il comune che, nell'esercizio del suo potere discrezionale decide, tenendo conto delle particolari situazioni locali, l'introduzione delle suddette riduzioni.

Ciò precisato, l'ente locale può prevedere, tenendo conto della presunzione della minore produttività di rifiuti, una riduzione non superiore ad un terzo nei seguenti casi:

- abitazione con unico occupante;

- abitazioni adibite ad uso stagionale o ad altro uso limitato o discontinuo;

- locali diversi dalle abitazioni ed aree scoperte utilizzate per attività produttive, commerciali e di servizi aventi la caratteristica della stagionalità o della non continuità.

Decorrenza della tassa e presentazione della denuncia

L'art.70 del D. Lgs. n.507/1993, impone ai soggetti passivi di presentare, entro il 20 gennaio successivo all'inizio dell'occupazione o detenzione, una denuncia nella quale devono essere indicati tutti i locali e le aree tassabili che sono ubicati nel territorio del comune. La denuncia è effettuata su appositi modelli che il comune deve predisporre e mettere a disposizione degli utenti presso gli uffici comunali e circoscrizionali. La denuncia vale anche per gli anni successivi se le condizioni di tassabilità restano invariate. Il contribuente è tuttavia obbligato a presentare la denuncia, nelle stesse forme previste per l'inizio di occupazione ed entro la stessa data, ogni qualvolta si verifichino variazioni nelle caratteristiche delle superfici soggette al tributo, tali da influire sull'applicazione e sulla misura della tassa.

Quando viene effettuato un cambio di residenza è necessario comunque presentare la denuncia per l'applicazione della Tarsu, in quanto le comunicazioni anagrafiche non hanno alcuna valenza dal punto di vista fiscale. L'art.70 indica i dati che devono essere obbligatoriamente indicati nella denuncia originaria o di variazione, quali il codice fiscale, i dati anagrafici dei componenti il nucleo familiare o la convivenza, la denominazione e lo scopo sociale, nel caso di soggetti diversi dalle persone fisiche, l'ubicazione, la superficie e la destinazione dei locali ed aree oggetto della denuncia, ecc.

La denuncia rappresenta un obbligo per il contribuente, che nel caso di mancata presentazione della denuncia o di denuncia infedele - così definita perché viene indicata una superficie inferiore a quella effettiva o perché viene omessa l'indicazione di un cespite - può incorrere nell'accertamento del comune, che non solo procede al recupero del tributo evaso e all'applicazione degli interessi sulla tassa, ma applica anche le sanzioni amministrative previste dall'art. 76 del più volte richiamato D. Lgs. n.507/1993.

Qualora, quindi, si verifichino delle variazioni che, comunque, comportino un maggior ammontare della tassa, come ad esempio un aumento della superficie tassabile o una diversa destinazione dei locali e delle aree, il contribuente deve presentare denuncia di variazione nelle stesse forme ed entro lo stesso termine della denuncia originaria, vale a dire entro il 20 gennaio successivo a quello in cui si è verificata la variazione in aumento.

Allo stesso modo sussiste l'obbligo di denuncia quando vengono meno le condizioni che hanno dato luogo all'applicazione delle tariffe ridotte, deliberate dall'ente locale entro i limiti previsti dall'art. 66 del d.lgs. n. 507 del 1993 per particolari condizioni d'uso, come è avvenuto nel caso di specie in cui l'abitazione non risulta più occupata da un single oppure l'abitazione non è più tenuta a disposizione per uso stagionale. In tutte queste ipotesi, se il contribuente non presenta la prescritta denuncia, è assoggettabile al potere di accertamento del comune che potrà procedere al recupero della tassa e all'applicazione delle sanzioni previste per l'omessa denuncia di variazione.

Iscrizione a ruolo - Termini

L'incertezza che ha finora caratterizzato la materia non è stato risolta neppure con la legge 23 dicembre 2006, n. 296, ossia la finanziaria per l'anno 2007, che all'art. 1, comma 163, dispone che "nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo, cioè entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati." . La norma, infatti, fa espresso riferimento alla sola riscossione coattiva, per cui non sembra che possa essere estesa analogicamente al caso della riscossione della TARSU effettuata con ruolo ordinario a norma dell'art. 72 del D.Lgs n. 507/1993.

A cura di Giovanni Lazzari Dottore Commercialista e Revisore Legale dei Conti

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