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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Il presidente Tesoro vince la sua gara in aula: nessuna truffa a carico di Starace

Archiviato il caso che vedeva il patron dell'Unione sportiva Lecce indagato. L'ex segretario generale aveva contestato di essere rimasto vittima di un raggiro e di mobbing. Per il gip Cazzella, una partita da giocar nel tribunale del lavoro, dato che non ha rilevato alcun tipo di reato penale

LECCE – La questione proseguirà davanti ai giudici del lavoro, questo è poco ma sicuro, e l’esito è tutt’altro che scontato. Una cosa, però, è certa: per il gip Carlo Cazzella non si può prefigurare alcun rilievo penale nella condotta del presidente dell’Unione sportiva Lecce, Savino Tesoro, nei confronti dell’ex segretario generale, Adolfo Starace. Ovvero, non è stato consumato alcun raggiro.

Starace, dopo il licenziamento avvenuto a luglio del 2013, aveva denunciato il presidente per truffa e riteneva anche di essere stato vittima di mobbing. Nulla di tutto ciò per il giudice, che proprio in questi giorni ha sciolto le riserve dopo una combattuta camera di consiglio tenutasi il 12 giugno scorso, giacché il pubblico ministero Stefania Mininni aveva già sollecitato la chiusura del caso senza procedere, ma Starace, tramite il suo legale, Luigi Rella, aveva avanzato opposizione alla richiesta di archiviazione.   

Vince Tesoro, dunque, e si potrebbe dire con una doppietta, in termini calcistici. In difesa ha schierato l’avvocato Amilcare Tana, le cui controdeduzioni hanno retto anche di fronte all’arbitro Cazzella.

Quest’ultimo, c’è da aggiungere, non risparmia passaggi piuttosto forti nelle motivazioni, nel momento in cui scrive dell’ex segretario generale che, a suo avviso, “può legittimamente tutelare la sua posizione lavorativa nella sede competente […], ma non può pretendere di strumentalizzare il suo diritto a conservare il posto e l’originaria retribuzione nella società calcistica, adombrando assurde ipotesi di reato, al fine evidente di creare ‘pressione’ sulla controparte e sollevare gli umori cittadini, notoriamente sensibili quando si discute di calcio”.

Il fischio d’inizio di questa particolare partita ha avuto inizio il giorno in cui vi è stato il passaggio delle quote societarie. Nuova leadership al comando, con la famiglia Tesoro subentrata ai Semeraro, e subito qualche problema, stando almeno a quanto esposto da Starace, il quale ha dichiarato di essere stato in qualche modo indotto a un temporaneo taglio del suo emolumento, nell’ottica di un risanamento dei bilanci.

Si era stabilito a novembre del 2012 che il periodo di questa necessaria riduzione dovesse andare dal 1° dicembre di quell’anno al 30 giugno del 2013. Secondo Starace, e qui sarebbe a suo avviso la truffa, tutto già premeditato, giacché il 26 luglio del 2013 gli è giunta la lettera con cui è stato destituito dall’incarico.

Difficile, secondo il pm e poi anche per il giudice, delineare una simile vicenda in termini di truffa, visto che si dovrebbe dimostrare in modo concreto l’intenzione di procedere a un inganno nel momento stesso dell’accordo sull’abbassamento dello stipendio, avvenuto – come anticipato – nel novembre di due anni or sono. Come dire, decisamente macchinoso sarebbe l’intero svolgimento: nascondere l’intenzione reale di procedere a un licenziamento, partendo da una richiesta di abbassare lo stipendio con la promessa, poi non mantenuta, di ritornare agli stessi standard una volta proceduto al risanamento.

Ferma restando l’eventuale tutela del dipendente, sempre e comunque nella sede competente (il tribunale del lavoro), il giudice rileva che Savino Tesoro avrebbe potuto molto più semplicemente risolvere seduta stante il rapporto contrattuale con Starace, piuttosto che mettere in piedi un simile intrigo.

L’aspetto fondamentale è agli albori di questa storia. Va ricordato, infatti, che il Tnas ha ritenuto sussistenti tutti i movimenti dell'allora presidente Pierandrea Semeraro atti quantomeno a tentare una frode sportiva, e che questo è stato sufficiente a motivare la retrocessione, anche qualora la gara incriminata, Bari-Lecce del maggio 2011, si fosse disputata regolarmente. E’ la croce che si portano dietro i tifosi giallorossi.

Il gip Cazzella, dunque, ricorda la penalizzazione a tavolino in Lega Pro, e rileva come ciò abbia condotto a un’inevitabile riduzione dei ricavi, con la necessità per la società entrante (i Tesoro, appunto) di abbassare i costi, tenendo anche conto “della rilevante perdita d’esercizio nella stagione 2012-2013”.

Per il giudice, dunque, la lettura dei fatti è molto più lineare. La necessità di ridurre i costi ha portato ad abbassare, fra le altre cose, lo stipendio di Starace e il successivo licenziamento del 2013 non deve per forza essere letto come la messa in atto di un piano premeditato.

Tant’è vero che dopo i play-off gettati alle ortiche dal Lecce con il Carpi, la società di piazza Mazzini ha dovuto rivedere nuovamente entrate e uscite, con ulteriori ritocchi sull’organigramma, considerata la permanenza in Lega Pro e, quindi, si può facilmente dedurre, con mancati guadagni.

Il gip taglia corto, e lo fa con poche righe, anche sulla questione del mobbing “per mutamento delle mansioni e modifica autoritaria del programma delle ferie”, ritenendo “francamente inconcepibile una qualificazione dei fatti in termini di stalking o violenza privata”.

Inutili, ad avviso del giudice, anche le indagini suppletive indicate in sede d’opposizione alla richiesta d’archiviazione: non aggiungerebbero nulla nella formulazione di eventuali reati.

Ovvero, il fatto che Tesoro avrebbe garantito la prosecuzione del rapporto di lavoro, salvo poi dare il benservito, anche qualora fosse accertato chiamando alcuni testimoni indicati, non potrebbe comunque consentire di affermare che avesse fin dal principio nutrito intenzioni “truffaldine”, vista la congiuntura economica e il permanere di varie difficoltà. E allora, caso archiviato, almeno nel penale: "La notizia di reato è del tutto infondata". La rivincita si terrà in un'altra sede.

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