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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca Vernole

Incidente nel cantiere di interconnessione con Tap: cinque indagati per la morte dell’operaio

Chiuse le indagini preliminari sul terribile incidente, avvenuto il 27 maggio del 2020 a Pisignano (frazione di Vernole). La vittima era Simone Martena, un 35enne di Squinzano

PISIGNANO - Una macchina saldatrice gli finì addosso e per il giovane operaio non ci fu nulla da fare. Morì così all’età di 35 anni, Simone Martena, di Squinzano, dipendente della ditta Max Streicher, impegnata nei lavori per il metadotto Snam, nel cantiere di interconnessione con Tap, nei pressi del cimitero di Pisignano (frazione di Vernole).

Ora del suo decesso, avvenuto il 27 maggio del 2020, rispondono cinque persone, destinatarie dell’avviso di conclusione delle indagini firmato dalla procuratrice aggiunta Elsa Valeria Mignone e dal sostituto Alberto Santacatterina.

Si tratta di Giovanni Triberio Muriana, 46 anni, di Seclì, presidente del consiglio di gestione e legale rappresentante della “Max Streicher spa”; Enrico Marchiotti, 46 anni, di Carmiano, coordinatore della fase di sicurezza in fase di esecuzione dei lavori affidati alla “Max Streichter”; Marco Cavalli, di 57, di Monteroni, responsabile di cantiere e rappresentante dell’appaltatore durante i lavori per conto della “Max Streicher spa”; Francesco Cirillo, 50 anni, di Pompei, domiciliato a Carmiano, preposto alla fase di saldatura di collegamento per conto di “Max Streicher”; Claudiu Daniel Saulea, 34 anni, originario della Romania ma domiciliato a Merine (frazione di Lizzanello), l’operaio alla guida del mezzo che travolse il 34enne.

Per tutti, l’accusa è di omicidio colposo: Muriava perché avrebbe messo a disposizione dei lavoratori un’attrezzatura di lavoro non conforme a quanto previsto dalla legge, lasciando che venisse utilizzato un mezzo cingolato attrezzato con gru Atlas priva degli stabilizzatori, destinata al sollevamento e al trasporto di una cabina schermata per le operazioni di saldatura e priva dei ganci di trattenuta che la assicurassero al macchinario nelle fasi di spostamento evitandone la rotazione e lo scuotimento. Il mezzo sarebbe stato utilizzato normalmente con l’ausilio di un operatore, che tenendo una corda controllava le oscillazioni di cabina; Marchiotti non avrebbe verificato l’applicazione delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza secondo cui “occorreva assicurarsi che tutti i lavoratori fossero a distanza di sicurezza prima di utilizzare mezzi di scarico e di sollevamento” e quelle che imponevano in presenza di forte vento, proprio come nel giorno dell’incidente, la sospensione dell’attività di gru e autogru; Cavalli, invece, non avrebbe adottato le misure necessarie a un utilizzo conforme alle istruzioni di uso del cingolato e a quelle della sua manutenzione, considerato che entrambi gli specchi retrovisori, essendo danneggiati, non avrebbero garantito la visibilità al conducente, e avrebbe inoltre consentito di far guidare il mezzo a Saulea senza un’adeguata formazione in merito ai rischi che correva e senza avergli fornito il libretto d’uso. Quanto a Cirillo, avrebbe omesso di vigilare sull’osservanza da parte dei lavoratori degli obblighi di legge e delle disposizioni aziendali in materia di salute e di sicurezza nell’aver permesso venisse impiegato quel mezzo, di non aver segnalato tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente le condizioni di pericolo e di non aver sospeso l’attività a causa del forte vento.

Saulea, infine, non avrebbe usato correttamente il cingolato, consentendo che i movimenti venissero controllati con una fune da Simone Martena senza rispettare la distanza di sicurezza, e procedendo ad una velocità non adeguata.

Sempre nell’atto firmato dai magistrati, si fa riferimento al fatto che il giorno del sinistro non si fosse tenuto il “Tool Box Meeting” per programmare le misure di sicurezza e di tutela da adottare considerato, oltre al vento, anche lo stato dei luoghi, visto che il cingolato (a bordo del quale c’era la vittima) doveva attraversare un percorso sterrato costeggiato su entrambi i lati da tubazioni della condotta con ridottissimo spazio di manovra (essendo di 40 centimetri la distanza tra il cingolo del mezzo ed il terrapieno su cui erano poggiati i tubi dal lato su cui lo stesso Martena operava).

Ora gli indagati avranno ora venti giorni a propria disposizione per chiedere di essere interrogati o per produrre memorie difensive attraverso gli avvocati Salvatore Arnesano, Anna Grazia Maraschio, Andrea Sambati, Federica Sambati Fabio Traldi del foro di Lecce, e Gabriele Taddia del foro di Ferrara e Mario Bonati del foro di Parma.

La famiglia dell’operaio è assistita dagli avvocati Luigi Rella e Anna Maria Caracciolo.

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