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Cronaca

Tentata estorsione sul cantiere. Davanti al gup i due indagati respingono le accuse

Francesco Lipari e Antonio Calò, arrestati martedì dalla squadra mobile dopo la denuncia di un imprenditore, hanno negato le contestazioni. Il primo ha dichiarato di conoscere il dipendente che avrebbe riferito al suo titolare la richiesta estorsiva

LECCE – Ha negato di aver preteso denaro, ha negato di aver scandito minacce per ottenerlo. Francesco Lipari, 45 anni, leccese, noto nel milieu come “Sogliola”, è stato arrestato nel pomeriggio di martedì insieme al 31enne Antonio Calò, originario di Surbo. Contro i due l’accusa di tentata estorsione con l’aggravante del metodo mafioso ai danni di un imprenditore del capoluogo, titolare di una ditta che esegue opere per conto di Acquedotto Pugliese.

Davanti al giudice per l'udienza preliminare, Giovanni gallo, Lipari ha respinto gli addebiti precisando però alla presenza dei suoi legali, Alessandro Stomeo e Giancarlo Dei Lazzaretti, di essere un conoscente e frequentatore del dipendente che, secondo la squadra mobile di Lecce che ha operato gli arresti, è stato avvicinato in più circostanze per farsi portatore presso il proprio titolare delle minacce. Secondo il 45enne, in poche parole, l’operaio si sarebbe inventato tutto.

lipari2-2Si è detto del tutto estraneo alla presunta tentata estorsione anche Calò, assistito davanti al giudice per l’udienza preliminare, Giovanni Gallo, dall’avvocato Paolo Cantelmo. Il 31enne ha raccontato di aver accompagnato Lipari per due giorni di seguito – il 24 e il 25 settembre - da Torre Chianca, marina dove si trovavano entrambi, a Frigole, nel cui territorio sorge un’officina meccanica nella quale era in riparazione l’auto del 45enne leccese.

Nella prima occasione Calò sarebbe stato invitato a fermarsi nei pressi del cantiere in questione dove avrebbe atteso in auto, senza partecipare al colloquio né esserne informato successivamente, che Lipari parlasse con il dipendente. Nella seconda invece l’operaio sarebbe stato avvicinato mentre era in auto, sempre dalle parti del cantiere e in questa circostanza Lipari, parlando 20141217_104423-2attraverso il finestrino, si sarebbe solo accertato che il suo interlocutore avesse riferito al titolare il contenuto della conversazione del giorno precedente.

Il 26 settembre, invece, nell’episodio in cui Lipari avrebbe esplicitato le minacce e preso a calci un mezzo aziendale, Calò non risulta essere in alcun modo presente. Nelle prossime ore i legali dei due indagati dovrebbero presentare ricorso per ottenere la revoca della misura cautelare in carcere nonché l’esclusione dell’aggravante del metodo mafioso. 

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