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Cronaca

Economia mafiosa, corruzione, aggressione ai patrimoni illeciti. L'intervista

Nell'imminenza del convengo "Le nuove mafie e i mezzi di contrasto", il colonnello della guardia di finanza Francesco Mazzotta, già alla Dia e oggi comandante della sezione di polizia giudiziaria di Lecce, racconta le mille facce della guerra alla criminalità

LECCE – Le inchieste giudiziarie degli ultimi anni hanno dimostrato come sia fortissima la capacità delle organizzazioni di infiltrarsi nel circuito economico e produttivo e come i clan “sappiano” dove andare a investire; nelle zone, cioè, dove si guadagna di più e dove spesso l’attenzione e la tensione del contrasto ai clan è molto più bassa. Un fronte su cui concentrare, anche in futuro, la maggiore attenzione sul piano normativo (dalla riforma delle confische a quella su l’utilizzo dei beni confiscati ai clan), oltre che sul piano della repressione. E’ questo uno dei temi centrali del convegno “Le nuove mafie e i mezzi di contrasto”, in programma venerdì 24 gennaio presso l’hotel Leone di Messapia a Cavallino.

Un appuntamento importante per discutere e testimoniare dell’efficacia delle misure di prevenzione patrimoniali nel contrasto alla criminalità organizzata, unanimemente riconosciuto come essenziale e necessario sul terreno di una moderna strategia di lotta alla criminalità. E’ proprio la potenza economica, infatti, a rendere estremamente pericolosa la criminalità consentendole, soprattutto, di integrarsi con il sistema economico-finanziario talora non parallelo, né occulto, né illegale, ma lecito: la cosiddetta mafia imprenditrice.

Tra i relatori di spicco del convegno il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Alessio Coccioli, e il colonnello Francesco Mazzotta. L’alto ufficiale della guardia di finanza, attualmente comandante della sezione di polizia giudiziaria di Lecce, ha trascorso numerosi anni ai vertici della Dia del capoluogo salentino. Anni in cui ha guidato le principali inchieste contro la criminalità organizzata. Indagini sfociate in successi fondamentali sotto il profilo investigativo e giudiziario, che hanno portato al sequestro e alla confisca di patrimoni illeciti per centinaia di milioni di euro.

Colonnello Mazzotta, come è cambiata la criminalità?

In un mercato globalizzato le organizzazioni criminali si sono progressivamente trasformate secondo due direttrici principali: la prima è costituita dalla mimetizzazione delle organizzazioni criminali e dalla progressiva assunzione delle modalità operative della impresa criminale. In sostanza la criminalità organizzata ha rovesciato il tradizionale rapporto aggressore-vittima, ed ha privilegiato delitti (quali il traffico di stupefacenti, il contrabbando, la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento della prostituzione, la vendita di prodotti contraffatti, e altri ancora) nei quali il modello consiste nell’offerta sul mercato unico europeo di prestazioni o prodotti illeciti a persone consenzienti rispondendo ad una domanda che è sempre più presente nei Paesi occidentali.

Perché la mafia si mimetizza?

L’imponente massa di danaro conseguita dalle organizzazioni criminali  determina una indispensabile diversificazione degli impieghi: alcuni capitali sono reinvestiti nelle attività criminali mentre una cospicua parte viene impiegata nel finanziamento di imprese formalmente lecite anche se finanziate con danaro sporco dando luogo a quel settore di mercato denominato, dagli economisti, economia mafiosa. Avviene in questo modo la completa mimetizzazione imprenditoriale del mafioso che gli consente l’ingresso nel mondo della finanza e spesso di acquisire consenso sociale, rispetto e solidarietà.

Quali sono le altre conseguenze di questa mimetizzazione?

La mimetizzazione imprenditoriale della criminalità organizzata comporta un altro grave rischio, in quanto la enorme mole di capitali disponibili e la facciata finanziaria agevola le attività corruttive. Conseguentemente non vi sarà più bisogno di intimidire o di uccidere perché sarà più facile comprare funzionari, poliziotti, giudici, parlamentari, giornalisti, fino al condizionamento delle elezioni.

Colonnello Mazzotta-4In questi casi, quali sono le misure di contrasto che hanno dimostrato particolare efficacia?

Le misure di prevenzione patrimoniale.  L’ablazione definitiva dei beni si palesa con i caratteri propri di un provvedimento dalle finalità di mera prevenzione, non già di repressione: l’intento del legislatore è quello di interrompere i collegamenti tra il mafioso ed il suo patrimonio.

Chi propone le misure di prevenzione?

Oggi, il procuratore della Repubblica, il questore e il direttore della Dia, in quanto preposti alla lotta contro la delinquenza mafiosa, dispongono di particolari poteri di indagine, in ordine ai patrimoni presuntivamente riconducibili alle organizzazioni della specie, ai beni ad esse facenti capo ed alle attività commerciali in cui risultano loro cointeressenze.

Nei confronti di chi possono essere proposte?

L’ambito soggettivo di applicazione delle misure ha formato oggetto di adeguamenti successivi. Allo stato, i potenziali destinatari di provvedimenti di sequestro e confisca sono riconducibili a tre distinte categorie: i soggetti indiziati di appartenere alle associazioni mafiose; “coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi” ; “coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose” quando queste siano di quelle previste dagli articoli 629 (estorsione), 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione), 644 (usura - ipotesi introdotta dall’art. 9 dalla legge 108/96), 648 bis (riciclaggio) o 648 ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) c.p., ovvero il contrabbando;

Quali beni formano oggetto di sequestro?

Formano oggetto di sequestro – e del successivo provvedimento di confisca – i beni di cui il soggetto risulta poter disporre, quando il valore risulti sproporzionato al reddito dichiarato od all’attività economica svolta, ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che essi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscono il reimpiego.

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