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Cronaca Presicce

Investì un vigile del fuoco, ex marito della sua compagna: la pm chiede 8 anni

Avanzata la richiesta di condanna nei riguardi di Antonio Basile, operaio di 35 anni, sulla vicenda avvenuta il 27 novembre del 2020 a Presicce-Acquarica. La sentenza è attesa per il 15 dicembre

PRESICCE/ACQUARICA - La Procura di Lecce non ha dubbi: Antonio Basile, operaio di 35 anni, residente a Ugento ma domiciliato a Presicce-Acquarica, non ammazzò l’ex marito della compagna, un vigile del fuoco di 38 anni, in servizio al Comando di Lecce, solo perché un passante riuscì a fermarlo. Per questo, la sostituta procuratrice Rosaria Petroli ha chiesto per lui la condanna a otto anni di reclusione, già scontata di un terzo con il rito abbreviato scelto dall’imputato.

La decisione sarà presa il 15 dicembre dalla giudice per l’udienza preliminare Simona Panzera che oggi ha ascoltato la pm, la difesa (rappresentata dagli avvocati difensori Luigi Rella e Francesco Stocco) e ha acquisito alcuni documenti presentati dagli avvocati che assistono la vittima (Vito Faiulo e Annarita Mancarella).

Basile risponde di tentato omicidio per l’episodio avvenuto il 27 novembre del 2020, nei pressi dell’abitazione dei suoi familiari, quando investì il “rivale” in amore e, secondo l’accusa, infierì contro di lui, che dopo l’impatto rimase a terra “imprigionato” tra due mezzi, prima con il calcio di una pistola, poi con una roncola.

Subito dopo l’investimento che costò alla vittima l’amputazione dell’arto inferiore destro, e ferite al cranio e all’orecchio, Basile finì ai domiciliari con l’accusa di lesioni personali gravissime che, nel corso delle indagini, fu “appesantita” dal gip Marcello Rizzo in quella di tentato omicidio.

Durante l’interrogatorio di convalida, il 35enne si difese, raccontando di aver agito in quel modo solo dopo aver visto l’uomo che, a suo dire, avrebbe tormentato per anni la donna con cui aveva una relazione, sbraitare con le mani alzate contro lo zio e il padre, ritenendolo pericoloso e violento, perché sapeva fosse in possesso di un’arma. Una pistola, in effetti, fu trovata dai carabinieri sul luogo del delitto, ma risultò essere una scacciacani che, secondo quanto riscontrato dagli inquirenti, sarebbe stata utilizzata proprio dall’aggressore.

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