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Cronaca

La caccia sfrenata a "Mister Y", nella città in cerca di qualche verità

Andrea Starace, avvocato, il cui nome è spuntato nelle scorse ore, si difende e dice: "Sono solo amico di Carlo Quarta, non il fantomatico secondo uomo". E la vicenda della presunta combine nel derby diviene sempre più intricata

 

LECCE – La città linguacciuta ce l’aveva lì, sulla punta, questo nome. Da giorni. “Lo sai, dillo”. “No, dillo prima tu”. Lo sapevano tutti.

Alla fine, è spuntato fuori. Per quanto lui, l’interessato, neghi di aver concesso interviste a colleghi.  Tant’è. Il parto è stato duro, e ora molti tirano un sospiro di sollievo. Si era tutti bloccati, statue di sale in attesa che si sciogliesse l’incantesimo.

Nel paesone dove niente si può tenere nascosto per più di un’ora, e che di avvocati Andrea ne conta una manciata, è stata – diciamolo - un’affannosa, grottesca caccia aperta al “secondo Mister X” o “Mister Y”, che dir si voglia. Sempre che non spunti un “Mister Z”. Si tratta di proporzioni matematiche. I tifosi sperano che il risultato dia sempre zero, giusto per uscire dall’empasse e dire: “Il Lecce, non c’entra”. Speranze da tifoso, appunto.

Lo sfondo: il congetturato intrallazzo brutto, di quelli che fanno venire il voltastomaco ad un ultrà, proprio nella sfida per antonomasia, il glorioso derby della salvezza. Spicchio di gloria che un’inchiesta tortuosa sta facendo apparire marcio fino al midollo, prostrato al dio denaro. Sarà vero? Tutti negano, ma nessuno spiega. E così, si accavallano le congetture nelle stanche tavolate di amici riuniti al pub, quelli che invecchiano senza accorgersene, giocando a calcetto ogni santo mercoledì da vent’anni in qua.

Un’indagine per mafia in Sicilia è molto più lineare.

Insomma, cosa non va? Non va che, in questa storia, nessuno ne sta capendo nulla. In primis, noi, deputati a raccontare i fatti.

Già, ma quali?

“Per il massimo rispetto che nutro nei confronti degli organi inquirenti, verso i quali ho piena fiducia, non ho inteso rilasciare alcuna dichiarazione e/o intervista a qualsivoglia organo di stampa in relazione al mio presunto coinvolgimento nella vicenda derby”. Questo l’incipit di una scarna nota stampa di Andrea Starace, l’avvocato leccese indicato come “l’altro che stava lì”, anche se non s’è ancora capito a che titolo. Indicato, non perché il nome sia uscito dalle carte, con quell’assoluta certezza che permette di scrivere un articolo ad occhi chiusi. Attenzione. Ma perché questo era il chiacchiericcio.

Ma sarà davvero lui, il nuovo incomodo, in questa vicenda?

Sì, no, nì. Ognuno ha la sua visione. “In ogni caso – dice l’interessato, che passa di bocca in bocca da più di una settimana -, preciso di essere completamente estraneo alla presunta combine della partita Bari-Lecce e di non aver mai posto in essere alcuna delle condotte che vengono attribuite sui giornali al fantomatico secondo uomo”.

Insomma, chi è, Andrea Starace, l’avvocato Andrea Starace? “Sono semplicemente amico di Carlo Quarta”, ci dice. “Confido in una celere definizione di questa incresciosa vicenda”, conclude.

Sembra che, all’origine di tutto, come sempre, ci sia lui, Andrea Masiello, già capitano del Bari quando i tifosi, fossero biancorossi o giallorossi, credevano – detestandosi a vicenda, e continuando a farlo, ma sotto una più inquietante prospettiva - che il derby fosse una cosa seria.

Ma in che ruolo?

Andrea Starace-2E’ l’altro Andrea, Starace, appunto, che ha veramente riconosciuto, nelle foto? Le sibilline frasi dell’avvocato Starace, dicono tutto, e non dicono niente.

Intanto, Masiello, e i suoi amici, che qualcuno privo di fantasia ha orribilmente ribattezzato “Masiello’s boys”, i misconosciuti Gianni Carella e Fabio Giacobbe, fanno asserzioni che producono, ogni minuto, una piccola scossa di terremoto. Basta una parola di più, ad esempio, ed ecco che da Torino, vien tirato giù per la giacchetta anche Giuseppe Vives. E vai con codici da far sembrare dilettanti gli agenti della Cia e altri racconti che turbano la quiete.

La verità è che Masiello sembra a tratti l’uomo più affidabile del mondo, in altri momenti posseduto dal demone dell’assurdità. La verità è che quest’inchiesta ha scarsa consequenzialità e che ricostruire il puzzle è complicato.

La verità è che, al momento, non c’è alcuna verità, ma che serpeggia, comunque, sempre più diffusa, una forma di repulsione per questo mondo, il calcio, che appare in ogni caso contaminato. La verità è che Lecce ha sempre avuto un rapporto di amore-odio verso il pallone e, negli ultimi anni, profondamente contraddittorio con la famiglia Semeraro, tanto che il discorso meriterebbe un intero capitolo a parte. La verità è che, quando ci sono tante voci in giro, tutti si ripetono che ci deve pur essere qualche verità. Ed è questo che fa paura. 

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