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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

“La fabbrica non può chiudere”. Sindacati ed amministratori schierati con Omfesa

Forze sociali e politiche unite per trovare un'alternativa al fallimento dichiarato dell'azienda di Trepuzzi, salvando gli oltre cento posti di lavoro. Sabato manifestazione in paese. "La chiusura è un paradosso, bisogna intervenire"

LECCE – Per molti mesi, un tempo quasi infinito, è calato il sipario sulla vertenza Omfesa che pure, nell’autunno del 2012, aveva tenuto banco. Suscitando l’interesse dei parlamentari salentini e un attivo ruolo della prefettura di Lecce nel tentare di scucire l’accesso al credito negato dalle banche.

La crisi di liquidità dell’azienda di Trepuzzi, specializzata nella manutenzione e lavorazione delle carrozze passeggeri, non si è mai risolta. Anzi. Incontro dopo incontro, sollecito dopo sollecito, il risultato è stato il peggiore possibile: fallimento e licenziamento di tutti i lavoratori. Da metà febbraio oltre cento operai specializzati sono entrati in mobilità. Ed ora che comincia a mancare il piatto in tavola, gli interessati assicurano che non resteranno con le mani in mano. Il tempo trascorso è servito a scaldare i motori della protesta, progettando nuove mobilitazioni che si attendono già nella settimana prossima.

Nel frattempo il silenzio calato sulle Officine meccaniche e ferroviarie del Salento, per le quali sono già stati nominati i curatori fallimentari, è stato rotto da una conferenza stampa che preannuncia la grande manifestazione organizzata per sabato pomeriggio a Trepuzzi. Un lungo corteo attraverserà le vie del paese, partendo dal piazzale della fabbrica per raggiungere Largo Margherita.

Oggi, intanto, presso la sala consiliare del Comune, gli amministratori locali, il sindaco Oronzo Valzano ed i sindacati di categoria si sono dati appuntamento per fare il punto della situazione. Non tutto è perduto, forse. L’ultima speranza rimane quella di individuare di nuovi soggetti imprenditoriali intenzionati a rilevare un’azienda storica, cuore pulsante dell’economia metalmeccanica nel nord Salento.

Una fabbrica fallita per un soffio: i due istituti di credito che pure avevano concesso una prima disponibilità, e nonostante la pressione politica, hanno fatto retromarcia. Quelle commesse vinte, e ora congelate, per un totale di 30 milioni di euro, sono drammaticamente rimaste su carta.Salvare il salvabile si può, secondo i sindacati che nel corso della conferenza hanno ribadito la necessità di unire le forze. Coinvolgere i parlamentari salentini prima che la rabbia dei lavoratori riesploda per le strade.

“L’azienda lascia in eredità una mole di lavoro congelata, capannoni e macchinari e un’intera squadra di operai specializzati”, spiega Salvatore Bergamo di Fiom Cgil che, con uno slancio di ottimismo, individua in questi punti di forza gli spiragli per risalire la china. Fermo restando che lo stesso ruolo della prefettura di Lecce “non poteva limitarsi al solo pressing sulle banche, ma era necessario un sostegno maggiore nel trovare nuovi imprenditori disposti a non far morire la fabbrica”.

Il collega di Fim Cisl, Maurizio Longo, definisce la chiusura dei battenti un paradosso: “A fronte delle commesse vinte, l’azienda avrebbe potuto persino procedere con nuove assunzioni”. Se il progetto è fallito, quindi, si ritorna a scaricare la colpa sull’amministrazione di Omfesa guidata da Ennio De Leo che avrebbe dimostrato “una manifesta incapacità nel gestire la crisi”.

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