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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

"La libertà costa e Assostampa fa di tutta l'erba un fascio"

Sulla situazione di Telerama, riceviamo e pubblichiamo integralmente la nota del direttore responsabile della testata, il giornalista Danilo Lupo: "Uno scontro con gli editori sarebbe sbagliato"

 

Sulla situazione di Telerama, riceviamo e pubblichiamo integralmente la nota del direttore responsabile della testata, il giornalista Danilo Lupo.

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Partiamo dai fatti. Non conoscendo dall'interno le situazioni di L'A Tv e Canale 8, parlerò ovviamente solo di TeleRama:

- Alla nostra redazione è stato pagato lo stipendio di gennaio e parte dello stipendio di febbraio: tenendo conto che da sempre lo stipendio ci viene erogato verso la fine del mese successivo, il ritardo (nel nostro caso) ammonta a circa due mesi.
- I contratti a TeleRama sono a tempo indeterminato e con contratto collettivo di categoria (Aer-Anti-Corallo).
- Non so quanti miei colleghi siano iscritti al sindacato: dalle chiacchiere che abbiamo fatto, mi risulta che solo il sottoscritto e un'altra collega siamo iscritti alla Cgil, nessuno ad Assostampa.
- Il contributo Corecom, che ho visto riportato in diversi pezzi sui siti internet, è un contributo "erogando" e futuribile. I tempi sono biblici e lo stesso importo è incerto. Per dirne una, il Corecom ha da poco annullato e riapprovato la vecchia graduatoria (e il relativo contributo) risalente al 2009, peggiorando la situazione in “classifica” di TeleRama. Sulla decisione è stato presentato un ricorso al Tar (che allunga ulteriormente i tempi), vedremo come andrà a finire.
- L'editore incontra, quando richiesto, la redazione. Lo ha fatto meno di un mese fa, proprio sul tema dei ritardi nel pagamento degli stipendi e sulle prospettive dell'azienda, su richiesta dei giornalisti, degli operatori e dei tecnici.
- In quell'occasione Paolo Pagliaro ha spiegato con chiarezza il suo punto di vista: la crisi che sta vivendo il settore è la peggiore degli ultimi vent'anni, il mercato pubblicitario è crollato e i vecchi crediti si stanno rivelando difficilmente esigibili, cioè non entrano nuove pubblicità e gli inserzionisti non pagano le vecchie.
- Nonostante questo quadro, la strada scelta da TeleRama, in controtendenza rispetto a quello che sta accadendo nel settore radiotelevisivo in Puglia e non solo, è stata quella di non licenziare nessuno nell'organico della tv (all'inizio del 2012 i contratti a tempo determinato sono stati trasformati in contratti a tempo indeterminato), operando invece una riduzione dell'orario di lavoro dei singoli. da noi non "lavorano" stagisti.
- L'istituzione del comitato di redazione è stata discussa in diverse riunioni tra i giornalisti: la decisione sulla quale tutti ci siamo trovati d'accordo è che, in un'azienda tutto sommato piccola come la nostra, sono più utili degli incontri periodici fra tutti i colleghi.
- La preoccupazione maggiore è quella sul futuro, specie per il passaggio al digitale terrestre, che da un lato richiede investimenti tecnologici importanti e costosi, dall'altro riduce (specie nella sua prima fase) l'audience e quindi l'appetibilità delle inserzioni pubblicitarie.
Per queste ragioni non è condivisibile il comunicato di AssoStampa: perché fa di ogni erba un fascio (oltre a sottrarre dal fascio una delle situazioni che hanno suscitato il dibattito); perché temo che abbia lo stesso difetto di alcuni comunicati politici ("fatta la nota, gabbato lo santo"); perché ho l'impressione che in essa pesino elementi extrasindacali e parapolitici. Per inciso, non so a che titolo AssoStampa abbia chiesto un incontro sulla situazione dei pagamenti a TeleRama se non conta tesserati nell'azienda (ripeto: per quello che mi risulta, gli unici iscritti ad un sindacato siamo io ed un'altra collega e quel sindacato è la Cgil).
Non credo che la strada per uscire dalla crisi del settore radiotelevisivo sia un percorso di scontro con gli editori: si pensi quello che si vuole delle idee politiche del mio, ma sono piuttosto sicuro che non abbia portato capitali all'estero e che sia un imprenditore alle prese con la crisi come tanti altri, che non chiude e non delocalizza. Non è con una guerra intestina che verremo a capo di questo problema.
la politica conta, invece, se si deve affrontare in maniera seria il problema del settore: perché le decisioni (e i ritardi) del Corecom come pure le direttive del Ministero delle Comunicazioni che ne sono alla base sono materia di competenza politica. E magari dai fiumi di parole sulle facilitazioni del credito verso le aziende alle prese con difficoltà di liquidità si potrebbe passare finalmente ai fatti.
Alla base di tutto, per me c'è un'idea: i media locali svolgono un servizio pubblico quanto (e spesso più) della Rai. Per questo è giusto chiedere loro imparzialità e correttezza, tanto più quando beneficiano di finanziamenti pubblici (è il caso di giornali e tv) e sono concessionari di un bene pubblico come l'etere (è il caso delle tv, almeno fino a che non arriverà il digitale terrestre).
Garantire il lavoro qualificato nei media locali significa garantire un pezzo della libertà d'informazione in Italia. Che è un "bene comune", per riprendere una frase che abbiamo sentito spesso in campagna elettorale. E, come tale, costa qualcosa alla collettività: ecco perché è giusto che la politica e le istituzioni si facciano carico di questa vicenda. E non solo parlando degli stipendi che ritardano (sottolineando le dovute differenze) ma soprattutto preoccupandosi della prospettiva, del futuro dei media locali e dei suoi lavoratori. Una questione che ha a che fare con la qualità dell'informazione e quindi la libertà di pensiero. Che non è gratis, spiace dirlo, ma costa qualcosa. Un messaggio, una spilletta, un simbolo che dica questo - "la libertà costa" - forse può essere utile a smuovere chi può intervenire. 

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