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Cronaca

La lunga "notte in bianco" di protesta degli studenti

Monta di notte la protesta in piazza. Slogan, cori, manifesti sarcastici ed un corteo nelle strade della "movida". E oggi, dopo l'approvazione al Senato del decreto Gelmini, nuove assemblee nelle aule

Il decreto Gelmini è legge da questa mattina, e a Roma dai banchi dell'opposizione il Pd tuona: "Non finisce qui". E' stato approvato dal Senato con 162 voti a favore e 134 contrari. Tre le astensioni. Da giorni in tutto il Paese monta la protesta, in diversi casi si sono registrate intemperanze oltre il lecito, con irruzioni nelle scuole, comunque condannate dalla maggior parte degli stessi manifestanti. Ieri, "la notte in bianco" degli studenti, e in piazza Sant'Oronzo, a Lecce, diverse centinaia di ragazzi si sono ritrovati per far sentire forte e chiaro il proprio dissenso. Una sorta di apripista verso l'assemblea generale convocata questa mattina presso l'Aula Magna del palazzo Codacci-Pisanelli, per coinvolgere studenti e lavoratori nel campo dell'istruzione. La protesta non si placa, anche dopo l'approvazione in via definitiva. Semmai, sembra farsi più dura. Una notte movimentata, quella nella storica piazza del capoluogo. Fra slogan scanditi all'unisono, cori da stadio rimodulati in funzione del tema e ritmi di qualche immancabile tamburello. Megafoni alla mano, i coordinatori hanno illustrato le motivazioni di una protesta che da Nord a Sud ha destato una sorta di terremoto nelle aule degli istituti superiori e nelle università.

Prende parola un giovane, alle spalle il Sedile e l'Anfiteatro: "Non vogliamo l'università pubblica delle multinazionali. Noi vogliamo l'università pubblica per tutti, perché la cultura è l'unica cosa che c'è rimasta. Ci hanno toccato il lavoro, ci hanno toccato la sanità. Adesso c'è rimasta solo la cultura, ci vogliono tutti ignoranti e manipolabili. Siamo in un posto pubblico e ci stiamo facendo sentire. A Roma si sta già occupando, a Pisa e Bologna anche". Arriva un altro ragazzo, e rincara la dosa: "Del '68 non interessa niente, questa deve essere una lotta senza colore. Adesso siamo nel 2008 e la storia la scriviamo noi. Abbiamo un diritto, e si chiama diritto allo studio e c'è un articolo della Costituzione, il numero 34, che ognuno di noi dovrebbe sapere a memoria. Questo articolo ce lo stanno stracciando. Riprendiamocelo, riprendiamoci il diritto allo studio, e urliamo a tutti che noi vogliamo studiare in un'università pubblica".

La Digos controlla con discrezione i gruppetti che si riuniscono intorno mezzanotte, provenienti da tutti gli angoli della piazza, fino a formare un unico insieme sotto la statua di Sant'Oronzo, che sorveglia silenzioso dall'alto della sua colonna. Hanno voglia di tirar tardi, sentono la protesta e battono le mani quando qualcuno di loro improvvisa un discorso per dare la carica. Intorno, tenuti a mano o appesi in luoghi di fortuna, striscioni intrisi di sarcasmo. Alcune ragazze sollevano un finto manifesto funebre. "E' venuta a mancare all'affetto dei suoi cari studenti l'università pubblica". Altri giovani del circolo "Zei" coprono alcuni cartelloni pubblicitari con un grande lenzuolo sul quale, con tinte spray, campeggia la scritta: "Anche l'operaio vuole il figlio dottore". Diversi manifestanti indossano in testa finte orecchie da somaro. Poi, parte il corteo, che imbocca corso Vittorio Emanuele e si snoda nelle vie della "movida". I ragazzi vogliono tenere sveglia la città. I cori, manco a dirlo, sono contro il ministro. I fasciami di legno che coprono i cantieri che avvolgono alcuni storici edifici, si trasformano in tamburi su cui battere il tempo a ritmo. E questa mattina si prosegue. La tensione, dopo l'approvazione, sale, e già in diverse città scoppiano tafferugli durante i cortei.

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