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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Casarano

La mamma giustiziera chiede la grazia a Napolitano

Gli avvocati Corvaglia e Conte hanno depositato la domanda di grazia per mamma di Casarano condannata dalla Cassazione a 7 anni di carcere per l'omicidio della moglie del sarto accusato di pedofilia

LECCE - L'ultima parola tocca al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il destino della 34enne di Casarano, condannata a sette anni di carcere per aver ucciso la moglie del molestatore di suo figlio, è nelle sue mani. Sarà il capo dello Stato a decidere se la "mamma giustiziera" dovrà scontare la pena dietro le sbarre, oppure se concederle la grazia e lasciarla accanto alla sua famiglia. Era il 5 novembre 2007 quando la donna, sconvolta dopo le rivelazioni del figlioletto di appena sette anni, si recò ubriaca ed armata di coltello a casa degli anziani dove il bambino prendeva lezioni di doposcuola, a Parabita. Si scagliò contro il marito della maestra, Luigi Compagnone (di recente condannato a 10 anni di carcere proprio per violenza sessuale nei confronti del piccolo), e purtroppo uccise sua moglie, Iolanda Provenzano. Questa mattina la richiesta di grazia è stata depositata presso la segreteria della Procura generale; la decisione di Napolitano metterà la parola fine su questa triste storia.

"Chi Le scrive è una moglie ed una madre disperata che in un attimo ha visto distrutti i sogni ed i sacrifici della propria vita e di quella della sua famiglia a causa delle gravi condotte delittuose poste in essere da un uomo senza scrupoli, il signor Compagnone Luigi che non ha esitato ad abusare sessualmente di suo figlio all'epoca dei fatti di appena sette anni, col concorso della di lui moglie e maestra di doposcuola di mio figlio, signora Provenzano Iolanda", esordisce la lettera, di cui riportiamo alcuni stralci.

"A seguito degli orrori perpetrati in danno di mio figlio mi sono resa responsabile dei reati più efferati che un essere umano possa commettere e che mai avrei pensato di poter porre in essere: ho soppresso una vita umana ed ho tentato di sopprimerne un'altra".

"Ho sempre collaborato sia con le forze dell'ordine sia con la magistratura nella consapevolezza di aver commesso un atto che non mi è proprio e che non può trovare il perdono della legge; è per questo che mi rivolgo a Lei non solo nella qualità di Capo di Stato ma soprattutto di uomo che col proprio cuore, simile a quello di ogni genitore che ama i propri figli, può superare ogni limite imposto dalle leggi terrene per concedere al piccolo [nome del bimbo, Ndr] la possibilità di non perdere la madre in un momento così delicato della sua vita.

"Questa è la preghiera che Le rivolgo e che La prego di ascoltare col cuore. Un essere senza scrupoli ha condannato per la prima volta mio figlio ad avere un'infanzia diversa da quella degli altri bambini, togliendogli quell'innocenza che solo un bambino può avere e lasciandogli un segno che porterà con sé per tutta la vita. Io l'ho condannato nuovamente con la mia azione, non so come ho potuto, non lo so!
Ho esposto il mio angelo allo strepitus fori; non volendo ho reso pubblica la sua intima storia che tale doveva rimanere, ho sbattuto la sua storia su tutti i giornali condannandolo, per tale via, per la seconda volta".

"Ed ora ricorro a Lei pregandoLa di non condannare mio figlio per la terza volta; non lo condanni a vivere senza la mamma affianco, la prego! Io mi sono macchiata di un peccato mortale, ma mio figlio perché deve pagare per essere stato onesto e coraggioso con la sua mamma? Se potessi tornerei indietro dalla tragedia e dall'incubo che ho vissuto e che ancora sto vivendo, ma so che questo non è possibile. Sono solo una madre totalmente distrutta, mi sono distrutta con le mie stesse mani, ma ora la serenità di mio figlio è nelle Sue mani; La prego di ascoltare il Suo cuore poiché nessun cuore in nome del buon Gesù può condannare un bimbo ad una così grande sofferenza, quella di vivere senza la sua mamma. Questo è tutto ciò che il mio cuore desidera, continuare ad avere mio figlio tra le braccia. Mi vergogno di me stessa e non riesco a perdonarmi il gesto compiuto in danno della famiglia Compagnone e della mia stessa famiglia; pertanto Le chiedo umilmente, Signor Presidente, di concedermi la grazia, per avere la possibilità di porre rimedio, con la mia presenza, al dramma morale e psichico che ho provocato ai miei più stretti congiunti".

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