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Cronaca

Le tante vite di Matar, dal Senegal al Salento in cerca di un futuro migliore

Matar è un gigante buono dai modi gentili e dagli occhi neri come le notti d'Africa. Occhi che bruciano di vita e che mostrano quello scintillio incancellabile di chi è disposto a tutto pur di perseguire un obiettivo. E' in Italia da 14 anni e spera, grazie a IrenerI, di riuscire finalmente a costruire una vita migliore

LECCE – Matar è un gigante buono dai modi gentili e dagli occhi neri come le notti d’Africa. Occhi venati dal rosso della fatica e della stanchezza, che bruciano di vita e che mostrano quello scintillio incancellabile di chi è disposto a tutto pur di perseguire un obiettivo. La sua vita scorre come le pagine di un romanzo che lo ha portato, nel lontano 2001, dalle spiagge e dalla frenesia di Dakar (città caotica, colorata, cosmopolita e coloniale) in Senegal, a Lecce. Un lungo viaggio con tappe a Parigi, Milano e Genova. E’ giunto in Italia inseguendo il sogno di una vita migliore, di trovare un lavoro e perfezionare le sue conoscenze nella professione di incisore e saldatore, secondo le tradizioni di famiglia.

Ben presto, però, ha visto i suoi sogni sgretolarsi sotto i colpi della realtà. Scaduto dopo un anno il visto turistico che lo aveva condotto fino nel cuore del Salento, Matar si è ritrovato senza soldi e senza lavoro, un clandestino facile preda del mercato della contraffazione e del falso. Una scelta che lo ha portato inevitabilmente nelle maglie strette della giustizia e a subire la vergogna di un arresto e di ventiquattro lunghissime ore trascorse nel carcere di Brindisi. Dopo la brutta esperienza salentina ha cercato di voltare pagina e cambiare vita, ha raggiunto Bologna, dove ha frequentato l’istituto professionale Aldini Valeriani. Nella città emiliana ha conseguito un diploma in termotecnica, ma ancora una volta il suo sogno di trovare un lavoro stabile e una vita migliore è svanito dopo poche settimane quando, dopo aver lavorato in un’officina, gli hanno detto che di lui non c’era più bisogno. Da Bologna il suo peregrinare lo ha portato fino a Bolzano, dove ha rischiato di morire subendo una violenta aggressione da parte di un gruppo di albanesi.

Il 43enne senegalese ha quindi deciso di tornare nel Salento, finendo nelle mani dei nuovi sfruttatori della manodopera africana. Per oltre tre secoli Dakar è stata una delle basi per la tratta degli schiavi. La schiavitù è stata abolita ma con il trascorrere del tempo sono semplicemente cambiate le vie e le destinazioni di un sistema che ha trasformato i deportati in reclutati. Matar è diventato una delle tentate vittime del caso “Tecnova”, dei cittadini extracomunitari che avrebbero operato senza alcun tipo di garanzia. Un vero e proprio caso di sfruttamento di manodopera e riduzione in schiavitù, secondo quanto contestato dagli inquirenti (in un’inchiesta giunta all’udienza preliminare), spesso composta da persone presenti in modo irregolare sul territorio italiano. Lunghe ore di lavoro nei campi del fotovoltaico, fino a un incidente stradale avvenuto a bordo di un’auto aziendale. Dopo quell’incidente il 43enne è stato semplicemente “scaricato”, come un oggetto che non serviva più, e per il lavoro svolto non ha ricevuto alcun compenso. Lui ha trovato la forza e il coraggio di denunciare i suoi sfruttatori, è diventato una delle parti offese del processo Tecnova e ha ottenuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Sul permesso di soggiorno pende, però, la spada di Damocle di una vecchia condanna (divenuta definitiva) a due anni e due mesi relativa agli anni trascorsi vendendo cd e merce contraffatta. Da allora lui è cambiato, ma la giustizia non perdona e non dimentica. Ora l’esecuzione della pena è sospesa e Matar (la scelta di Dio in lingua araba) ha deciso di ricominciare e lanciarsi in una nuova avventura diventando uno degli ambasciatori del progetto de IrenerI, destinato a cambiare il concetto stesso dei venditori extracomunitari. Il progetto, coadiuvato da un pool di legali esperti nelle normative relative alla contraffazione e al commercio, mira a creare una rete di vendita e di venditori ambulanti, cittadini extracomunitari in possesso di regolare permesso di soggiorno e licenza di vendita. Lo scopo e la finalità sociale sono di sottrarre manodopera al mercato del falso, creare lavoro attraverso la vendita di prodotti dal costo contenuto ma di ottima fattura e design innovativo, produrre fatturato legale e combattere il circolo vizioso della clandestinità.

Stringendo nelle sue mani grandi la “scatola della legalità”, con i prodotti IrenerI che proverà a vendere per le strade del Salento, sorride con gli occhi scuri e i denti bianchissimi, come fanno i bambini. Lui continua a crederci nonostante la sua vita sia una storia di promesse non mantenute. Matar è un Baye Fall, una delle tre grandi confraternite islamiche che esistono in Senegal, l’unica di origine autoctona, fondata da Serigne Ahmadou Bamba e Cheikh Ibra Fall. Sono correnti del sufismo in cui un gruppo di discepoli, sotto l’aiuto di un maestro (il Marabutto), ricerca un percorso contemplativo e mistico per la conoscenza diretta di Dio. I Baye Fall si distinguono per un forte legame con la cultura tradizionale in tutte le sue forme di espressione dalla musica alla poesia. Rifiutano la “corruzione” della cultura occidentale e di quella araba. Da un certo punto di vista la filosofia dei Baye Fall ricorda quella dei primi francescani, col rifiuto totale del possesso di beni materiali che esalta il lato spirituale dell’Islam e la filosofia di un bene globale e dell’aiuto ai più poveri come forma di avvicinamento a Dio.

I suoi occhi si velano di tristezza solo quando parla della sua famiglia, dei genitori morti che non ha potuto salutare, della sua terra che non vede da 14 anni e della fidanzata che spera di poter portare un giorno nel Salento, per costruire finalmente la sua famiglia.

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