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Cronaca Stadio / via Antonio Verrio

Derrate alimentari per indigenti buttate in mezzo alle sterpaglie

Sono prodotti con marchio Ue, non commercializzabili, che dovrebbero essere distribuiti nelle case di chi ha bisogno. E non sono nemmeno scaduti. Una vergogna che si ripete

LECCE – Derrate alimentari destinate agli indigenti che invece di finire sulle tavole, marciscono fra le sterpaglie. Riso, pasta, merendine e quant’altro, tutto infilato in grosse buste di plastica, di quelle che si possono comprare in qualsiasi supermercato, lasciate all’angolo di una strada di periferia di Lecce. Da quel che si può vedere, nemmeno merce scaduta. Tutt’altro.

La scoperta è stata di un lettore, che ha segnalato il fatto alla redazione, non senza aver prima contattato per telefono e posta elettronica anche la polizia locale. Così, almeno, ci ha spiegato. Ma, al di là del fatto che tutto starebbe ancora lì da almeno una settimana, vista sgradevole e situazione oltraggiosa, considerando alle tavole di chi sarebbero destinati quegli alimenti, non si tratta nemmeno di una novità. Capitò a noi stessi, nel settembre del 2016, fare una scoperta identica, in quel caso in pieno centro, a due passi dalla nostra sede, in via Colonnello Costadura. Mentre, in questa circostanza, le derrate sono state gettate in via Antonio Verrio, nel comparto in espansione urbanistica nei pressi di via Lodi.  

Si tratta, in realtà, di un fenomeno segnalato da diversi anni in tutta Italia. Basta fare una semplice ricerca su Internet per scoprire montagne di articoli su quotidiani locali che da nord a sud della penisola hanno già trattato lo stesso argomento: merce contrassegnata dalle scritte “Prodotto non commerciabile” e “Aiuto Ue” gettata fra l’immondizia o nelle campagne.

La vergogna del cibo buttato

Si tratta di prodotti che arrivano tramite Fead, il Fondo di aiuti europei per gli indigenti. Gli aiuti non sono solo di tipo alimentare, ma riguardano anche vestiario, calzature e altri articoli. Tutto ciò di cui potrebbe aver bisogno una famiglia in gravi ristrettezze. Spetta agli Stati membri richiedere il tipo di aiuto, dopodiché il meccanismo è questo: la Commissione approva i programmi nazionali, quindi si arriva all’erogazione dell’assistenza, la quale avviene tramite organizzazioni partner, non necessariamente governative.

In mezzo vi è un passaggio fondamentale, quello della distribuzione, che in Italia è affidata ad Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. A lei, dunque, si rivolgono le organizzazioni partner che intendono fare richiesta di beni da ripartire agli indigenti, le quali devono scaricare un modulo per il rimborso di spese amministrative, di trasporto e di magazzinaggio.

Ed è forse in questo passaggio la chiave degli abbandoni. Se, per esempio, infatti, a monte qualcuna di questa associazioni dichiarasse un numero fittizio di famiglie indigenti da aiutare? Tutto può essere, quando di mezzo ci sono i soldi. Un’interessante teoria a riguardo è stata esposta su Il Fatto Quotidiano online dell’anno scorso, nella rubrica Fatto da Voi, dedicata ai lettori. Consigliamo una lettura.

In ogni caso, qualunque sia il motivo a monte, resta una vergogna che aiuti umanitari, invece di sfamare chi ne ha necessità, facciano una simile fine. Uno spreco ingiustificabile sul quale non sembra che si sia mai deciso di fare vera luce, nonostante, come detto, sia un problema che supera di gran lunga gli stretti confini locali.

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