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Cronaca

L'omicida con il piccone Kabobo condannato a Lecce per un televisore rotto

Nel gennaio del 2012 il ghanese era a Borgo San Nicola, dopo un arresto per la precedente rivolta nel Cara di Bari. In cella, dopo una lite con un altro detenuto, sfasciò il tv. Una volta scarcerato, di lui si persero le tracce. Fino all'aprile del 2013, quando a Milano uccise tre ignari passanti

LECCE – Tre mesi di reclusione e pagamento delle spese processuali. E’ la sentenza emessa questa mattina dal giudice Fabrizio Malagnino, presso la seconda sezionale penale del Tribunale di Lecce, nei confronti di Adam “Mada” Kabobo, ghanese 32enne.

La colpa di quest’ultimo, aver sfasciato un televisore del penitenziario leccese di Borgo San Nicola, durante un suo periodo di reclusione. Secondo gli esiti dell’indagine, questo avvenne al termine di una lite con un altro detenuto, all'interno della cella in cui erano entrambi destinati, il 19 gennaio del 2012. Nel procedimento odierno, l’accusa aveva chiesto sei mesi. Kabobo era difeso d'ufficio dall’avvocato Luciano De Francesco.  

La storia assumerebbe assolutamente un profilo di terz’ordine, addirittura non meritevole di finire nelle cronache, se non fosse per lo spessore che ha assunto il personaggio a causa di un terrificante episodio di cronaca che in Italia nessuno dimenticherà mai. Al punto tale che oggi era scortato in aula da un massiccio dispositivo di sicurezza: almeno una decina di agenti di polizia penitenziaria.

Come si ricorderà, una volta uscito di prigione e finito nel suo girovagare senza meta precisa a Milano, alle prime luci dell’alba dell’11 maggio del 2013, usando un piccone, in zona Niguarda uccise tre incolpevoli passanti: Ermanno Masini di 64 anni, Daniele Carella di 21 e Alessandro Carolè di 40. Altri due rimasero feriti in quella folle mattinata di sangue, prima che i carabinieri riuscissero a bloccarlo, ancora con l’arma del delitto stretta fra le mani.

Per quegli atroci e insensati omicidi, Kabobo a metà aprile è stato condannato a vent’anni di carcere e tre in cura presso un centro specializzato, dal gup del Tribunale di Milano, Manuela Scudieri. Il massimo previsto, considerando che il processo in primo grado s’è celebrato con il rito abbreviato e che è stata riconosciuta la seminfermità mentale. Una sentenza che non ha soddisfatto i parenti delle vittime.

IMG-20140605-WA0002-2Oggi, dunque, il ghanese ha dovuto rispondere anche di quell’episodio di Lecce, precedente alla feroce aggressione, in apparenza marginale, ma che pure è da non sottovalutare, perché è una delle varie vicende giudiziarie in cui è rimasto coinvolto, dal momento in cui ha messo piede in Italia. Quasi un tassello di passaggio, verso quel drammatico finale che ha quasi dell’incredibile.  

Come ricorda un recente articolo del Corriere della Sera, il ghanese approdò insieme con tanti altri migranti nell’isola Lampedusa nel maggio del 2011. Poi fu destinato nel centro per richiedenti asilo di Bari.

Il primo agosto di quell’anno fece parte di una rivolta passata a sua volta alla storia delle cronache: per protesta sui ritardi nella convocazione della commissione, gli extracomunitari iniziarono a lanciare sassi contro gli operatori del Cara, per arrivare a poi a veri e propri scontri con la polizia.  

Carcerato e finito a Lecce, qui avvenne l’episodio del televisore. Uscito dal carcere (ovviamente con una denuncia penale per il danneggiamento) e destinato al Cara di Foggia, con obbligo di dimora, da lì sparì, per poi riapparire all’improvviso a Milano diversi mesi dopo.

Un particolare: nelle varie relazioni a seguito dei fatti di Bari e Lecce, Kabobo era stato segnalato sempre come persona sana di mente, o quantomeno non segnata da particolari disturbi psichici. 

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