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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Blitz antimafia all’alba: scattano 17 arresti nell’operazione “Game Over”

L’operazione, condotta dalla polizia, nasce da un’indagine della Direzione distrettuale Antimafia nei confronti di soggetti che farebbero parte dello storico gruppo leccese affiliato al clan Briganti. Le misure eseguite nel capoluogo

LECCE – All’alba di oggi, la Squadra mobile di Lecce, con l’ausilio di pattuglie del Reparto prevenzione crimine “Puglia Meridionale” di Lecce, “Puglia Centrale” di Bari, “Campania” di Napoli, di Unità Cinofile di stanza a Bari e del 9° Reparto Volo della polizia di Stato di Bari, dopo una lunga indagine coordinata dalla Dda della Procura della Repubblica di Lecce, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce nei confronti di diciassette soggetti, indagati a vario titolo per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico ed alla commercializzazione di  sostanze stupefacenti, estorsione e violazione della legge sulle armi.

Tutti gli indagati

In carcere sono finiti: Senad Amethovic, 29enne; Fabio Briganti, 50enne; Pasquale Briganti detto “Maurizio”, 52enne di Lecce; Aleandro Capone, 26enne; Francesco Capone detto “Checco o Facciune”, 28enne; Daniele De Vergori, 22enne; Carlo Gaetani detto “Carletto” 37enne; Giuseppe Guido, 32enne; Sergio Marti, 48enne; Giorgio Piccinno, 32enne; Nicola Pinto detto “Nico”, 34enne; Gianluca Stella detto “Luca o Ciotta”, 32enne; Carlo Zecca, 33enne. Tutti residenti a Lecce, tranne Marti che risiede a Giorgilorio (Surbo) e Piccino che risiede a Maglie.  

Ai domiciliari, con braccialetto elettronico, invece si trovano: Nicolò Greco, 23enne; Domenico Persano detto “Mimmo”, 62enne; Enzo Quaranta, 36enne; Silvia Renna, 29enne. Tutti residenti a Lecce.

Indagati a piede libero, quindi presumibilmente con ruoli minori, sono: Carmen Blago, 48enne; Nicolò Capone, detto “Nicolò piccolo”, 24enne; Maurizio Elia, 45enne; Nicola Greco, detto “Nico o zio Nicola”, 51enne; Giovanni Laera, 63enne; Giampiero Schipa, detto “Giampi”, 58enne; Daniele Sergi, 29enne; Simone Zimari, 32enne. Tutti di Lecce, tranne Laera, residente a Lizzanello e Sergi, residente a Corsano. 

Com'è nata l'inchiesta

Le indagini, avviate nell’estate del 2019, hanno riguardato un gruppo criminale che si ritiene operante sul territorio leccese, conosciuto come clan Briganti e facente capo a Pasquale Brigantgi, detto Maurizio (la cui “mafiosità” è stata ampiamente riconosciuta con sentenze passate in giudicato).

Attraverso l'attività la Squadra mobile ritiene di aver documentato l’incessante operatività del clan, e del suo capo storico nonostante questi fosse detenuto in esecuzione di pena presso un istituto carcerario del centro Italia.

L’indagine, sviluppata per circa due anni attraverso presidi tecnologici e servizi di pedinamento ed osservazione, avrebbe palesato come Briganti, dal carcere ed attraverso familiari ed affiliati fidati, abbia continuato a gestire le attività illecite del clan, operativo prevalentemente, ma non esclusivamente, nella città capoluogo, arricchendo i propri ranghi con l’annessione di nuovi sodali attraverso i classici rituali di affiliazione, tipici delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, e innalzando di grado affiliati già appartenenti alla Sacra corona unita.  

Le contestazioni

Sono stati documentati episodi ritenuti di imposizione e riscossione di somme di denaro necessarie per il sostentamento degli affiliati in carcere, tra cui appunto l’indiscusso capo, nonché azioni punitive nei confronti di chi non osservava le regole o di chi, acquirente, pusher o spacciatore di sostanze stupefacenti, non pagava per tempo l’importo della droga acquistata.

Si ritiene ancora di aver ricostruito la consumazione di una serie massiccia di reati che vanno dall’estorsione in danno di attività ambulanti e commerciali, al traffico di ingenti quantitativi di sostanza stupefacenti. Il clan si sarebbe occupato direttamente dell’acquisto, prevalentemente in territorio albanese, dell’importazione, dello stoccaggio e della suddivisione, prima della consegna finale ai vari pusher.

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Le investigazioni hanno permesso di ipotizzare la costante disponibilità di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, da immettere sulle piazze di spaccio, cittadine e della provincia, oltre che di una consistente disponibilità di armi, anche da guerra, di provenienza balcanica. Nel corso dell’attività sono stati sequestrati fucili mitragliatori di assalto sovietici, tra cui AK47 Kalashnikov e modello M.70 Zavasta, oltre a numerose pistole calibro 45, calibro 38 special e relativo munizionamento. Per l’acquisto di tali armi, il gruppo criminale avrebbe avuto come referente un soggetto italiano di origini montenegrine, collante tra il clan e i trafficanti di armi residenti presso il Campo sosta Panareo.  

Sono state contestate, infine, numerose estorsioni, che sarebbero state attuate anche con la minaccia di far ricorso all’uso delle armi, avvenute in danno di ambulanti in occasione di incontri di calcio della locale squadra, eventi musicali e sagre, oltre alla gestione dei parcheggi abusivi durante lo svolgimento di spettacoli ed eventi sportivi.

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