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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Squinzano

Feto morto nascosto nell'armadio, ragazza a processo per infanticidio

Accolta la richiesta dell'accusa,l'udienza preliminare ad aprile. I fatti emersero dopo un'emorragia ai primi del febbraio 2017

LECCE - Infanticidio in condizioni di abbandono morale e materiale e occultamento di cadavere in concorso con la sorella e il cognato. Con quest’accusa, è stata accolta in mattinata la richiesta di rinvio a giudizio della ragazza di Squinzano, da poco diventata maggiorenne, indagata da tempo dalla Procura minorile per aver provocato durante il parto – secondo le accuse del pubblico ministero Ada Carbonara - la morte del feto che aveva in grembo, nascondendo poi il corpicino in una busta di plastica, riposta in un armadio. L’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 19 aprile.

La scoperta del parto

Il 9 febbraio del 2017 la ragazza fu costretta a recarsi in ospedale. Arrivò al “San Giuseppe di Copertino” con una pericolosa emorragia in corso. I medici scoprirono così che all’origine vi era stato un parto, avvenuto non più di tre o quattro giorni prima. Il neonato era stato nascosto in un armadio dell’abitazione della sorella, con cui la ragazza, all’epoca minorenne, conviveva, in una situazione famigliare dettata da disagio. A ritrovarlo furono i carabinieri della stazione di Squinzano.

Da quella vicenda è scaturita l’inchiesta che corre su due binari paralleli, riguardante da un lato la partoriente, dall’altro il ruolo giocato nella vicenda dalla sorella di 27 anni e dal compagno di quest’ultima, 46enne. Sugli ultimi due il caso è al vaglio della Procura ordinaria.

L'autopsia e le accuse

L’autopsia al feto fu eseguita il 21 febbraio e la perizia depositata alla fine di aprile. A occuparsene furono il medico legale Ermenegildo Colosimo per la Procura e il consulente Cosimo Lorè, docente di medicina legale presso l’Università di Siena, per la difesa (la ragazza è rappresentata dall’avvocato Fabrizio Tommasi, gli altri due dall’avvocato Maurizio Scardia).

Stando a quanto rilevato dagli esperti, il neonato sarebbe venuto al mondo già privo di vita, poiché soffocato dal cordone ombelicale, riscontrato di una lunghezza anomala. Ciononostante, i magistrati hanno continuato a portare avanti l’accusa d’infanticidio, oltre a quella di occultamento di cadavere. L’11 ottobre scorso la ragazza si è avvalsa della facoltà di non rispondere nel corso dell’incidente probatorio. E ora, si è arrivati alle soglie del processo.  

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