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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Dipendente di noto centro sportivo leccese ucciso in Albania con cinque colpi di pistola

Sgomento per il brutale omicidio di Agron Cela, 52enne. A Lecce da vent'annni, era dipendente del centro sportivo Cat di Merine. A Valona possedeva un ristorante, affidato in gestione. Diverse le piste, ma il fatto potrebbe inquadrarsi proprio nella vicenda del locale, per il quale viaggiava molto

VALONA – Con l’Albania non aveva mai tagliato i ponti. Una vita di lavoro in Italia, ma il vero sogno, quello da piccolo imprenditore, era continuare a far crescere il suo gioiello, il ristorante creato in quella terra natia, così ricca di contraddizioni, spalancatasi solo negli ultimi anni ai nuovi mercati. Coste e paesaggi che nulla hanno da invidiare alla Croazia o alla Grecia, il Paese delle Aquile, dopo decenni di chiusura a tenuta stagna sotto la pesante cappa di un comunismo autarchico, sta aprendo ormai da diverso tempo le sue porte a capitali e turismo.

Agron Cela, 52enne, aveva capito che oggi, proprio da quell’Est che aveva lasciato più di vent’anni addietro, in cerca di fortuna nella dirimpettaia Italia, può passare una fetta di futuro. Ma quel sogno di rinascita è stato spezzato poco prima dell’una di notte del 20 agosto scorso. Un agguato in piena regola, nel quartiere "28 Novembre" di Valona. Cinque colpi di pistola da distanza ravvicinata, esplosi da un assassino ancora senza nome.

Una moglie e tre figli (due ragazze e un ragazzo), Agron Cela era conosciuto da chiunque, a Lecce, fra i 14 e i 50 anni, si cimenti nel calcetto a livello amatoriale. Insieme alla consorte, era da molti anni dipendente del noto centro sportivo Cat, nella zona di Merine, frazione di Lizzanello, a pochi chilometri dal capoluogo. Uno degli impianti storici, nel Salento, nel quale Cela svolgeva mansioni di manutenzione e custodia. Un po' il factotum, insomma. L’uomo di fiducia del gestore, l’imprenditore Demetrio Villanova. E per i frequentatori abituali, un volto davvero familiare. Spesso, nonostante l’età, non disdegnava di sostituire qualche ragazzo che improvvisamente aveva dato forfait per pareggiare così i numeri delle squadre in campo.

Un vero colpo al cuore, la notizia, per i tanti che avevano avuto modo di conoscerlo e instaurare nel tempo anche un certo grado di confidenza, con lui e con la famiglia. Praticamente leccesi sono i figli, nel Salento cresciuti e che qui studiano, lavorano, hanno i loro affetti e le loro cerchie di amicizie.

Ma cos’è successo, quella fatidica notte di poco più di una settimana addietro? Per capire come inquadrare la vicenda, bisogna partire proprio dal ristorante di Agron Cela. I viaggi da Lecce a Valona, spesso accompagnato dai famigliari, si erano intensificati negli ultimi periodi per motivi di carattere amministrativo riguardanti la gestione e la nuova collocazione del locale.

Ad agosto, però, oltre che per i suoi affari, l’uomo era rientrato in Albania soprattutto per trascorrere un periodo di vacanze. La sera dell’omicidio, dopo una cena e una passeggiata sul lungomare, l'intera famiglia si è diretta verso casa in auto. Moglie e figli sono scesi una volta arrivati davanti al loro appartamento. Entrati, non potevano sapere che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbero visto vivo. Cela, infatti, si è attardato per posteggiare il veicolo, una Mercedes Benz vecchio modello con targa italiana, in un parcheggio custodito della zona. Lì, l’agguato.

Ad agire sarebbe stato un solo uomo, ma è possibile che avesse complici nelle vicinanze per dargli riparo. Stando a quanto ricostruito al momento dalla polizia albanese, potrebbe trattarsi persino di un sicario assoldato, tanta la freddezza dimostrata. Il killer si sarebbe avvicinato al 52enne senza proferire una sola parola, approfittando del buio, per poi esplodere i colpi in rapida successione. Una vera e propria raffica. Poi, la fuga.

Tutto lascia credere che Cela, quella notte, sia stato seguito fino al momento propizio per agire, o che comunque l’assassino conoscesse le abitudini. Al punto tale da aspettarlo pazientemente nell'ombra per tendergli la trappola mortale, con una certa sicurezza di non fallire nella missione. Secondo quanto riportato da alcuni giornali albanesi, uno dei residenti avrebbe udito chiaramente i colpi di pistola e sarebbe uscito per capire cosa fosse accaduto, scoprendo quel corpo riverso per terra, ormai privo di vita. Sopratutto, però, il guardiano del parcheggio avrebbe visto qualcosa, almeno le fasi finali dell'agguato. E' stato in quel modo, nel trambusto creatosi, fra le urla e le richieste di soccorso, che la famiglia ha scoperto l’assurda tragedia.

Agron Cela-2Sono partite le telefonate alla polizia, che, raggiunto il luogo, nel contempo ha subito dislocato posti di blocco in tutti gli ingressi e le vie d’uscita della città, controllando decine di veicoli in transito e identificando diverse persone. Del misterioso killer, però, nessuna traccia.

Sulla scena del crimine gli investigatori hanno recuperato cinque cartucce di una pisola semiautomatica 9 millimetri, inviate alla scientifica per le analisi di rito. Preziose indicazioni potrebbero arrivare forse da videocamere installate in zona. Al momento, però, ci sono soltanto le dichiarazioni del guardiano. Questi ha spiegato agli inquirenti di essersi trovato a poco più di una decina di metri di distanza dalla scena. A quell'ora non ci sarebbero state altre auto in arrivo, a parte quella del 52enne.

Stando a quanto riferito da colui che sembrerebbe per ora l'unico testimone oculare dei fatti, l'assassino si sarebbe probabilmente nascosto fra le auto, per poi uscire all'improvviso, esplodere i colpi verso la vittima designata e scappare. Si sarebbe trattato di un giovane, forse poco più che ventenne, di corportatura normale e con il volto travisato. 

Secondo fonti della Procura distrettuale, fra le piste principali da battere vi sarebbero quelle che conducono ad attriti per ragioni di denaro o a motivi di concorrenza commerciale. Non è da escludere, ma forse è un’ipotesi più sfumata, anche un incredibile errore, uno scambio di persona.

Insomma, molto lascia intendere che tutto possa vertere proprio attorno alla storia dell'attività di ristorazione. Gli spunti investigativi di certo non mancano. Cela era stato proprietario di un locale per diversi anni e lo aveva affidato in gestione, abitando a Lecce.

Al di là di eventuali attriti che potrebbero essere sorti nel tempo, nell’ultimo periodo, per effetto dei lavori di ampliamento del lungomare, il locale originario era stato abbattuto. Uno nuovo ne era quindi stato ricavato in un'area nelle vicinanze. Per i passaggi burocratrici che ne erano scaturiti, i viaggi di Cela nella sua terra d'origine si erano fatti di recente più frequenti.

Le indagini, ovviamente, non tralasceranno alcun dettaglio, e si concentreranno sia sulla sua vita in Italia, sia sui rapporti dell'uomo in Albania. La famiglia è stata ascoltata una prima volta dalle autorità ed è rientrata a Lecce martedì 27 agosto. Nei prossimi giorni, dovrebbero esserci nuove audizioni con il procuratore albanese.  

Agron Cela fa parte di quella nutrita schiera di albanesi che negli anni Novanta emigrarono dal Paese piombato nel caos politico, sociale ed economico, dopo il crollo del comunismo. Arrivò in Italia nel 1991, l’anno delle prime elezioni libere, indette da Ramiz Alia, che nel frattempo aveva preso il posto di Enver Hoxha, deceduto nel 1985.

Il 52enne non aveva alcuna pendenza giudiziaria, né in Albania, né in Italia. A Lecce, con la moglie, aveva cresciuto e dato un futuro ai suoi figli. Aveva sempre scelto la via del lavoro, aiutando anche connazionali in difficoltà. Il ristorante, di cui andava orgoglioso, era probabilmente il coronamento del suo progetto di vita. 

Una persona giudicata da tutti onesta, dunque, e dotata di carica umana e tenacia. E quindi, un dramma ancor più profondo, quest’assassinio a sangue freddo. Una vera sorpresa per chiunque lo conoscesse. Un mistero sul quale si spera che gli inquirenti facciano presto luce per dare risposte concrete a una tranquilla e laboriosa famiglia la cui serenità è stata stroncata per sempre da un delitto che l'ha fatta piombare in un incubo a occhi aperti. 

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