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Cronaca

La festa dopo il derby: trentanove indagati per manifestazione non autorizzata

E' l'ipotesi di reato nei confronti di tifosi leccesi cui è stato notificato, nelle scorse ore, l'avviso della conclusione delle indagini preliminari. Tutto avvenne il 15 maggio del 2011, dopo la vittoria a Bari che sancì la permanenza in A dei salentini e su cui poi nacque l'inchiesta per combine

LECCE – Manifestazione non autorizzata. E’ questa l’ipotesi di reato formulata nei confronti di trentanove tifosi leccesi cui è stato notificato, nelle scorse ore, l’avviso della conclusione delle indagini preliminari. La nuova offensiva giudiziaria contro il tifo giallorosso, che sta suscitando non poche polemiche, trae origine dal lontano 2011.

E’ il 15 maggio quando al San Nicola di Bari va in scena uno dei derby più discussi del calcio nostrano, quella della presunta combine. In una calda domenica di maggio, tra Bari e Lecce, danno vita a un derby destinato a riempire più che le cronache sportive quelle giudiziarie.

A far impazzire i supporter salentini, dopo una manciata di minuti nella ripresa, è il gol di Jeda. Una rete che fa sognare la tifoseria, che vede la salvezza ormai vicinissima. Ci pensano l'autogol di Andrea Masiello (dai contorni oscuri) e il gol di Pinilla (per il Palermo contro la Sampdoria) a completare la festa del Lecce e di tutto il Salento.

I giallorossi, superiori in campo e anche sugli spalti, non si scompongono, fanno festa e intonano una pizzica in versione calcistica. La festa per la salvezza raggiunta nel derby (il sogno di ogni tifoso) prosegue per le vie del capoluogo salentino, dove un carosello spontaneo parte da Porta Napoli per raggiungere piazza Sant’Oronzo, cuore del capoluogo barocco. Un pomeriggio di festa in cui un’intera città scende in strada per celebrare la permanenza nella massima serie calcistica (poi cancellata dalle sanzioni della giustizia sportiva).

Secondo l’ipotesi accusatoria gli indagati avrebbero "organizzato e partecipato a una manifestazione non autorizzata in occasione dell’incontro Bari-Lecce, dapprima convergendo nei pressi dello stadio Via del mare all’esterno delle Curva Nord”. Qui, c'erano circa 150 persone che avevano assistito alla gara da uno schermo in un veicolo e collegato con un gruppo elettrogeno.

Successivamente, come contesta ancora l’accusa, il gruppo si recò "in corteo in piazza Sant’Oronzo, occupando parte della piazza a successivamente l’Anfiteatro, accendendo e lanciando nel contempo fumogeni e atro materiale esplodente”. In particolare sarebbero stati alcuni degli indagati a guidare il corteo: “Andrea De Mitri, reggendo lo striscione in prima fila accendeva un fumogeno e guidava il corteo all’interno dell’Anfiteatro, con Salvatore De Matteis, Simone De Mitri, Marco Falbo, Giuseppe Feudo, Antonio Peciccia, Alberto Pino, Mirko Quarta, Paolo Roli, Juri Zecca e altri (qui la lista completa)”.

Ora, in attesa che la giustizia compia il suo corso, secondo alcuni fra i legali che rappresentano gli indagati, appare quanto mai singolare contestare per quei festeggiamenti la violazione dell’articolo 18 del Tulps (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza).

Tale articolo (datato 1931) prevede che “i promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore. E’ considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata. I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da 103 a 413 euro”.

Partendo dal principio, tutt’altro che dimostrato per i difensori, che quella vissuta in quella domenica di maggio fu una manifestazione non autorizzata e non una festa popolare (l’esempio più calzante è quello di una vittoria della nazionale di calcio), il reato può essere contestato solo ai presunti promotori di quella specie di riunione “sediziosa”, ammesso che ve ne fossero. L’ipotesi di manifestazione autorizzata contrasta con il diritto di riunione sancito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Sarcastico sulla vicenda l’avvocato Giuseppe Milli, legale di quindici degli indagati: “Se il signor Masiello avesse avvisato i tifosi per tempo della tanto discussa combine, avrebbero potuto programmare i festeggiamenti e chiedere l’autorizzazione”. Al tempo stesso di dice “pronto a dare battaglia nei modi e nei tempi previsti dalla legge e dinanzi agli organi competenti”.

Qualche voce arriva anche dalla politica. Il consigliere regionale Erio Congedo auspica che arrivi adesso una richiesta di archiviazione. “Come ho già avuto modo di sottolineare in passato - puntualizza - ricordo con piacere il carosello spontaneo di persone e mezzi per le vie della città, che fu apparentemente pacifico e senza eccessi”. 

“E’ chiaro che si tratta di un ricordo personale che ho di quella giornata, non di una valutazione dettata dalla lettura degli atti. Mi auguro, però, che questa vicenda si possa concludere con l’archiviazione e che, quindi, prevalga la comprensione dello spirito genuino di quella manifestazione. Mi sia concessa da tifoso e quindi scevra da riflessioni di carattere giuridico - conclude Congedo - la considerazione circa il fatto che i tifosi giallorossi hanno già pagato duramente con gli esiti della giustizia sportiva, la gioia effimera di quella giornata”.   

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