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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Legalizzazione droghe leggere, i magistrati salentini in gran parte favorevoli

In attesa che Parlamento e Senato si pronuncino sulla riforma, è la magistratura ad analizzare pro e contro del disegno di legge

LECCE – A luglio scorso è arrivata in aula alla Camera la legge per la legalizzazione della Cannabis. E’ la prima volta che l'assemblea parlamentare si trova a discutere su un tema così delicato, che già divide gli opposti schieramenti politici. Il ddl numero 3235 “in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati” prevede una vera rivoluzione.

Due i principi fondamentali: il possesso personale e la possibilità di coltivare le droghe leggere, più una serie di semplificazioni per l’utilizzo terapeutico. Sarà possibile detenere per uso ricreativo fino a 5 grammi di marijuana, che diventano 15 nel privato domicilio. Ognuno potrà coltivare sul terrazzo di casa fino a un massimo di cinque piantine, semplicemente inviando una comunicazione, senza autorizzazione.

Nasceranno poi i “cannabis social club”, sul modello di quelli spagnoli: un’associazione i cui membri (maggiorenni, non più di 50), potranno contare su 5 piante a testa e consumarne all’interno i prodotti. La vendita verrà regolamentata in regime di monopolio di Stato, più rigido di quello del tabacco (si parla di possibili concessioni ai privati, ma la materia eventualmente andrà approfondita in seguito con una delega). Il consumo resterà vietato in tutti i luoghi pubblici, sia al chiuso sia all’aperto: si fumerà solo in casa o in circoli. Nessuna attenuazione delle sanzioni del Codice della strada (divieto di guida in stato di alterazione), mentre il 5 per cento dei proventi derivanti dalla legalizzazione sarà destinato alla prevenzione contro la droga.

Favorevoli alla riforma alcuni elementi di spicco della magistratura: come il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone. Contrari invece il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e Catello Maresca, 42enne procuratore di punta della Dda di Napoli, l’autore della cattura del boss superlatitante Michele Zagaria.

Sono proprio i magistrati (così come le forze dell’ordine) del resto, a essere impegnati in prima linea nella lotta al traffico delle sostanze stupefacenti. Sulla legalizzazione delle droghe leggere (in linea teorica, essendo la legge ancora una bozza di cui molti conoscono solo a grandi linee il contenuto) la maggior parte (circa il 70 per cento) dei magistrati salentini intervistati si dice favorevole. Un sì che si basa su principi più o meno identici: la legalizzazione, infatti, consentirebbe di liberare risorse da indirizzare nella lotta alle droghe pesanti, sollevando i tribunali da migliaia di procedimenti che portano troppo spesso a sanzioni che restano sulla carta.

Centinaia e centinaia di sentenze lievi (processi lunghi e costosi che si concludono con pene basse, sospese e non menzione nel casellario) nei confronti di soggetti spesso giovanissimi e incensurati, in molti consumatori che diventano spacciatori per la necessità di procurarsi la “roba”, divenendo facili prede delle organizzazioni criminali. Legalizzare, inoltre, significherebbe togliere ricchezza alle mafie, far guadagnare lo Stato con nuove entrate, prosciugare il canale di autofinanziamento dei taleban afghani, i principali produttori al mondo. I recenti sequestri (decine di tonnellate tra agosto e settembre provenienti dall’Albania) dimostrano come sia difficile bloccare un traffico che vede implicate nazioni e organizzazioni con capitali e risorse pressoché infinite.

C’è anche chi, ovviamente, si dice contrario, non credendo alla possibilità di sottrarre davvero la vendita delle droghe leggere alla criminalità organizzata, poiché il guadagno che si sottrarrebbe alle mafie è quasi ridicolo rispetto a quanto la criminalità trae dal traffico di cocaina ed eroina. Secondo alcuni poi, uno stato democratico si deve occupare della salute e della libertà dei suoi cittadini, e qualsiasi forma di dipendenza genera malattie, in particolare psichiche, e non è possibile liberalizzare ciò che fa male.

Un dibattito complesso e pieno di sfaccettature, che dovrà essere affrontato nelle aule della Camera e del senato e poi, eventualmente, in quelle di giustizia.

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