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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Centro / Viale Michele de Pietro

Infarto in tribunale ma la barella non entra in ascensore: sei piani a piedi

La paradossale vicenda nel fatiscente Palazzo di giustizia: 118 aiutato dai dipendenti per trasportare il malcapitato. Salvato in extremis, è in Emodinamica. E nasce anche un caso defibrillatore

LECCE – Colto da un malore al sesto piano del tribunale di viale De Pietro, ma la barella non entra negli angusti ascensori. Nel regno della giustizia, si rischia di morire per strutture obsolete, a stento concepite per farci passare un singolo dipendente con il carrello e la documentazione cartacea dei procedimenti.

Ed era esattamente quello che stava facendo il malcapitato, questa mattina intorno alle 9: stava trasportano alcuni faldoni, quando all’improvviso s’è accasciato sul pavimento, con una dolorosa fitta. I classici sintomi dell’infarto. Si tratta di Egidio Tarantino, un ausiliario di 49 anni che lavora nelle sezioni penali, trasferito a Lecce dal tribunale di Nardò, in seguito ai noti accorpamenti delle sedi giudiziarie.

Nel tribunale penale, dove peraltro non esiste nemmeno una postazione per il primo soccorso, nella sventura dei casi, bisogna essere in qualche modo fortunati. Sarà un paradosso, ma è così: se il malore arriva al pian terreno, tutto è più semplice. Se, invece, sopravviene ai piani più alti, come oggi, tutto si complica maledettamente. In quegli elevatori, dove si resta schiacciati come sardine se si prova a entrare in più di quattro, una portantina con infermieri e un paziente, peraltro di corporatura robusta, mai avrebbero potuto trovare alloggio.

L’uomo è stato soccorso nei primi istanti da un suo collega che ha praticato il messaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca. Nel frattempo è stato chiamato il 118. Sul posto sono arrivate con particolare tempestività due ambulanze. Peccato che la rapidità dell’intervento iniziale, con i sanitari che hanno praticato le manovre necessarie, abbia rischiato di essere vanificata dagli ostacoli rappresentati dalle infrastrutture. Perdendo minuti preziosi, con una vita in ballo.

Arrivati a destinazione, infatti, e costretti già a salire a piedi, dopo le prime cure, i sanitari hanno dovuto chiedere l’aiuto dei dipendenti presenti in quel momento per portare in basso il paziente, in modo da condurlo al pronto soccorso del “Vito Fazzi”. Altri sei piani a piedi, scendendo per una rampa di scale per giunta molto stretta, con la necessaria cautela e quindi con una lentezza che cozzava con l’urgenza del caso. E con non la barella standard, ma con quella pieghevole. Assurdo.

Al "Fazzi" l'uomo è arrivato in codice rosso, ma la vita gli è stata salvata proprio grazie al 118: era in arresto, è stato ripreso sul posto con l'operatore di centrale che ha fornito indicazioni in ogni istante, e difibrillato. Al momento si trova nel reparto di Emodinamica. 

UN EDIFICIO, TANTI PROBLEMI

Un plauso particolare va sicuramente al 118, che ha agito in una condizione complessa, salvando il 49enne in extremis. Ma la storia è inquietante e drammatica. Si è rischiata la tragedia, tanto che in queste ore, dopo l’episodio, si sta già muovendo per l’ennesima volta anche il sindacato Confsal Unsa, lo stesso che ha rilevato negli anni i mille problemi dell’edificio, chiamando in passato due volte gli ispettori dello Spesal dell’Asl. Passati al setaccio corridoi, uffici e aule, ne sono scaturite prescrizioni alle quali ancora non si è del tutto adempiuto.

L’installazione di un presidio per il primo soccorso è forse fra le maggiori urgenze, perché, se esistono, come da normativa, i responsabili per la sicurezza per eventi come gli incendi, è vero anche che si stenta a trovare oggetti semplici come cerotti e alcool etilico.

_LUC5985-2“Il dramma – dice il segretario regionale, Giovanni Rizzo, contattato da LeccePrima – è che in tribunale non ci sono solo i dipendenti, ma passano ogni giorno centinaia di avvocati e di utenti in generale fra gli stessi cittadini, che per i più svariati motivi, hanno accesso a ogni piano e ogni stanza”. E di fronte a un’urgenza sanitaria, si rischia il panico come oggi.

L’aspetto ancor più grottesco è che sono di nuovo finiti di nuovo nell’occhio del ciclone gli ascensori, che pure sono tornati in funzione regolarmente, dopo la sfuriata del presidente del tribunale, Francesco Giardino. Nei mesi scorsi aveva prospettato la paralisi delle attività qualora non fossero stati riparati in modo definitivo.

Per un periodo, infatti, hanno spadroneggiato i guasti, al punto di essere rimasti a un certo punto con un singolo ascensore. Con il passaggio della cura dell’edificio dal Comune direttamente al ministero di Giustizia, il problema s’è risolto grazie all’invio di tecnici da Bari. Peccato che non si possa risolvere su due piedi anche un altro problema, quello della capienza, che oggi ha provocato un disagio inconcepibile.

Solo l’ultimo, per la verità, e che si accoda ad altri già segnalati da tempo, come la staticità precaria, con garage sprofondati, o l’invasione di pulci e acari che ritorna puntuale a ogni stagione. Tant’è. Il palazzo risente di disfunzioni progettuali fin dalle sue origini. Basti pensare che le tre ali sono scollegate. Per spostarsi da un estremo all’altro, ogni volta occorre scendere al pian terreno e risalire, quando potrebbe bastare una soluzione forse nemmeno tanto costosa, come un sistema di passerelle esterne.

IL CASO NEL CASO: IL DEFRIBILLATORE

Il caso nel caso lo mette a nudo nel pomeriggio il sindacato Confsal-Unsa con una nota. Che ricorda la prontezza di rilfessi del collega presente, Gilberto Quarta, il quale ha praticato all'infartuato un massaggio cardiaco (aveva effettuato i corsi di primo soccorso). Ma il guaio è un altro: è sttao impossibile usare il defibrillatore custodito al piano rialzato del tribunale. Non sarebbero stati reperiti i dipendenti che a suo tempo effettuarono il corso. Da considerare che un altro defibrillatore si trova presso la sede civile, in via Brenta.

“L'episodio – dice il segretario regionale Giovanni Rizzo - è un campanello di allarme dal quale deve nascere un impegno rinnovato dei sindacati, della Rsu e di tutto il personale. Non si contano i nostri interventi passati". Le già citate ispezioni dell'Asl, ma anche "lettere, petizioni, segnalazioni su attrezzature guaste e sull'inconsistenza delle valigette di pronto soccorso". "Purtroppo - aggiunge - c'è una certa sordità da parte degli uffici e dialogare su questi argomenti che però, in misure diverse, influiscono sulla salute e anche sulla vita delle persone”.

_LUC5978-3“Credo necessaria – continua Rizzo – un'iniziativa unitaria, a partire da un'assemblea, perché si rispetti la normativa sulla sicurezza e si accetti, come prevedono la legge e la norme contrattuali, di discuterne con i rappresentanti del personale. Basta pensare che la Confsal-Unsa denunciò due anni fa che il corso per l'uso del defibrillatore fosse stato effettuato all'insaputa del medico competente, senza interpello tra il personale, sulla base di segnalazioni arbitrarie dei partecipanti e senza attenzione alla specializzazione: i pessimi risultati sono evidenti. Chiedemmo anche la prescritta contrattazione integrativa, che però venne rifiutata”.

All'epoca, era il 2014, vi fu anche una lettera indirizzata ai vertici del tribunale: "Un ulteriore episodio - recitava - riguarda la formazione all'utilizzazione di un defibrillatore che sarebbe ora in uso degli uffici giudiziari di Lecce: si apprende dalla stampa di un corso di cui saranno destinatari gli avvocati, mentre solo per caso e a voce – ancora una volta – si apprende che si è già tenuto un corso di formazione per alcuni dipendenti, senza alcun interpello generalizzato, né individuazione di criteri e di requisiti, né eventuale graduatoria. E nemmeno si conosce l'elenco dei prescelti.

"E con una certa dimostrazione di approssimazione - si chiudeva la missiva -, nemmeno si conosce la predisposizione dei prescelti che dovranno accingersi a così delicato compito, né se abbiano sottoscritto una dichiarazione di responsabilità, né di quali responsabilità potrebbero essere  gravati o esentati in caso di uso improprio o di esito comunque infelice del trattamento di defibrillazione”.

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