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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Massacro dei coniugi a Porto Cesareo, il pubblico ministero chiede l'ergastolo

L'omicidio di Luigi Ferrari e Antonella Parente è avvenuto il 24 giugno del 2014. L'accusa ha sottolineato che l'imputato, un 51enne di Manduria, non ha mai dimostrato segni di pentimento o rimorso. Uno psichiatra forense ha constatato la capacità di intendere e volere

LECCE – “Non dimenticherò mai quello che ho visto in quella casa”. Si è aperta così la lunga e minuziosa requisitoria con cui il pubblico ministero Giuseppe Capoccia ha chiesto l’ergastolo nel giudizio abbreviato che vede imputato Vincenzo Tarantino, 51enne di Manduria, il presunto autore di uno dei delitti più efferati della storia del Salento: il duplice omicidio di Luigi Ferrari, 54 anni, e di sua moglie, la 55enne Antonella Parente, i coniugi massacrati nella loro abitazione di Porto Cesareo alle prime luci dell’alba del 24 giugno del 2014.

Un lungo viaggio nell’orrore di una vera mattanza, con il rosso del sangue (presente ovunque), simbolo della morte e della ferocia a contraddire la quotidianità di una tavola ancora apparecchiata. L’accusa ha sottolineato l’assoluta mancanza di resipiscenza dell’imputato, che non ha mai dimostrato alcun pentimento o rimorso. Inoltre, la versione fornita nell’ultimo interrogatorio, con una ricostruzione puntuale e precise dei fatti e le accuse nei confronti di un’altra persona, dimostrerebbe l’assoluta lucidità di Tarantino.

Il legale dell'imputato, l'avvocato Giada Trevisi, ha chiesto per il suo assistito il giudizio con rito abbreviato condizionato alla consulenza psichiatrica, poi affidata dal gup a Domenico Suma. Lo psichiatra forense ha stabilito che il 51enne era capace di intendere e volere al momento del massacro, compiuto con lucida e spietata brutalità, ricordandoci, come ha scritto Eschilo, che il male esiste e spesso siede alla nostra stessa tavola. Diametralmente opposti i risultati della consulenza redatta per conto della difesa dallo psichiatra Pompilio Palmariggi e dalla psicologa Emanuela Settimo, già depositata agli atti.

Fu un vero massacro quello compiuto in via Vespucci, una strada periferica di Porto Cesareo, nell’abitazione dei coniugi Ferrari. Ben trenta, infatti, i colpi inflitti con un piede di porco, secondo quanto stabilito dall’autopsia eseguita dal medico legale Roberto Vaglio e dai carabinieri del Ris, a Luigi Ferrari.

L’uomo, con ogni probabilità, cercò di difendersi dalla furia omicida dell’assassino. Una decina, invece, quelli che spezzarono la vita della donna. Uno spettacolo atroce quello che si è materializzò dinanzi alla figlia della coppia, la prima a scoprire i corpi dei genitori riversi in un lago di sangue, con i volti devastati dai colpi inferti. Quello di Tarantino non era certo un volto estraneo per la famiglia Ferrari: è l’ex convivente di una nipote della coppia ferocemente assassinata, con cui aveva avuto screzi e attriti.

Oltre a cercare Tarantino, i carabinieri sentirono un amico del presunto assassino, che lo aveva ospitato due giorni prima. A lui Tarantino aveva già raccontato di voler compiere un furto nell’abitazione della coppia, dove nella cassaforte erano custoditi i soldi per le spese relative al matrimonio del figlio. Il 51enne si recò dall’amico, invitandolo ad accompagnarlo. Dinanzi al rifiuto dell’uomo, decise di recarsi da solo a casa dei Ferrari, portando con sé una scala e gli attrezzi per scassinare la cassaforte, convinto che a quell’ora in casa non ci fosse nessuno. Invece, con ogni probabilità, la coppia fu svegliata dall’irruzione dell’uomo. In Tarantino, che in corpo aveva una dose massiccia di cocaina, scattò una furia omicida. Poi, terminata la mattanza, con gli stessi oggetti scardinò la piccola cassaforte incassata nella parete, come se nulla fosse. All’interno vi era un’unica banconota da 500 euro.

Tarantino fu fermato mentre viaggiava a bordo della sua auto, sulla strada che da Porto Cesareo conduce a Torre Lapillo e ad alcune delle spiagge più belle della costa ionica. Procedeva tranquillo, aveva da poco mangiato un panino (acquistato in una stazione di servizio), come se l’orrore consumato poche ore prima non lo riguardasse, e quei corpi dilaniati da una furia cieca e assassina fossero lontani. Panino acquistato con una banconota trafugata dall’abitazione delle vittime. Su di essa, infatti, sono state rinvenute tracce molecolari dell’imputato e della coppia.

L’uomo, originario di Manduria (Taranto), ma residente da tempo a Porto Cesareo, parve ai carabinieri come alienato, perso in un mondo parallelo. Erano le 17 di un pomeriggio afoso. Dal duplice omicidio della coppia massacrata in casa alle prime luci dell’alba, erano trascorse solo una manciata di ore. Tante ne bastarono ai carabinieri del comando provinciale di Lecce, per chiudere il cerchio intorno al presunto assassino. TARANTINO Vincenzo_1-4-2-2L’ultimo importante tassello è arrivato ad aprile scorso con il ritrovamento della cassaforte trafugata dall’abitazione delle vittime, grazie a un’intercettazione ambientale in carcere. Tarantino ha sempre respinto le accuse, affermando di aver solo custodito la refurtiva.

Nella prossima udienza, il 22 dicembre, discuterà la difesa, poi il gup Michele Toriello emetterà la sentenza. I familiari delle vittime si sono costituiti parte civile con gli avvocati Francesco Spagnolo, Giuseppe, Michele e Giulia Bonsegna, Vincenza Raganato, Gianluca Coluccia e Fiorino Ruggio.

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