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Cronaca Gallipoli

"Mater gratiae", blitz in altre due cave per l'estrazione del carparo: scovati anche rifiuti

Altri sequestri in due aziende, dopo quelli dei giorni scorsi nella stessa contrada nell'entroterra gallipolino. In una cava sono stati trovati anche scarti che dovranno essere analizzati. I sequestri dei carabinieri del Noe ammontano a un valore di circa 1 milione e 800 mila euro

GALLIPOLI – Nel giro di pochi giorni i carabinieri del Noe di Lecce, sotto il coordinamento del maggiore Nicola Candido, sono tornati in località “Mater Gratiae”, nell’entroterra gallipolino, per nuove verifiche sull’estrazione del carparo. Si tratta la pietra caratteristica della zona, con cui sono stati costruiti fin nei secoli addietro anche i più noti monumenti di Gallipoli. Il carparo è proprio ciò che distingue quest'area jonica e dintorni da altre zone della provincia, dove da sempre si è utilizzata al pietra leccese. 

Ebbene, con i controlli di oggi, si chiude del tutto il cerchio sulle società che operano nel settore. Sono quattro in tutto, infatti; le prime due avevano già subito sequestri il 12 luglio. Ora, è toccata alle altre rimanente ricevere ispezioni e subire contestazioni. Con una particolarità, questa volta: in un caso sono stati trovati persino rifiuti interrati. 

Il doppio sequestro odierno ammonta a un valore di circa 1 milione e 800mila euro. Si tratta, tecnicamente, di sequestri preventivi d’urgenza nei confronti di due distinte aree utilizzate da altrettante società, all’interno delle quali, secondo quanto rilevato dai carabinieri del Noe durante l’accesso, si stava svolgendo l’attività d’estrazione in forma abusiva di conci di carparo.

image001-9-16La pietra sarebbe in seguito stata lavorata, prima di finire in commercio. Una catena spezzata dai militari e che, purtroppo (comprendendo anche le due società già verificate nei giorni scorsi) porta al congelamento di poco più di una ventina di posti di lavoro, con inevitabile riverbero anche sul resto della filiera. D’altro canto, il numero e il tipo di contestazioni di tipo amministrativo e penale è di tale portata, che non si poteva procedere in altra maniera, se non bloccando i lavori.  

Nel primo caso, l’area sottoposta a sequestro è di circa 16mila metri quadrati. Il provvedimento riguarda anche un prefabbricato utilizzato come ufficio, quattro macchinari per la squadratura dei conci, due autocarri, una ruspa, un muletto, centinaia di metri di binari di ferro utilizzati per lo scorrimento delle macchine scalzatrici impiegate per il taglio della pietra e decine di balle di conci di carparo già pronte per la vendita.

Nel secondo caso l’area ricopre 12mila metri quadrati e all’interno vi erano: un prefabbricato usato per deposito e uffici, tre macchinari per l’estrazione e la lavorazione, due muletti ed una ruspa e, anche in questo caso, decine di balle di conci rifinite pronte per entrare in commercio.

Il secondo intervento è stato quello che ha riservato oltretutto sorprese di altra natura. Il Noe, infatti, ha sequestrato anche un terrapieno esteso per circa 600 metri quadrati in cui erano stati tombati rifiuti di varie tipologie. 

image004-2-3Secondo gli uomini alle dipendenze del maggiore Candido, gli scarti sarebbero emersi durante l’estrazione della pietra e in seguito stoccati in un altro sito della cava, in maniera illecita.

Quest’attività ha determinato una segnalazione alla Procura della Repubblica per gestione illecita di rifiuti per l’amministratore della cava. Il sospetto è che lì vi fosse una vecchia discarica comunale, ormai dismessa. Saranno effettuate analisi per comprendere se la pietra ha subito qualche contaminazione, anche perché ancora bisogna accertare l’esatta natura dei rifiuti. Si apre, dunque, in maniera del tutto casuale, un secondo fronte che in qualche modo accomuna quest'intervento agli altri, specifici, su altri terreni in cui sono stati interrati negli anni addietro scarti di vario genere, senza che fossero mai effettuate bonifiche.  

A fattor comune, invece, per entrambi i rappresentanti legali delle due società, le contestazioni sono quelle di esercizio di attività estrattiva in assenza di autorizzazioni in area sottoposta a vincolo paesaggistico, idrogeologico e faunistico. 

Altre ipotesi di reato riguardano varie omissioni, sulla presentazione della denuncia d’inizio lavori ad autorità competenti ed agli organi di vigilanza, del documento di sicurezza e salute all’ufficio minerario regionale, del deposito della nomina del direttore tecnico della cava e della richiesta di autorizzazione alle emissioni in atmosfera. Rilevata anche l’attivazione di scarico di acque reflue in assenza di autorizzazione.  I due sequestri sono già stati convalidati dall’autorità giudiziaria, insieme con quelli effettuati dal nei giorni scorsi.  

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