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Cronaca

Parte dell’impero della famiglia di Totò Riina allo Stato: due società sono salentine

Il Ros ha eseguito sequestri in tutta Italia, anche in Puglia, dove risiedono figlia e genero del boss. Sigilli a società e a beni per un milione e mezzo di euro

LECCE – L’onda d’urto del terremoto giudiziario che ha fatto tremare Palermo e moltre altre città italiane, si è propagata fino a Lecce. Squadra mobile, guardia di finanza e carabinieri del Ros, il Raggruppamento operativo speciale, hanno eseguito due distinte operazioni, in un giorno simbolico per la lotta alla mafia: il 19 luglio, l'anniversario della strage di via D'Amelio, nella quale persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta.  Oltre a 34 misure cautelari, disposte in diverse regioni italiane fra cui la Puglia, i blitz eseguiti nella notte hanno portato anche al sequestro di beni mobili ed immobili, a seguito di un'indagine del reparto operativo speciale dell'Arma, in collaborazione con i colleghi di Palermo e Trapani.

Nell’impero patrimoniale che ora passa nelle mani dello Stato, anche il “tesoretto” riconducibile alla famiglia di Totò Riina. Il provvedimento è stato emesso dal tribunale di Palermo su proposta dalla Procura della Repubblica per colpire il capo di Cosa Nostra, la moglie Ninetta Bagarella, i figli Giuseppe Salvatore, Maria Concetta e Lucia. Si tratta dei beni del genero del boss di Corleone, il marito di Maria Concetta, ai quali gli investigatori della del Ros hanno apposto i sigilli, per un valore di circa un milione e mezzo di euro. A Tony Ciavarello, residente con la moglie peraltro a San Pancrazio Salentino, sono infatti riconducibili diversi conti correnti e anche aziende. Una queste con sede in provincia di Lecce.

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Sono due aziende alla periferia di Lecce, specializzate nella vendita e distribuzione di componenti per veicoli. Oltre alla società, al fisco italiano va anche la stessa villa utilizzata dall’ergastolano per la propria latitanza. E non è tutto. Sequestrati anche 16 conti correnti bancari, uno postale, quattro altri rapporti finanziari, tutti riconducibili alla famiglia del boss. Il genero, in particolare, risulterebbe il “manager”,  tanto che gli inquirenti hanno anche apposto i sigilli ad una terza società a lui intestata formalemente, a San Pancrazio Salentino, operante  nel settore dei ricambi di pezzi d’auto e come per quella leccese, realizzate con proventi di natura illecita. Infatti, l’esame incrociato della contabilità di queste aziende ha evidenziato una sperequazione di ben 480 mila euro, immessi per lo più in contanti e in numerose tranche nei patrimoni sociali senza alcuna giustificazione legale.

Altri beni sequestrati dal Ros si trovano nelle province di  Palermo e Trapani. Tre società, una villa, 38 rapporti bancari e, soprattutto, numerosi terreni di cui si è accertata l’attuale disponibilità al capo mafia corleonese. Un ennesimo colpo inferto allo sterminato patrimonio di Riina, già infiacchito da altre operazioni giudiziarie. L'ultimo blitx nasce dall'analisi di continui divari fra i redditi dichiarati negli anni dal boss e dai suoi parenti, da cui è stato possibile ipotizzare l’utilizzo di mezzi e di risorse finanziarie illecite. A confermare i sospetti degli investigatori, la  continuativa disponibilità di denaro contante della famiglia, ed in particolar modo della moglie. Quest'ultima, nonostante i numerosi sequestri di beni mobili subiti nel tempo e a fronte dell’assenza di redditi ufficiali, è riuscita a emettere nel periodo 2007-2013 assegni per un valore di oltre 42 mila euro a favore dei congiunti detenuti. 

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