rotate-mobile
Cronaca

Memorie di stelle: dedicato a Jeff Buckley

Il mondo intero ha ricordato la scomparsa di un grande della musica Tributi di giovani musicisti hanno avuto luogo nei locali e nei teatri di molte città. Su YouTube l'intervista di Luisa Cotardo

Tra le cose che amo dei miei ritorni è quando metto il bucato ad asciugare al vento di casa. L'epilogo della scorsa settimana coincide con il mio arrivo nel Salento. Batti le carte e le figure si mischiano ai semi. Quadri, cuori, fiori, picche, re, regine, cavalieri.

Inglese, Italiano. Nuvole, azzurro, sole, vento. Riprendere i fili, non solo quelli del giardino dove ho steso i panni, ma quelli della vita qui, nella terra dove sono nata. Ribattere i tasti del vecchio computer e sorprendersi che funziona ancora. Lo ringrazi dandogli una pacca sull'ingombrante monitor. Grazie a lui rimetto insieme gli appunti raccolti nei giorni passati a Londra. Una settimana passata a lavorare e a dare linfa anche a quei piccoli progetti che ti stanno a cuore.

Il mondo intero, lo scorso 29 maggio, ha ricordato la scomparsa di un grande artista della musica, Jeff Buckley. Tributi di giovani musicisti hanno avuto luogo nei locali e nei teatri di molte città. Dieci anni fa, a Memphis, decise di rinfrescarsi nelle acque del Mississipi, senza togliersi gli abiti, né gli stivali. Faceva caldo, quella sera. Il suo amico a riva cominciò a spaventarsi, quando cominciò a non distinguere più il movimento delle sue braccia. E a non udire la sua voce: come un ultimo canto riprendeva a squarciagola i versi di "What a Lotta love", straordinario manifesto sonoro dei Led Zeppelin. Robert Plant, immensa voce del gruppo, tanto l'aveva ispirato.

Ed il fatale passaggio di un battello sollevò troppa acqua, ingoiandolo. Non tornò più a riva. Ritrovarono il suo corpo dopo una decina di giorni, gonfio e irriconoscibile. In quei giorni avrebbe dovuto cominciare la registrazione del tanto atteso secondo cd, e il mondo della musica aveva perso una delle sue più grandi possibilità. Il suo unico album in studio si chiama "Grace", che vuol dire Grazia. Forse lui sapeva già tutto, quelli che non sapevano eravamo noi, probabilmente. Figlio di una leggenda, suo padre Tim Buckley, voce straordinaria degli anni '60, era morto pure lui tragicamente, di overdose, a soli 28 anni. I due si erano incontrati solo una volta. Jeff, figlio di una leggenda, ha chiuso il cerchio in una seconda leggenda. L'invidia degli dei non lo ha lasciato transitare più di tanto lì dove regna la forza di gravità, qui da noi, intendo. La sua presenza, da quelle parti, è stata reclamata ad appena trent'anni.

Ricordo una frase di Edoardo De Filippo, intento a scrivere pagine e pagine della storia del Teatro, in un'intervista disse: "Quando qualcuno se ne va in quel momento diventa punto di partenza per quelli che restano". Così è stato per Jeff Buckley, e per tutti quelli che ora si ispirano alla Grazia. Il vendo soffia, muove le cose, mentre dondolano gli abiti ad asciugare.

C'è un'altra cosa che mi piace dei miei ritorni. È osservare all'opera le mani di mia madre mentre pulisce la verdura, poi la lascia un po' a bagno nell'acqua prima di cucinarla.
La sera prima avevo osservato un altro suo rituale della domenica sera, quando mette i legumi a mollo nell'acqua. Aveva deciso per la fave bianche: senza sorpresa l'immagine delle cicorie servite con quella crema di chiari legumi aveva già dato un'anticipazione di sé. Non c'erano dubbi su ciò che avrebbe preparato per pranzo il giorno dopo.

I miei colleghi di Londra erano al corrente del mio progetto, volevo realizzare un video sulla base di una vecchia intervista. Complici del mio progetto hanno sostenuto il mio sogno. Hanno messo a disposizione telecamere, un piccolo studio di produzione, e poi tempo e cura. Non ci vuole molto per realizzare una cosa, per colmare quel vuoto che sta tra la cosa pensata a quella fatta.

Molti anni fa, lavoravo in una radio di Lecce, seppi che Jeff Buckley sarebbe venuto in Italia per un concerto, era un'occasione preziosa da cogliere. Chiamai la casa discografica, la Sony Columbia Records, per richiedere l'autorizzazione per l'intervista. Ed il permesso mi fu accordato. Si sarebbe svolta a Correggio, Reggio Emilia, paese noto per essere la patria di Luciano Ligabue. E c'era anche lui al concerto, quella sera. Incontrai Jeff Buckley nel pomeriggio, feci l'intervista, il 15 Luglio 1995, tanto tempo fa. Nessuno sa dove la vita porti, veramente.

Un giorno a Londra, 12 anni dopo, uno dei tanti musicisti che si esibiscono nei sotterranei della Metropolitana della Big City mi disse: "Ma perché non metti l'intervista nel sito di YouTube? Vorrei tanto sentirla". Lo guardai e gli dissi: "Ma sai che è una bella idea? Lo faccio, te lo prometto". Mantenni la promessa, colmando quello spazio che passa tra la cosa detta e quella fatta. Quell'intervista avevo sempre desiderato condividerla con gli altri, ed il cassetto non era certo un posto degno per quelle parole importanti.
La videointervista esiste anche nella versione con i sottotitoli in Italiano, ecco l'indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=GvYhC2zBcAY&mode=related&search=

Londra, il 29 Maggio scorso, come molte altre città del mondo ha dedicato il suo tributo all'artista, invitando musicisti pieni di talento e di musica di Buckley. Daniel Benisty ne è stato il responsabile. Il suo sito è: https://www.myspace.com/jeffbuckleylondontribute
Inoltre, è uscito da poco anche un libro curato da Giulio Casale e Luca Moccafighe, si chiama "Dark Angel - I testi di Jeff Buckley".

Ringrazio Cristina Zambruni per il lavoro che svolge da anni con la fanzine Lone Star - Jeff Buckley.

Batti le carte e i fiori danzano con i cuori, i cavalieri sposano le regine. I panni si asciugano con la luce, anche.
Buona settimana.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Memorie di stelle: dedicato a Jeff Buckley

LeccePrima è in caricamento