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Cronaca Miggiano

Rdc, vincite da gioco non dichiarate, ma perdite superiori: assolta

Al di là che possa mantenere o meno il beneficio, il gip ha stabilito che manchi l'elemento del dolo nel caso di una 47enne di Miggiano, per una condanna. Si è metà fra gioco patologico e burocrazia non sempre chiara

LECCE – Le perdite al gioco? A conti fatti, superiori alle vincite. Magari non di molto, ma comunque con il bilancio finale sempre in rosso. Ed è per questo che, almeno sul fronte del processo penale instaurato a suo carico, n’è uscita pulita con un’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”. Al centro di tutto, il riconoscimento del reddito di cittadinanza per una donna, che – per inciso – è stato revocato, dopo due anni di effettivo ottenimento.

La vicenda in questione, che vede protagonista una 47enne di Miggiano, è molto di più di una semplice sentenza di assoluzione, a fronte della richiesta della pubblica accusa di un anno di reclusione per falso. A voler ben vedere, è un piccolo trattato di sociologia che racchiude un intero spaccato della vita contemporanea, spaziando dal grave fenomeno del gioco patologico che devasta intere famiglie, fino alla burocrazia, con tutti i suoi termini di ardua – a volte impossibile – comprensione alle orecchie del comune cittadino. A meno di non essere confortati dalla consulenza di un esperto in grado di decifrare codici, codicilli, terminologia. Cosa non sempre accessibile alle tasche di tutti.   

È probabilmente da leggere in questi termini una recente sentenza emessa in un processo con rito abbreviato dal giudice per le indagini preliminari Alcide Maritati in favore di una donna del basso Salento, difesa dall’avvocato Tony Indino. Proprio quest’ultimo è stato in grado di dimostrare che le perdite in quei due anni erano state superiori alle vincite, riuscendo, quindi, a ridisegnare la storia, dandole un’altra connotazione. Inconsapevole, lei, dell’errore commesso. Tanto che il giudice l’ha riconosciuto, rilevando l’assenza del dolo, nel caso specifico determinante ai fini di un verdetto di assoluzione o colpevolezza.

Omessi ricavi per 15mila euro

In sintesi, la 47enne, nell’istanza per ottenere il reddito di cittadinanza, aveva omesso di dichiarare ricavi da vincite online, avvenute prima della presentazione della domanda, fra il 2017 e il 2018, per quasi 15mila e 400 euro, oltre a variazioni mobiliari del patrimonio familiare. Chiesto e ottenuto dal legale il rito abbreviato, il giudice ha rilevato l’insussistenza del cosiddetto elemento psicologico del reato. Insomma, non ci sarebbe stata consapevolezza.

Il giudice Maritati ha riconosciuto come vero il fatto che la 47enne non avesse dichiarato le vincite ottenute su piattaforme online, formalmente riconosciute come redditi diversi, alla cui indicazione, secondo l’Agenzia delle entrate, è tenuto qualunque dichiarante all’atto della presentazione della domanda. Ma ha anche accertato come  non vi sia stato alcun reale introito per lei e per i famigliari che convivono. Le perdite, infatti, sono state sempre più alte rispetto alle vincite. Insomma, la donna avrebbe dovuto indicare le risultanze nelle dichiarazioni allegate, tuttavia in questo caso è stata rilevata l’assenza del dolo. Ma perché?

La normativa fiscale prevede che l’importo totale vinto vada considerato come reddito senza possibilità di deduzioni. Ma, ha rilevato il giudice, non sempre il cittadino è consapevole di tale quantificazione, specie a fronte di continue giocate. Come nel caso in questione. Ogni vincita, infatti, era seguita da un immediato reinvestimento dei soldi. Un meccanismo perverso che, come ben si sa, il più delle volte porta solo e soltanto alla perdita di quanto investito.

Ma le perdite erano superiori

Il gip Maritati, in tutto questo, ha sentenziato come non sia certo che la donna fosse consapevole dell’obbligo di comunicare gli importi vinti, visto anche che accompagnati da perdite superiori. Il modello per la dichiarazione sostitutiva unica, peraltro, risulterebbe complesso e necessiterebbe di un addetto ai lavori per un’interpretazione, visto che non prevede espressamente una parte per “una vincita da giochi e scommesse”, essendovi invece il riferimento a “redditi assoggettati a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d’imposta”. Tra i quali rientrano le vincite al gioco, secondo quanto rilevato dai finanzieri di Tricase. Ma, appunto, vallo a spiegare.

Tant’è. Il gip ha riscontrato come siano stati riportati dati reddituali patrimoniali e famigliari su cui non sono stati sollevati dubbi in termine di falsità. Tantomeno, vi sarebbe stata omissione di “informazioni dovute”, mancando chiarezza circa le vincite ottenute in misura inferiore agli importi giocati. Assolta, dunque, dal reato penale. A prescindere dal diritto o meno a mantenere il beneficio del reddito di cittadinanza. Aspetto, quest’ultimo, che non compete al giudice, ma alle autorità competenti.

Va detto che il riferimento al gioco patologico non appare mai apertamente segnalato, nella sentenza, ma è un fatto evidente, come da descrizione del caso. E, forse, è uno degli aspetti più significativi e sui quali riflettere, visto che incide profondamente nella vita di molte, troppe persone. Al punto di portare persino alle conseguenze più estreme, quelle di ritrovarsi davanti a un giudice. 

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