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Cronaca Via Taranto

Nel più grande murales della città Vittorio Bodini torna protagonista. Lungo sette piani

L'opera è stata realizzata in quattro giorni da un artista leccese su una superficie di 240 metri quadrati di un palazzo che si trova in via Taranto. Un verso del poeta ammonisce sull'immobilismo di un certa cultura autoreferenziale

LECCE – V come Vittorio. Bodini. Evocato, più che studiato, dai leccesi, il poeta, saggista e traduttore è il protagonista del più grande murales che la città abbia mai conosciuto e che verrà “scoperto” lunedì prossimo. E' stato realizzato in quattro giorni da Chekos’Art su una superficie di 240 metri quadrati lungo il muro laterale di un palazzo di sette piani, in via Taranto, con la complicità della 167B/Street crew. L’artista leccese non è certo nuovo a imprese simili: all’estero, anche di recente, ha lavorato su commissioni pubbliche e private.

L’idea è nata per caso. Un uomo che vive nell'edificio, Giorgio Leaci, ha affittato un locale situato al piano terra a due donne che hanno messo su un laboratorio di candele naturali. Dallo scambio quotidiano di idee e proposte su come rivitalizzare un immobile piuttosto abbandonato a se stesso, è venuta fuori la soluzione di un murales. E non è stato poi difficile convincere gli altri inquilini della bontà dell'iniziativa.

A poche decine di metri dall'edificio si trova lo stabile dove all’inizio dell’anno trovarono la morte Veronica Piggini e Riccardo Martina, due clochard conosciuti per i loro modi affabili e la loro indefessa ricerca di dignità. Una storia sostanzialmente già archiviata dall’immaginario collettivo. E con la memoria fragile, talvolta indifferente, di questa terra ha certamente a che fare la scelta del verso di Bodini che campeggia accanto alla figura del poeta: Un monaco rissoso vola tra gli alberi. Un verso sciolto che allude a San Giuseppe da Copertino, il santo dei voli, con il quale l’uomo di lettere volle polemizzare con l’immobilismo della cultura della sua città.

Pur essendo nato a Bari, ma da famiglia leccese, Bodini tornò nel capoluogo salentino dopo la morte del padre, già all’età di tre anni e con Lecce ebbe un legame profondo e allo stesso tempo critico durante le varie fasi della sua vita, che lo videro attivo protagonista culturale del Novecento: oltre che per le sue produzioni letterarie (ad esempio La luna dei borboni del 1952 e Dopo la luna del 1956)  si è distinto come uno di più accurati traduttore di autori spagnoli: a Madrid soggiornò dal 1946 alla primavera del 1949. Dalla sua mano vennero memorabili traduzioni del Don Chisciotte di Cervantes, delle opere di Rafael Alberti e dei versi di Federico Garcia Lorca.

Il murales, nel quale trova spazio anche una poesia, è in continuità con quello, di dimensioni più modeste, realizzato tempo addietro nel rione di Santa Rosa e raffigurante un altro illustre leccese, Carmelo Bene, che nella toponomastica cittadina trova spazio solo per l’intitolazione riservatagli dell’anonimo parcheggio dell’ex Foro Boario. Si tratta quindi di affidare ad una tecnica artistica facilmente intellegibile ai più giovani, il compito di riannodare i fili di un territorio con i suoi migliori protagonisti sul piano culturale, trascurati, quando non ignorati e poi recuperati spesso in maniera approssimativa e posticcia. Non per una proposizione di una salentinità fine a se stessa e per giunta inconcludente, ma per aprire la città ad un reale confronto con tutto quello che accade oltre i suoi “barocchi” confini. Barocchi anche in senso psicologico.

Per chi percorre via Taranto in direzione nord, il palazzo si offre in prospettiva, data l’assenza di costruzioni alte nelle vicinanze. E da lunedì, smontate le impalcature, sarà quindi visibile anche a centinaia di metri di distanza. I ragazzi che giocano per strada, gli automobilisti annoiati dalla routine quotidiana, i forestieri di passaggio non potranno fare a meno di guardarlo. E solo qualcuno tra loro farà userà un motore di ricerca, magari sul suo stesso smartphone all’ultima moda, per capire chi è stato Vittorio Bodini, dal punto di vista culturale l’obiettivo sarà raggiunto.

Intanto un pezzo di periferia dove solo i Cantieri teatrali Koreja svolgono da anni un lavoro pionieristico, acquisisce un pezzo di identità, di distinzione rispetto al grigiore periferico e di consapevolezza che un’altra città è sempre possibile. Basta prendere gli esempi giusti.

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