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Cronaca

Dopo il no del Senato all’uso delle intercettazioni, arriva l’archiviazione per Roberto Marti

Chiuso il fascicolo che vedeva indagato il senatore leccese della Lega Nord per presunti illeciti commessi nell’assegnazione nel 2015 di un immobile confiscato alla criminalità organizzata al fratello di un boss della Scu

LECCE - Era indagato per tentato abuso di ufficio, falso ideologico aggravato e tentato peculato in concorso, in merito all’assegnazione nel 2015 di un immobile confiscato alla criminalità organizzata ad Antonio Briganti, fratello del boss della Sacra Corona Maurizio.

Ma per lui, il senatore leccese della Lega Nord Roberto Marti, non ci sarà alcun processo. Dopo il no del Senato (in linea alla proposta avanzata dalla Giunta delle immunità parlamentari) a utilizzare le intercettazioni che riguardavano anche gli ex assessori e consiglieri comunali Attilio Monosi e Luca Pasqualini (nei riguardi dei quali è ancora in corso il giudizio di primo grado nell’ambito della maxi inchiesta su case popolari assegnate in cambio di voti), la Procura di Lecce aveva gettato la spugna e chiesto l’archiviazione. E l’istanza è stata accolta ieri dalla gip Alessandra Sermarini.

A determinare le scelte della magistratura che ha atteso a lungo una risposta da parte degli organi competenti circa la possibilità di utilizzare i colloqui del politico, ritenuti “eloquenti”,  è stata proprio la negazione di poter sfruttare quel materiale. Alla fine, infatti, furono ammessi solo alcuni messaggi scambiati con un presunto collettore di voti.

Nella prima istanza per chiedere il loro uso, avanzata nel febbraio del 2019, il gip dell’epoca Giovanni Gallo ritenne  che tutte le intercettazioni potessero essere impiegate, poiché essendo casuali e fortuite, non necessitavano di una autorizzazione preventiva.

La  Giunta delle immunità, però, diede ragione ai difensori, gli avvocati Pasquale e Giuseppe Corleto, che sottolinearono in una memoria come il nome di Marti comparisse già nell’informativa depositata dalla Guardia di Finanza nel 2014, quando era deputato, e si sospettava l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata all’assegnazione di alloggi popolari in cambio di voti. Ma la sua iscrizione sul registro, tuttavia, sarebbe avvenuta solo nel 2017.

Il procedimento si è chiuso dunque per ragioni puramente tecniche, ma che di certo non soddisfano il bisogno di verità.

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