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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca Gallipoli

Omicidio di Gallipoli, Marco Barba confessa e accusa la figlia Rosalba

Interrogatorio di garanzia per "U Tannatu", che ha raccontato di aver agito per gelosia, senza alcuna premeditazione

LECCE – Si è svolto questa mattina, nel carcere di Bari, l’interrogatorio di garanzia di Marco Barba, alias “Tannatu”, il 44enne gallipolino accusato dell’omicidio di Khalid Lagraidi. Barba, assistito dall’avvocato Fabrizio Mauro, ha ammesso di aver ammazzato il 41enne, un commerciante ambulante di origini marocchine, ma ha negato di aver agito con premeditazione e ha contestato le modalità contestate dall’accusa, cioè di aver gito “soltanto per una partita di hashish da spacciare non ancora pagata”.

“U Tannatu”, che ha chiesto scusa alla famiglia della vittima, ha spiegato al gip Giovanni Anglana del Tribunale di Bari (dinanzi cui si è svolto l’interrogatorio di garanzia per rogatoria) di aver agito per gelosia, dopo aver scoperto che la figlia Rosalba aveva intrecciato una relazione sentimentale con la vittima.

Barba-Marco-6E’ stata proprio la figlia, tormentata dal rimorso, a recarsi dai carabinieri per denunciare l’omicidio. La giovane donna, accusata di concorso in occultamento di cadavere, ha poi confermato le accuse in sede di incidente probatorio nel marzo scorso. Da lì si è sviluppata l’indagine coordinata dal pubblico ministero Alessio Coccioli e condotta dai carabinieri di Gallipoli, guidati dal tenente Francesco Battaglia, che ha portato all’esecuzione nei confronti del 44enne di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. Nel corso dell’interrogatorio, però, è stato il padre ad accusare la figlia, raccontando al giudice che la stessa avrebbe avuto un ruolo attivo nell’omicidio e nel tentativo di far “sparire” il cadavere, immerso in un fusto pieno di acido.

L’omicidio risale allo scorso 23 giugno. A incastrare l'assassino anche alcune intercettazioni ambientali in carcere, registrate nel corso dei colloqui tra Barba e la moglie. Secondo l’accusa, per disfarsi del corpo del marocchino il 44enne si sarebbe procurato, oltre bidone e alla calce, anche un centinaio di bottiglie di acido muriatico. Una soluzione che avrebbe eliminato, secondo i suoi piani, ogni traccia. Tesi che avvalora secondo gli inquirenti la premeditazione.

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