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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Copertino

Omicidio dell’ex carabiniere, negati ancora una volta i domiciliari al presunto assassino

La Corte d’Assise di Lecce ha respinto la richiesta di Michele Aportone, 71enne di San Donaci, ritenendo che le sue condizioni di salute non siano incompatibili con la detenzione carceraria e siano ancora gravi le esigenze cautelari

COPERTINO - Resta in carcere Michele Aportone, il 71enne di San Donaci accusato di aver assassinato con un fucile da caccia Silvano Nestola, carabiniere in quiescenza di 45 anni, la sera del 3 maggio del 2021, mentre lasciava casa della sorella col figlio di undici anni, a Copertino. A deciderlo stavolta è stata la Corte d’Assise di Lecce, dinanzi alla quale è in corso il processo.

Nonostante il parere favorevole ai domiciliari espresso dal pubblico ministero Alberto Santacatterina, il  collegio presieduto dal giudice Pietro Baffa (a latere, la collega Maria Francesca Mariano e i giudici popolari) ha ritenuto che le condizioni di salute dell'imputato non siano incompatibili con la detenzione carceraria. Valutazione questa che fa i conti con le conclusioni del medico legale Alberto Tortorella, incaricato nei giorni scorsi dalla stessa Corte di visitare Aportone nel penitenziario di Bari, dove è detenuto.

Secondo il consulente, al vaglio del quale è finita anche tutta la documentazione medica, i malesseri riscontrati nell’uomo non avrebbero alcun rilievo neanche sotto il profilo psichiatrico.

Così, in linea alle decisioni già prese dal tribunale del Riesame e dalla Corte di Cassazione, i giudici hanno respinto la richiesta avanzata attraverso l’avvocata Francesca Conte, anche considerando le esigenze cautelari ancora gravi e specifiche.

Il 20 dicembre si aprirà la fase istruttoria con l’ascolto dei carabinieri che effettuarono il sopralluogo sulla scena del crimine e quelli che acquisirono i filmati ripresi dalle telecamere per ricostruire i movimenti dell’imputato nelle ore precedenti all’omicidio.

Stando alle carte dell’inchiesta, Aportone avrebbe pianificato l’eliminazione di Nestola perché non accettava che la figlia Elisabetta, all’epoca 37enne, avesse una relazione sentimentale con lui, al punto da controllare gli spostamenti della donna attraverso un gps piazzato di nascosto nella sua vettura.

Secondo gli inquirenti, inoltre, per raggiungere il luogo del delitto, il 71enne avrebbe usato due mezzi per eludere le indagini: un furgone con il quale avrebbe compiuto solo una parte del tragitto per Leverano, e successivamente lo scooter caricato all’interno dello stesso furgone e di cui poi si sarebbe disfatto, quattro giorni dopo, sezionandolo e bruciando alcuni pezzi.

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