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Cronaca Copertino

Omicidio dell’ex carabiniere, a giudizio il presunto assassino

Il processo a Michele Aportone, il 71enne di San Donaci accusato di aver ammazzato Silvano Nestola la sera del 3 maggio del 2021, inizierà a ottobre. Respinta l’istanza di rito abbreviato

COPERTINO - Si aprirà il 18 ottobre dinanzi alla Corte d’Assise di Lecce il processo a Michele Aportone, il 71enne di San Donaci accusato di aver assassinato con un fucile da caccia Silvano Nestola, ex carabiniere di 45 anni, la sera del 3 maggio del 2021, mentre lasciava casa della sorella col figlio di undici anni, a Copertino.

Il rinvio a giudizio è stato disposto in mattinata dal giudice Marcello Rizzo, al quale in via cautelare l’avvocata Francesca Conte aveva presentato istanza di rito abbreviato, pur consapevole, come infatti è stato, che sarebbe stata respinta poiché il rito speciale è inammissibile per legge per reati punibili all’ergastolo. La legale, però, non ha voluto lasciare nulla di intentato per due ordini di ragioni: il primo, è perché nel frattempo la norma potrebbe subire delle modifiche, ma anche perché nel processo potrebbero non venire riconosciute proprio quelle aggravanti contestate al reato di omicidio, per le quali Aportone rischia il massimo della pena.

Durante l’udienza, la difesa ha inoltre presentato istanza di alleggerimento della misura cautelare (dal carcere ai domiciliari), facendo leva sia sull’età che sulle condizioni di salute del suo assistito. Sul punto, il giudice deciderà nei prossimi giorni.

Durante l’udienza preliminare, alcuni familiari della vittima si sono costituiti parte civile con gli avvocati Enrico Cimmino e Vincenzo Maggiulli. 

Nell’inchiesta era coinvolta anche la moglie di Aportone, Rossella Manieri, di 63 anni, ma uscì di scena già nella fase di conclusione delle indagini, quando la pubblico ministero Paola Guglielmi, titolare del fascicolo con il collega Alberto Santacatterina, stralciò la sua posizione e chiese l’archiviazione al gip.

La donna finì sul registro come complice del coniuge, essendo emersa durante gli accertamenti (in particolare da un file audio trovato nel cellulare di Nestola), la sua ostilità nei riguardi della vittima che aveva invitato in più occasioni, con toni piuttosto duri, a tenersi lontano dalla figlia con cui aveva allacciato una relazione sentimentale.

Ma  gli elementi raccolti risultarono insufficienti a sostenere l’accusa in giudizio.

Gli inquirenti non ebbero dubbi, invece,  sulla responsabilità dell’uomo: avrebbe “eliminato” Nestola perché non accettava il rapporto con la figlia Elisabetta, di 37 anni, e nella cui autovettura aveva piazzato un gps proprio per monitorare, insieme alla consorte, ogni suo spostamento.

In soli 35 giorni (dal 27 marzo al 2 maggio del 2021) la posizione della vettura utilizzata dalla donna fu controllata 571 volte dall’utenza in uso a Manieri (più di sedici volte al giorno, una volta ogni ora e mezza) e 134 dall’utenza in uso al 70enne (quasi quattro volte al giorno).

Stando alle indagini, per raggiungere il luogo del delitto, Aportone avrebbe usato due mezzi: un furgone con il quale avrebbe compiuto solo una parte del tragitto per Leverano, e successivamente lo scooter caricato all’interno dello stesso furgone e di cui poi si sarebbe disfatto, quattro giorni dopo, sezionandolo e bruciando alcuni pezzi.

Per la difesa, la ricostruzione degli inquirenti è basata su mere ipotesi, ma la tesi accusatoria finora è stata condivisa sia dal giudice Sergio Tosi, firmatario dell’ordinanza di custodia cautelare, che dal Tribunale del Riesame che confermò la misura in carcere.

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