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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Copertino

Omicidio dell’ex carabiniere, il processo entra nel vivo. In aula, il presunto assassino

Ascoltati il medico legale che svolse l’autopsia sul corpo di Silvano Nestola, ucciso con un fucile da caccia la sera del 3 maggio del 2021, e l’investigatore che coordinò le indagini

COPERTINO - Entra nel vivo con l’ascolto dei primi testi il processo sull’omicidio di Silvano Nestola, carabiniere in congedo di 45 anni, avvenuto la sera del 3 maggio del 2021, mentre lasciava casa della sorella col figlio di undici anni, in contrada Tarantino, una zona di campagna fra Copertino e San Pietro in Lama.

Oggi in aula, seduto al fianco della sua legale, l’avvocata Francesca Conte, c’era anche l’imputato, Michele Aportone, il 71enne di San Donaci accusato di aver sparato con un fucile da caccia per quattro volte contro la vittima, perché non accettava la relazione con sua figlia Elisabetta, all’epoca dei fatti 36enne.

L’udienza dinanzi alla Corte d’Assise di Lecce, composta dal presidente Pietro Baffa, dalla collega Maria Francesca Mariano e dai giudici popolari, si è aperta con l’ascolto del medico legale Roberto Vaglio che ha fornito tutti i dettagli del sopralluogo svolto quella sera, insieme ai carabinieri, alla procuratrice aggiunta Elsa Valeria Mignone e alla sostituta Paola Guglielmi, alla quale furono affidate le indagini con il pubblico ministero Alberto Santacatterina.

Il consulente ha chiarito come attraverso l’autopsia fu possibile stabilire che Nestola fu raggiunto da una scarica di numerosi pallini che gli provocarono una quarantina di lesioni sul corpo, prevalentemente all’addome e al torace. Fatale fu la lacerazione dell’aorta che gli causò uno shock emorragico.

L’arma non fu mai ritrovata, ma per investigatori e inquirenti, a imbracciarla fu senza dubbio l’imputato. A spiegare alla Corte i motivi per i quali l’inchiesta sia arrivata a questa conclusione è stato il tenente Giuseppe Boccia (oggi a capo della prima sezione del Nucleo investigativo dei carabinieri di Lecce) che coordinò le indagini. Il teste ha spiegato che la pista di possibili ritorsioni da parte della criminalità organizzata apparse remota sin dall’inizio, poiché il collega era in congedo e, oltretutto, in precedenza, era stato in servizio presso il nucleo informativo, svolgendo dunque mansioni d’ufficio.

Attraverso l’ascolto dei familiari, che riferirono di un rapporto sentimentale complicato con Elisabetta Aportone, e dall'analisi del contenuto del telefono cellulare della vittima, si fece largo la “pista personale”. In particolare, da una chat sarebbe emersa la contrarietà della madre della donna alla relazione con l’ex militare.

Le intercettazioni saranno affrontate in modo più dettagliato nella prossima udienza che si celebrerà il 17 gennaio, e durante la quale, il pm Santacatterina chiederà la trascrizione di un file particolarmente “eloquente” trovato nel cellulare di Nestola. Si tratta della registrazione di una discussione avuta di persona da quest’ultimo proprio con la madre di Elisabetta, Rossella Manieri (inizialmente indagata col marito, ma poi la sua posizione fu archiviata) e di cui abbiamo dato notizia in un precedente articolo.  

Il processo sull'omicidio dell'ex carabiniere

Il tenente Boccia ha anche spiegato come durante le perquisizioni, fu rinvenuto il gps che Aportone avrebbe piazzato di nascosto nell’auto della figlia per monitorare, insieme alla consorte, ogni suo spostamento.

In soli 35 giorni (dal 27 marzo al 2 maggio del 2021) la posizione della vettura utilizzata dalla donna sarebbe stata controllata 571 volte dall’utenza in uso a Manieri (più di sedici volte al giorno, una volta ogni ora e mezza) e 134 dall’utenza in uso al 70enne (quasi quattro volte al giorno).

Fondamentali a mettere insieme tutti i tasselli del quadro accusatorio, furono le telecamere di sorveglianza. Oltre a quella che consentì di sentire gli spari e di fissare alle 21.52 l’ora del delitto, i militari acquisirono tutti i dispositivi posizionati dall’area camping gestita dal 71enne, fino all'abitazione della sorella di Nestola. La visione fu facilitata dall’assenza di traffico in quel periodo dovuto al coprifuoco imposto alle 22 per contenere la diffusione del covid.

Il tenente ha spiegato che dai filmati si vede un furgone bianco uscire dall’area camping e percorrere la strada per Copertino; si nota che, durante il tragitto, il conducente scende e apre i portelloni posteriori del mezzo; poi si rimette alla guida ma, a un certo punto si perdono le tracce; da quella stessa area, però, spunta uno scooter che raggiunge le vicinanze di casa della sorella di Nestola,

In aula, è stata proiettata la mappa con i possibili percorsi che l’assassino avrebbe fatto a piedi, attraversando la campagna fino all’abitazione dove si trovava l’ex militare, che avrebbe atteso nascosto dietro a un cespuglio, per poi compiere, subito dopo il delitto, il percorso a ritroso. Insomma, secondo gli investigatori, una prima parte del tragitto sarebbe stata fatta col furgone, quella successiva con il ciclomotore trasportato sullo stesso mezzo.

Il tenente ha dichiarato che alcune immagini di uno scooter Piaggio blu analogo a quello ripreso dai filmati furono trovate nel cellulare della moglie dell’imputato, ma durante le perquisizioni fu rinvenuto solo due ruote già sezionato e in parte bruciato.

Altro dato di rilievo, per il teste, fu la presenza di vernice blu nel cofano del furgone bianco di Aportone.

Per la difesa si tratta di mere congetture, considerato che l'arma non fu mai trovata, che le fattezze fisiche del conducente dello scooter non sono rilevabili dai filmati e che non è mai stato trovata traccia di contatti tra vittima e imputato. La legale si è inoltre riservata di ritornare sulla "mappa del delitto" tracciata dagli inquirenti, per segnalare l'esistenza di ulteriori percorsi alternativi che non sarebbero stati presi in considerazione.

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