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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Omicidio Filieri, in appello chiesto il carcere a vita per i presunti esecutori

Giuseppe Fiorito e Raimondo De Simone sono accusati dell'uccisione di Antonio Filieri, che risale al settembre del 1997. Il delitto sarebbe scaturito per dissidi nell'ambito della gestione di attività illecite del clan Dell'Anna

LECCE – La parola ergastolo è risuonata per due volte anche nell'aula della Corte d'assise d'appello di Lecce. Il sostituto procuratore generale Claudio Oliva ha chiesto il carcere a vita per i presunti autori dell'omicidio di Antonio Filieri, avvenuto in via Bonfante a Nardò il 2 settembre 1997. Un delitto scaturito, secondo l'accusa, per dissidi nella gestione delle attività illecite del clan Dell'Anna nel territorio neretino e attribuito a Giuseppe Durante (il presunto mandante, la cui posizione è stata però stralciata ed è ancora al vaglio degli inquirenti), Giuseppe Fiorito e Raimondo De Simone come autori materiali (entrambi presenti in aula). Risale al 9 febbraio del 2012 la condanna in primo all’ergastolo.

Le indagini sull'omicidio di Antonio Filieri rientrano nell'inchiesta battezzata "Maciste 2", condotta dai carabinieri del Ros e dalla polizia di Lecce, e che ha portato, nel settembre del 2009 all'esecuzione di ben 38 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse su richiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo salentino, per numerosi omicidi e tentati omicidi aggravati dal metodo mafioso.

Le indagini, incentrate sui principali capi storici della frangia leccese della Sacra corona unita, furono avviate nel 2002 e consentirono di ricostruire, anche sulla base delle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, i moventi, gli autori e i mandanti di oltre 18 omicidi e 10 tentati omicidi commessi durante la guerra di mafia che determinò il cruento scontro armato per il controllo del territorio che, dal 1987 al 2002, vide contrapposti gli storici sodalizi leccesi della Scu. Un'inchiesta che, attraverso le pagine degli atti giudiziari, ripercorre un pezzo di storia recente del Salento. Anni segnati da lotte spietate, capaci di lastricare di sangue la "terra tra i due mari" e in cui la vita umana poteva valere meno di un proiettile.

Si tratta di un processo in cui pesano le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia: Salvatore Carmine Greco e Franco Vincenti. Il primo ha ripercorso i drammatici fatti di quel giorno, raccontando di aver appreso della volontà di far fuori Filieri e di come il gruppo di fuoco fosse composto proprio da Fiorito e De Simone. Vincenti, elemento di spicco della criminalità organizzata salentina (parente di Angelo Vincenti, il boss accusato di essere il mandante degli attentati avvenuti a Lecce nel ‘92: quello contro il rapido per Zurigo e ai danni del Palazzo di giustizia), arrestato nell'aprile del 2001 nell'ambito della cosiddetta "Operazione Arpia", ha ripercorso la sua carriera criminale, soffermandosi sulla sua affiliazione prima come "trequartino" e poi come "diritto al medaglione con catena", uno dei livelli più alti nella piramide della Sacra corona unita.

"La mia affiliazione – ha spiegato Vincenti ai giudici – avvenne in una saletta di via Casale Cerrate a Lecce, alla presenza di Franco Dell'Anna, fratello del boss Marcello. Avevo carta bianca sugli altri affiliati e anche in carcere ero uno che aveva pieno titolo, ero rispettato". Secondo il "pentito" l'omicidio di Filieri sarebbe scaturito nell'ambito di contrasti legati alle attività criminali nel territorio di Nardò, dopo che lo stesso era passato dal gruppo facente capo a Durante, a quello di Dell'Anna. Un "tradimento" pagato con il sangue.

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