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Cronaca

Omicidio Giannone, condanna all'ergastolo per Monaco

S'è concluso oggi il processo per l'omicidio di Antonio Giannone, il 25enne leccese ucciso a colpi di pistola il 6 aprile 2009 dall'ex pentito della Scu Giampaolo Monaco. Accolte le richieste del pm

LECCE - Carcere a vita per Giampaolo Monaco. Questa la dura condanna che è stata inflitta all'ex pentito dal gup Nicola Lariccia, davanti al quale si è celebrato il giudizio con il rito abbreviato per l'omicidio di Antonio Giannone. Un verdetto che ha ricalcato le richieste avanzate dal pubblico ministero Guglielmo Cataldi nel corso della sua requisitoria. Il giudice ha escluso l'aggravante di aver commesso il fatto con le modalità mafiose, condividendo l'ipotesi che il delitto sia maturato per vicende private che prescindono dalla dinamiche della criminalità organizzata. Esclusa anche quella di aver agito per futili motivi. Per il resto, le contestazioni formulate dalla Procura sono state pienamente confermate. Il gup ha inoltre disposto una provvisionale di 25 mila euro a testa per ciascuna parte civile costituita, in questo caso i genitori della giovane vittima. Il loro legale, l'avvocato Francesco Maggiore, aveva chiesto una provvisionale di un milione di euro.

"Siamo soddisfatti per l'esito del giudizio", ha affermato l'avvocato, "ma di certo questa storia non finisce qui. E' noto come siano in corso ulteriori indagini per svelare i retroscena di quest'omicidio. Giampaolo Monaco non può aver fatto tutto da solo". Ed infatti un testimone ha riferito che quella sera Monaco era in compagnia di un complice, che incappucciato ha assistito all'omicidio.

Il difensore dell'imputato, l'avvocato Sergio Luceri, aveva cercato di alleggerire per quanto possibile la posizione processuale del suo assistito. Pur trovando accoglimento l'esclusione delle due aggravanti delle modalità mafiose e dei futili motivi, non è stata riconosciuta l'attenuante della provocazione. E' stato più volte sostenuto come la famiglia di Monaco sia stata frutto di numerose intimidazioni, fin da quando Giampaolo nel 2004 ha iniziato a collaborare con la giustizia. Il pestaggio ai danni del fratello Mirko da parte di Antonio Giannone sarebbe stato solo la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Il difensore sperava, invece, nella concessione dell'attenuante per la collaborazione che Monaco avrebbe fornito agli inquirenti dopo l'omicidio. Oltre ad ammettere di esserne il responsabile, "Gianni coda" avrebbe anche permesso di individuare colui che gli avrebbe procurato dopo l'evasione la pistola con la quale uccise Giannone, ossia Franco Ventura, 40enne di Cassano d'Adda, in provincia di Milano.

Era la sera del 6 aprile 2009 quando avvenne l'omicidio. Intorno alle 22,30, Giampaolo Monaco, evaso dalla località protetta per vendicare l'aggressione subita dal fratello, si recò al civico 14 di via Terni. Al sesto piano di quella palazzina abitava Carmelina Salierno, ed insieme a lei c'era Giannone, il suo compagno. Non appena il 25enne aprì la porta di casa, fu raggiunto alla tempia da due colpi di pistola.

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