rotate-mobile
Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Giannone, Monaco: "Volevo ucciderli tutti"

L'ex killer della Scu conferma: la pistola procuratagli dal 41enne Franco Ventura. Ed ha spiegato al pm di aver girato a lungo per Lecce. Voleva freddare tutti quelli che avevano offeso la famiglia

LECCE - "Bastardo". Carmelina Salierno l'ha gridato forte e chiaro nell'aula della Corte d'Assise, dove si sta svolgendo il processo per l'omicidio del suo ex compagno, il 25enne leccese Antonio Giannone. Parole rivolte a Giampaolo Monaco, ex killer della Scu, reo confesso dell'omicidio del giovane, conosciuto dagli amici come "Antonio Palla", per il quale è già condannato all'ergastolo. Monaco, alias "Gianni Coda", è stato chiamato oggi come testimone nel processo contro il 41enne Franco Ventura, accusato di avergli procurato l'arma per uccidere il giovane leccese, freddato con due colpi al volto il 6 aprile 2009 al sesto pianco di una palazzina di via Terni, alla periferia di Lecce.

E' comparso per la prima volta in un´aula aperto al pubblico, Giampaolo Monaco. Ha risposto alle domande del pubblico ministero Guglielmo Cataldi in maniera sicura, senza il minimo tentennamento. Una ricostruzione dettagliata e particolareggiata del contesto nel quale è maturato l'omicidio. Il movente, sempre quello. Monaco è fuggito dalla località protetta, un appartamento di Torino, per vendicare il pestaggio che il fratello Mirko subì tempo prima da Giannone. Ma non solo per quello. Era sua intenzione fermare tutte quelle intimidazioni dirette ai suoi familiari e conseguenti al fatto che lui aveva collaborato con la giustizia.

"Quando seppi dell'aggressione subita da Mirko persi completamente la testa: gli dissi di andare a farsi medicare, e che ci avrei pensato io". Allora nella mente di "Gianni Coda" si fece strada l'idea dell'esecuzione. "Non avevo armi e iniziai a cercare qualcuno che mi potesse procurare una pistola". Dopo due tentativi andati a vuoto, secondo Monaco sarebbe stato proprio Ventura a consegnargli la pistola, portandogliela direttamente a Torino. Il presunto complice gli avrebbe detto che doveva recarsi a Torino per sistemare "alcune faccende": in altre parole, due omicidi. Che però non furono mai commessi. Così Monaco arrivò a Lecce il giorno prima dell'assassinio. Dopo, rimase in città per una decina di giorni per cercare tutti quelli che avrebbero dato fastidio alla sua famiglia. Però in giro c'erano troppe forze dell'ordine, e allora decisa di scappare. Ha dunque confermato il ruolo di Ventura, Moanco: gli avrebbe anche fornito una carta d´identità falsa per la sua latitanza. Finita poi nel maggio 2009, quando venne catturato alla stazione di Bologna dagli agenti della squadra mobile.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Omicidio Giannone, Monaco: "Volevo ucciderli tutti"

LeccePrima è in caricamento