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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Greco, i due arrestati rimangono in silenzio dinanzi al gip Brancato

Hanno scelto la via del silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere, Marcello Padovano, 53enne, e Nicola Greco, 44enne, arrestati per l'omicidio di Carmine Greco, Solo Padovano ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee affermando che non aveva alcun potere all'interno del clan

LECCE – Hanno scelto la via del silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere, Marcello Padovano, 53enne, e Nicola Greco, 44enne, accusati di essere rispettivamente uno dei mandanti e degli esecutori dell’omicidio di Carmine Greco, commesso il lontano 13 agosto 1990. I due sono comparsi dinanzi al gip Vincenzo Brancato per l'interrogatorio di garanzia. Solo Padovano, alias “brioscia”, ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee affermando che non aveva alcun potere all’interno del clan (anche per i suoi problemi legati alla tossicodipendenza), e mai avrebbe potuto commissionare un omicidio. In quegli anni a dettare legge a Gallipoli e in una vasta zona del Salento, era il clan Padovano, capeggiato dal boss Salvatore (alias Nino bomba). Al suo fianco il fratello Rosario, già condannato all’ergastolo come mandante degli omicidi di Salvatore Padovano e dello stesso Greco. I legali di Marcello Padovano, gli avvocati Giovanni e Gabriele Valentini hanno presentato istanza di scarcerazione per il loro assistito, affetto da una grave patologia incompatibile con il sistema carcerario.

Greco, invece, è rimasto in silenzio. Una scelta legata, con ogni probabilità, a una scelta processuale. I suoi legali, gli avvocati Massimiliano Petrachi e Umberto Leo, dopo aver acquisito gli atti presenteranno ricorso al tribunale del Riesame, in particolare sull'insussistenza delle esigenze cautelari a un quarto di secolo dall'omicidio. Quella di Nico Greco (appena ventenne all’epoca) è considerata dagli inquirenti una delle figure in ascesa nel panorama criminale salentino. Nell’operazione Eclisse, condotta dalla Dda di Lecce, viene tratteggiato come elemento predominante nella zona 167 di Lecce. Greco, in particolare, avrebbe approfittato della detenzione di Briganti e dell’esautorazione di Nisi per riprendere l’attività di spaccio di stupefacenti. Ipotesi che però non hanno trovato riscontro. Nicola Greco-2-2

Le indagini sull'omicidio, a distanza di quasi un quarto di secolo, sono state condotte dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura di Lecce (al comando del tenente colonnello Antonio Massaro). Padovano Il primo è stato arrestato nella sua abitazione di Gallipoli, il secondo è stato bloccato alla guida di un furgone a Lecce. Nei loro confronti è stata eseguita un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Vincenzo Brancato su richiesta del sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone. Un'inchiesta lunga e complessa, che a distanza di tanti anni ha ricostruito, tassello dopo tassello, contesto e modalità dell'omicidio, avvalorando o confutando le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: Marco e Giuseppe Barba, Simone Caforio e Giorgio Manis. Lo stesso procuratore Cataldo Motta ha sottolineato l'abilità investigativa del colonnello Massaro e dei suoi uomini.

Marcello Padovano-2Un delitto, quello di Greco, avvenuto nell'ambito della gestione del traffico di sostanze stupefacenti. Greco, avrebbe “spacciato ingenti quantitativi di droga sul territorio di Gallipoli da “cane sciolto”, senza rendere conto della sua attività all'organizzazione”. Un omicidio di cui l'altro mandante fu Rosario Padovano e Carmelo Mendolia il secondo esecutore materiale. E’ stato lo stesso Mendolia, siciliano, oggi collaboratore di giustizia a svelare il mistero di quel delitto. “Raggiunsi l’abitazione di Greco a bordo di una Fiat Uno – ha raccontato il collaboratore di giustizia con lucida e spietata freddezza –, con un altro ragazzo. Dopo aver attirato la sua attenzione gli sparammo diversi colpi. Tutto avvenne a poca distanza dalla moglie e dal figlio della vittima”.

Nenè Greco fu attirato in una trappola, i sicari raggiunsero la sua abitazione di campagna a Gallipoli e lo attirarono con una scusa in un oliveto dove avevano nascosto le armi. Poi, con lucida e spietata freddezza, esplosero quattro colpi: due alla testa e due al petto. Rosario Padovano, come detto, è stato già condannato all'ergastolo e Mendolia a 14 anni di reclusione. Condanna giunta nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio di Salvatore Padovano (alias Nino bomba, fratello di Rosario e storico boss della Scu). 

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