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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Omicidio Lezzi: inflitti ergastoli e 48 anni di carcere

Carcere a vita per Ivan Nicola Vitale e Orlando Perrone. 30 anni per il leccese Andrea Paglia, 18 a Filippo Cerfeda. Si chiude il processo per l'omicidio di Giuseppe Lezzi, ucciso ad Amsterdam

Due ergastoli e 48 anni di carcere. Dopo sei ore di camera di consiglio, il presidente della Corte d'Assise Giacomo Conte ha letto il lungo dispositivo con cui spedisce al carcere a vita Ivan Nicola Vitale, di Surbo e Orlando Perrone, di Lecce. 30 anni sono stati inflitti ad Andrea Pagliara e 18 al capobastone della Scu salentina, il leccese Filippo Cerfeda. Ha retto l'impianto della pubblica accusa rappresentata dal pm Guglielmo Cataldi rimasto granitico e uscito anzi ancor più rinforzato dopo le arringhe dei legali degli imputati, i quali, in mattinata, avevano puntato per l'assoluzione piena dei loro assistiti perché il fatto non sussiste. Mandanti ed esecutori dell'omicidio di Giuseppe Lezzi sono stati, invece, inchiodati alle loro presunte responsabilità, almeno nel giudizio di primo grado.

Il Presidente Giacomo Conte, nella sua lettura, ha disposto di non dover procedere per il capo b contestato agli imputati: l'occultamento di cadavere perché non era stata concessa l'estradizione di quel reato da parte del Ministero di Grazia e Giustizia. Il gruppo di fuoco è stato anche interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e ha perso anche la patria potestà. Ora si attendono i novanta giorni per conoscere le motivazioni della sentenza. Filippo Cerfeda, presunto regista dell'omicidio, ha beneficiato di un congruo conto di pena perché collaboratore di giustizia. L'omicidio di Lezzi, avvenuto nel novembre del 2001, ad Amsterdam in via Churchill nell'abitazione di Filippo Cerfeda, maturò nella guerra di mala che oppose clan diversi tra la fine degli anni '90 e gli inizi del 2000.

Giuseppe Lezzi, originario di Cavallino, nella gerarchia interna della Scu, all'epoca dei fatti, ricopriva il grado di "Imperatore" e aspirava che Filippo Cerfeda aderisse al suo gruppo perché di grado inferiore: "diritto di catena con medaglia". La coabitazione tra Cerfeda e Lezzi durò molto poco, poco meno di due mesi. L'ex-primula rossa, in regime di "libertà limitata", nonostante le condanne rimediate in Olanda, riuscì a darsi alla macchia, mentre era in corso la procedura di estradizione. Appena tornato in libertà, l' "Imperatore" iniziò ad assumere un atteggiamento piuttosto tracotante nei confronti di Cerfeda e delle nuove leve, spinto dal desiderio di riprendere il controllo del florido mercato della cocaina. Gli emergenti decisero di ammazzarlo. Lezzi cadde in un'imboscata. Venne chiamato telefonicamente perchè raggiungesse casa di Cerfeda nella centralissima via Churchill, per discutere di una fornitura di polvere bianca proveniente dal Brasile.

Il racconto su come è stato ucciso Lezzi, l' "Imperatore", venne fornito dallo stesso Cerfeda, in un interrogatorio svolto nel carcere di Rebibbia, il sei agosto del 2003, con un block-notes di quasi 200 pagine. Il corpo di Lezzi venne avvolto prima in una busta di spazzatura e poi in un tappeto persiano e trasportato a Bolistein, alla periferia di Amsterdam. Prima di essere seppellito in un bosco sotto un terreno di sabbia, Lezzi venne spogliato di ogni oggetto personale che aveva con sé. Il cadavere non è stato più ritrovato dagli inquirenti, nonostante Franco abbia disegnato una piantina per indicare il luogo in cui il corpo di Lezzi sarebbe stato abbandonato. Per la Procura, Ivan Vitale avrebbe aperto la porta, Filippo Cerfeda e Andrea Pagliara avrebbero atteso in cucina. Fabio Franco avrebbe aperto il fuoco con una pistola dotata di silenziatore, spalleggiato da Orlando Perrone lungo il corridoio.

Franco, alias "nano", il primo luglio del 2007, è stato condannato in primo grado a 13 anni di reclusione per aver scelto il rito abbreviato e per il prezioso contributo fornito alle indagini grazie alle sue confessioni, da "dichiarante" che hanno permesso di ricostruire l'agguato teso all' "Imperatore". In Corte d'Assise erano presenti Andrea Pagliara e Nicola Ivan Vitale, quest'ultimo condannato all'ergastolo: non ha battuto ciglio appena conclusa la lettura del dispositivo da parte del Presidente Conte e ha seguito i secondini che lo hanno scortato. In videoconferenza, da un sito riservato, era collegato anche Filippo Cerfeda. Gli imputati erano difesi dagli avvocati Francesca Conte, Cosimo Rampino, Vincenzo Mariano e Santa Foresta, legale di Cerfeda.

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