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Cronaca

Omicidio Russo, Galgano si difende: "Non sono stato io"

A quasi un mese dal suo arresto ha presentato istanza al Tribunale del Riesame per chiedere la revoca dell'ordinanza di custodia cautelare. L'avvocato difensore contesta le intercettazioni effettuate

LECCE - A quasi un mese dal suo arresto ha presentato istanza al Tribunale del Riesame per chiedere la revoca dell'ordinanza di custodia cautelare che lo ha fatto finire in carcere con l'accusa di omicidio volontario. Questa mattina l'avvocato Antonio Savoia ha discusso per più di due ore davanti ai giudici sostenendo l'innocenza del suo assistito, Raffaele Galgano, il 34enne di Squinzano arrestato il 15 settembre scorso a Mestre dai carabinieri del Nucleo investigativo di Lecce, i quali insieme al sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone lo ritengono responsabile dell'omicidio di Luigi Russo, l'assicuratore leccese di 27 anni ucciso con quattro colpi di pistola revolver nelle campagne di Casalabate, dove il suo corpo esanime venne trovato l'8 dicembre del 2005.

Uno dei delitti più oscuri degli ultimi tempi, forse ora risolto grazie alla perseveranza ed all'astuzia degli investigatori, che un anno fa sono riusciti a far riaprire un caso ormai consegnato alla polvere degli archivi, ed a dare un nome ed un volto al presunto assassino dopo ben quattro anni. Ad impugnare la pistola dalla quale sono poi esplosi i quattro colpi mortali sarebbe stato Raffaele Galgano, socio in affari di Luigi Russo; all'origine dell'efferato delitto un debito maturato con la vittima di circa 30mila euro per l'acquisto di un'automobile. Primo punto contestato dalla difesa, la quale sostiene che non ci sarebbero elementi sufficienti per provare la validità del movente.

L'avvocato poi ha tentato di demolire tutti i pezzi a sostegno dell'impianto accusatorio edificato dai carabinieri e dalla magistratura, primo fra tutti la dichiarazione resa dal fratello dell'indagato, Vito Galgano, considerata la chiave di volta che permise di riaprire il caso precedentemente archiviato. Egli riferì che, nei giorni successivi al suicidio di suo padre avvenuto il 10 settembre 2008, la sorella Isa gli rivelò di essere stata depositaria di una confidenza di Raffaele, in cui questi diceva che "Russo non doveva finire così e che dovevano solo dargli una lezione". La difesa ha puntato tutto sul fatto che la sorella, interrogata dai carabinieri, ha negato di aver mai riferito quelle frasi a Vito e che, soprattutto, il fratello Raffaele non le avrebbe mai parlato in quei termini poiché lo stesso non riusciva a capacitarsi dell'uccisione di Russo. Ma poi, si è sostenuto, ammesso per assurdo che Raffaele abbia effettivamente detto quelle cose alla sorella, il fatto che abbia pronunciato la parola "dovevano" farebbe capire che a commettere l'omicidio fossero state terze persone e non lui. Ma non solo, Vito Galgano avrebbe reso quelle dichiarazioni poiché mosso da forti rancori nei confronti del fratello Raffaele. Ma questa è la lettura degli eventi data dalla difesa.

Dall'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Ercole Aprile, si evincerebbe invece come, dalle telefonate intercettate intercorse tra la madre e la sorella dopo quanto rivelato da Vito Galgano, le donne avrebbero concordato di non riferire agli inquirenti quanto a loro conoscenza per evitare di mettere nei guai Raffaele. Ora spetta al collegio del Tribunale della libertà, presidente e relatore Laura Liguori, a latere Stefano Marzo e Ilaria Solombrino, pronunciarsi sulla misura cautelare dell'indagato.

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