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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

“Inchiodato” per omicidio dal Dna, ma salta l'ascolto dei periti svizzeri che svolsero le analisi

La Corte d’Assise di Lecce valuterà se ascoltare gli esperti direttamente in Svizzera, dove 17 anni fa è avvenuto il delitto per il quale è imputato Rocco Pierri

LECCE - Fu strangolato con una sciarpa e, poi, la sua testa fu avvolta in una busta di plastica. La vittima si chiamava Maurizio D’Amico. Non aveva ancora compiuto trent'anni ed era originario di Copertino. La svolta alle indagini sulla sua morte, avvenuta la notte tra il 16 e il 17 settembre 2001 ad Adliswill (nei pressi di Zurigo), arrivò dodici anni dopo, attraverso il contributo della tecnica basata sulle analisi del dna. E, proprio le analisi indicarono in Rocco Pierri, 43enne originario di Casarano ma residente a Miggiano, il presunto assassino.

Oggi, l’uomo risponde di quest’accusa davanti alla Corte d’Assise di Lecce. Ma il processo non va avanti: non è stato possibile ascoltare i consulenti svizzeri che svolsero le comparazioni tra il dna trovato sul corpo della vittima e quello di Pierri. La ragione formale risiede nel difetto di notifica e il pubblico ministero Francesca Miglietta provvederà a inviare nuovi avvisi. La Corte (composta dal giudice Pietro Baffa, dalla collega Francesca Mariano e dai giudici popolari) potrebbe così decidere di ascoltarli in loco. Questo vuol dire che giudici, pm, avvocati della difesa e della parte civile si sposteranno nel luogo dove è avvenuto l’efferato delitto.

Non è escluso pure che i consulenti vengano ascoltati in videoconferenza con rogatoria internazionale. Ogni decisione è stata rinviata alla prossima udienza che si terrà il 4 aprile.

Pierri (che oggi è un uomo libero) fu arrestato il giorno di Natale del 2012 dagli agenti di polizia del commissariato di Taurisano, mentre era in auto, sulla Taurisano-Miggiano, con la compagna. Su di lui, che nel frattempo si era trasferito a Miggiano e si era fatto una famiglia, spiccava un mandato di cattura internazionale.

Nel fascicolo di inchiesta, (trasferito alla Procura di Lecce in quanto il delitto fu commesso da cittadino italiano ai danni di un connazionale e assegnato al sostituto Miglietta), oltre al dna dell’imputato trovato sul corpo della vittima, ci sono anche altri indizi. Pierri si sarebbe impossessato della carta di credito di D’Amico, tentando così di prelevare la somma di 300 franchi svizzeri presso gli sportelli di una banca. Il suo tentativo sarebbe stato immortalato dalle videocamere di sorveglianza dell’istituto. Ma gli avvocati difensori (Ester Nemola e Tommaso Stefanizzo) sostengono che non si tratti della stessa persona.

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