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Cronaca

Fu omicidio volontario aggravato: 18 anni e 8 mesi all'assassino di Noemi

Emesso il verdetto di primo grado, per il giudice ci fu premeditazione: Lucio, oggi maggiorenne, è stato condannato dal giudice Aristodemo Ingusci. Esclusa una nuova perizia psichiatrica

LECCE - La prelevò da casa alle 4.50 del mattino e dopo averla aggredita, la lasciò morire sotto un cumulo di pietre nelle campagne di Castrignano del Capo. Era il 3 settembre di un anno fa e fu questo l’ultimo viaggio della 16enne di Specchia Noemi Durini, ritrovata dieci giorni dopo. A nulla sono valsi i tentativi della difesa di ottenere una nuova perizia psichiatrica nel processo col rito abbreviato che ha visto l’ex fidanzato Lucio, 18enne di Montesardo, come unico imputato. Oggi, il giudice Aristodemo Ingusci ha respinto l’istanza avanzata dall’avvocato difensore Luigi Rella e ha emesso il suo verdetto: 18 anni e 8 mesi di reclusione per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, per soppressione di cadavere e porto d’arma e per reati minori (lesioni, ricettazione e danneggiamento).

L’ago della bilancia ha quindi proteso verso la ricostruzione della pubblica accusa, rappresentata dal pubblico ministero Anna Carbonara, secondo cui l’imputato era lucido e organizzò le tappe di un viaggio infernale finito nel sangue. Ma per saperne di più, bisogna attendere che il gup depositi le motivazioni della sentenza che, a prescindere dall’entità della condanna, non restituirà quella giovane vita spezzata e non appagherà mai la sete di giustizia di chi quella vita la amava.

Ma i magistrati, contro i quali con estrema leggerezza troppo spesso si punta il dito, ritenendo inaccettabili alcuni verdetti, applicano la legge. Perché se non ci sono dubbi sulla colpevolezza del 18enne di Montesardo che del delitto si è attribuito ogni responsabilità (sia nelle prime fasi delle indagini che durante l’udienza preliminare), alla pena da comminare si arriva attraverso dei calcoli. E, stando ai conteggi del pm Carbonara, gli anni da cui partire erano 25, ritenendo equivalenti l’aggravante della premeditazione e l’attenuante della minore età, che diventano 27 considerando i reati di soppressione del cadavere e porto d’armi, ai quali bisogna togliere un terzo, in virtù della scelta del rito abbreviato. Calcoli questi che, alla luce della sentenza, sembra siano stati condivisi dal giudice Ingusci.

“Se non cambiamo queste leggi, non si farà mai davvero giustizia. Trent’anni sono pochi. Cinquanta sono pochi. Cento sono pochi. Non basterebbe una vita per un gesto del genere”, il commento della madre di Noemi, all’uscita dal tribunale per i minorenni di Lecce, accompagnata dal suo legale di fiducia Mario Blandolino.

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