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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Accoltellato a morte a 21 anni, sullo sfondo affari di droga: in carcere anche il fratello della vittima

Sospesi i domiciliari per il familiare del giovane leccese, assassinato a Manduria nella notte, tra il 22 e il 23 febbraio scorsi. L'uomo sta scontando una condanna legata al trasporto di armi dal Montenegro

LECCE - Nuovi sviluppi nell’inchiesta sull’omicidio del 21enne Natale Naser Bahtijari, originario di Campi Salentina ma residente a Lecce, avvenuto a Manduria nella notte a cavallo tra il 22 e il 23 febbraio scorsi.

Dopo i fermi disposti nei giorni scorsi nei riguardi dei tre presunti assassini, è entrato in carcere anche il fratello della vittima, Suad, di 27 anni, per conto del quale il ragazzo sarebbe giunto nel tarantino per riscuotere il pagamento di una partita di droga, nello specifico di 100 grammi di cocaina, salvo poi trovare la morte. 

Suad Bahtijari era infatti impossibilitato a recarsi all’appuntamento, essendo ai domiciliari per scontare la condanna (oramai definitiva) a 4 anni, dieci mesi e venti giorni, più 12.133 euro di multa, rimediata nell’ambito del procedimento in cui era accusato in concorso con il fratellastro Denis Ahmetovic, di 26 anni, del trasporto in Italia di armi e munizioni dal Montenegro (qui, tutti i dettagli). 

Da ieri però la misura della detenzione domiciliare è stata sospesa e si trova nel carcere di “Borgo San Nicola”, perché il magistrato di sorveglianza Michela De Lecce ha tenuto conto di quanto emerso nel decreto di fermo e applicazione della misura cautelare per i tre manduriani, emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Taranto Rita Romano, secondo cui il delitto sarebbe stato l’epilogo di una vicenda criminosa più ampia che riguarda il traffico di sostanze stupefacenti e in cui è coinvolto il fratello del malcapitato. Dalle indagini, si evincono anche la sua disponibilità di consistenti somme di denaro e l'interessamento all'acquisto di armi da fuoco.

Sarebbe stato proprio questi a rifornire il gruppo di Vincenzo D’Amicis, di 20 anni, che altro non è che il nipote di Vincenzo Stranieri, personaggio storico della Sacra Corona Unita detto “stellina” per via del tatuaggio a cinque punte sulla fronte. 
Il giovane, approfittando dell’autorevolezza criminale del nonno materno, simulando al telefono la voce di quest’ultimo, sarebbe riuscito a ottenere da Suad Bahtijari un rinvio del pagamento della droga, acquistata il 6 febbraio, al 22 febbraio.
A rivelarlo sono state le intercettazioni disposte nell’ambito di un’inchiesta finalizzata proprio a fare luce su un giro d’affari con gli stupefacenti lungo l’asse che va dal capoluogo salentino al Tarantino, le stesse che poi avrebbero svelato, inaspettatamente per gli stessi inquirenti, anche le fasi del delitto del giovane. 

Oltre alle intercettazioni ambientali, fondamentali a chiudere il cerchio sono state anche le telecamere di sorveglianza, come quelle nei pressi del pub in centro, in cui sarebbe stato pugnalato per la prima volta il malcapitato prima di essere trascinato in auto, condotto in campagna e qui accoltellato a morte in diverse parti del corpo, per poi essere nuovamente caricato in macchina e buttato al di là del guardrail lungo la strada per Oria. 

E ancora, i filmati nell’area di servizio in cui due degli arrestati, i 23enni Domenico D’Oria Palma e Simone Dinoi, si erano recati con la vettura per fornirsi della benzina necessaria a dare fuoco al corpo del giovane. Il progetto tuttavia sarebbe sfumato, perché gli indagati ritornati sul posto non sarebbero riusciti a vedere col buio il cadavere che, nel rotolare nella scarpata, si era impigliato in un arbusto di rovi.

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Le indagini: contesto mafioso, ma resta da chiarire il movente

Stando agli inquirenti, il delitto del giovane leccese è stato eseguito con modalità evocative dell’intimidazione tipica dell’agire mafioso perché tanta brutalità è eloquente della volontà di rivendicare il predominio criminale. 

Secondo il sostituto procuratore della Dda di Lecce, Milto De Nozza, emblematico del contesto mafioso in cui è maturato il gravissimo fatto di sangue, è il bacio dato da Dinoi, durante le fasi concitate dell’omicidio, al  “tatuaggio di famiglia” che De Amicis, ritenuto “l’astro nascente degli Stranieri”, ha impresso sul braccio destro.

Insomma, la “punizione” pubblica a questo sarebbe servita: a restaurare la gerarchia e i valori criminali in qualche modo calpestati dalla vittima.

Attraverso la microspia piazzata nell’auto utilizzata nei vari spostamenti dai tre manduriani, si sente il principale indagato affermare: “Ti scannu”, “Ti tagghiu la capu”, “perché hai sparato sulla macchina di mia madre per mio nonno”.
Ma se all’origine ci sia stato uno sgarbo subito in merito alla compravendita dello stupefacente (per esempio, quello di non aver ottenuto una ulteriore dilazione nel pagamento) o la volontà di vendicare qualche offesa rivolta ai familiari di De Amicis, questo dovranno chiarirlo le indagini.

Al momento, i tre uomini finiti dietro le sbarre non hanno fornito alcun contributo, scegliendo di avvalersi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di convalida del fermo.

Non è escluso che per fare luce sul movente, nei prossimi giorni, il magistrato conceda al fratello della vittima l’interrogatorio, già richiesto dallo stesso, ancor prima della sospensione della detenzione domiciliare (che ora passerà al vaglio del Tribunale di sorveglianza per la definitiva revoca), attraverso gli avvocati Stefano Stefanelli e Benedetto Scippa.

Nel piano criminale, anche “l’eliminazione” di due testimoni scomode

Oltre al delitto, nelle carte dell’inchiesta si legge anche dell’intenzione di De Amicis di “eliminare” le due ragazze che avevano accompagnato Natale Naser Bahtijari con una Fiat 500 a Manduria, ma alla fine il piano non sarebbe stato portato a termine. 

Di certo, però, secondo i riscontri investigativi, dopo ore d’attesa in piazza Vittorio, queste, anziché l’amico, si sarebbero trovate di fronte nonno e nipote che le avrebbero minacciate di morte con frasi del tipo “scendete dalla macchina o vi sparo in testa” e strattonate (una sarebbe stata presa anche per capelli). Così, i due uomini si sarebbero impossessati del mezzo (per questo, rispondono di rapina pluriaggravata) che è stato poi ritrovato il 25 febbraio in una zona periferica di Manduria. 

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