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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Casarano

Operazione "Diarchia": lascia il carcere una delle persone fermate nel blitz

Arresti domiciliari per Mario Petracca, 40enne di Casarano, il giudice ha accolto l'istanza presentata dai suoi legali

LECCE – Ha lasciato il carcere Marco Petracca, 40enne di Casarano, una delle persone coinvolte nell’operazione “Diarchia”. Il gup ha accolto l’istanza della difesa del 40enne, assistito dagli avvocati Attilio De Marco e Carlo Martina, e concesso gli arresti domiciliari, ritenendo attenuate le esigenze cautelari. Una decisione presa sulla base dei riscontri forniti dai legali, attraverso investigazioni difensive e riscontri documentali. Petracca, insospettabile incensurato gestore di una rivendita Outlet di abbigliamento, è ritenuto dagli inquirenti vicino a Tommaso Montedoro, ed è uno dei dodici imputati che ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato.

Furono 14 i fermi eseguiti per sventare il progetto di un omicidio, quello di Ivan Caraccio, reo di non aver rispettato la regola fondamentale del silenzio, svelando le dinamiche interne all’associazione mafiosa, non rispondendo quindi alle aspettative del capo e pertanto ritenuto non all’altezza dei compiti assegnati. Caraccio, membro del gruppo e stretto collaboratore di Antonio Andrea Del Genio, attivo soprattutto nello spaccio di “piazza” con Andrea Cecere (che ha scelto il patteggiamento), già sottoposto ad intercettazioni telefoniche, è stato identificato a seguito di precisi riferimenti fatti dagli interlocutori nel corso delle telefonate intercettate. Gli associati, ricevuto il placet del capo Montedoro, decidono di farlo sparire. Doveva essere una lupara bianca, per evitare ulteriore allarme sociale e quindi attirare l’attenzione delle forze dell’ordine. Un progetto già pianificato in ogni dettaglio, sventato dall’arresto eseguito dai carabinieri lo scorso 18 maggio, quando Caraccio fu fermato con della cocaina. Un arresto che avrebbe potuto compromettere le indagini ma che servì a salvargli la vita. Nel corso delle operazioni di fermo, furono sequestrati oltre 40mila euro in contanti, tutti in tagli di 50, 100 e 200 euro e materiale d’interesse per le indagini.

L’attività tecnico-investigativa ha consentito di documentare le attività del clan al cui vertice gli inquirenti collocano Tommaso Montedoro, promotore di un sodalizio criminale operante su Casarano e comuni limitrofi, il quale si avvale di un “quadro direttivo” composto da Damiano Cosimo Autunno, Giuseppe Corrado e Luca Del Genio. I primi due sono ritenuti storici sodali del capoclan, l’ultimo un soggetto emergente nel panorama criminale locale.

Le fonti di prova principali dell’attività investigativa sono costituite dalle intercettazioni ambientali e telefoniche, supportate nei limiti in cui è stato possibile (data la capacità di controllo del territorio e la scaltrezza dei sodali), dai riscontri in loco effettuati dagli uomini del Nucleo investigativo, che hanno avuto la possibilità di ascoltare una ingente quantità di conversazioni per un periodo consistente, tanto da maturare, da un lato, estrema familiarità con le voci degli interlocutori, e dall’altro, di comprenderne l’oggetto, in modo da delineare con precisione e dovizia di particolari gli argomenti trattati e ripresi nel corso dei dialoghi, riuscendo così a collegarli a fatti concreti e reali. In particolare, l’ascolto globale delle conversazioni, anche nelle parti non strettamente attinenti ai fatti, così come avviene nel linguaggio corrente, ha permesso di identificare senza ombra di dubbio gli interlocutori, nonché i riferimenti a persone, fatti e singoli episodi.

Principale attività del sodalizio il traffico degli stupefacenti, in particolare eroina e cocaina, autentica fonte di reddito del gruppo, con capacità di movimentazione di alcuni chilogrammi di stupefacente alla settimana. In tale contesto, di particolare rilevanza l’asse Casarano-Lecce, attraverso Luca Del Genio e Maurizio Provenzano, il quale ha evidenziato notevoli capacità autonome nel traffico, anche avvalendosi di emissari albanesi. I proventi delle attività illecite erano di sovente reimpiegati per avviare lecite attività imprenditoriali.

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