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Cronaca Nardò

Operazione "Sabr": archiviata la posizione di uno degli imprenditori arrestati

E' stata archiviata la posizione di Bruno Filieri, 59enne di Nardò, uno degli imprenditori arrestati nel corso dell'operazione denominata "Sabr", condotta all'alba del 23 maggio dai carabinieri del Ros e del comando provinciale

LECCE – E’ stata archiviata la posizione di Bruno Filieri, 59 anni, di Nardò, uno degli imprenditori arrestati nel corso dell'operazione denominata “Sabr”, condotta all’alba del 23 maggio scorso dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Lecce. Dopo lo stralcio, avvenuto nelle scorse settimane, il gup Antonia Martalò, ha archiviato il fascicolo.

A giugno scorso il Tribunale del riesame aveva disposto la scarcerazione del 59enne, accogliendo l’istanza e la tesi difensiva dell’imprenditore neretino, assistito dagli avvocati Giuseppe Bonsegna e Valentina Indennitate. I legali avevano dimostrato, attraverso testimonianze e riscontri documentali, l’estraneità del loro assistito ai fatti contestati.

Già nel corso dell’interrogatorio di garanzia, dinanzi al gip Carlo Cazzella, Filieri aveva respinto tutte le accuse: “Io non c'entro nulla – avevo spiegato l’imprenditore –. Ho rapporti con gli altri soci della cooperativa, e con i lavoratori italiani ed extracomunitari, ma sono estraneo alle accuse”. Una tesi non condivisa dal gip, che aveva confermato la custodia cautelare, poi revocata dai giudici del Riesame.

L'inchiesta, condotta dal sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone, ha sgominato una presunto sodalizio che avrebbe sfruttato e schiavizzato alcuni cittadini extracomunitari, costretti a lavorare per molte ore nei campi, in condizioni disumane. Associazione a delinquere, riduzione in schiavitù, tratta di persone, sono solo alcuni delle accuse contestate alle sedici persone finite in manette nelle scorse ore: sarebbero i membri di un'organizzazione piramidale che avrebbe al vertice il datore di lavoro (i vari imprenditori proprietari dei terreni) e sarebbe costituita da caporali, dai cassieri, e dai capisquadra. Una sorta di holding che avrebbe sfruttato la manodopera dei clandestini, con una paga da fame (fra i 22 e i 25 euro al giorno).

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