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Cronaca Otranto

Passaggi di mano e carte false: barca fantasma da 350mila euro

Una complessa indagine della guardia costiera di Otranto ha permesso di sequestrare a Campomarino, in provincia di Taranto, uno yacht di lusso fatto "sparire" a colpi di cambi di proprietà e contraffazione di documenti e matricole

 

CAMPOMARINO (Taranto) – L’ultimo proprietario risiede nella zona di Taranto, e pare abbia pagato una cifra inferiore, rispetto al reale prezzo di mercato, per poter vantare l’ormeggio di quel gioiello del mare nel porticciolo di Campomarino, appendice sullo Ionio di Maruggio. Prima che giungesse a lui, quello yacht era transitato da un cantiere nautico della provincia di Lecce, e per giunta sul versante opposto, la costa adriatica. Ma i passaggi sono davvero tanti, in questa storia, e nel filone ci sono anche diversi buchi che la guardia costiera dovrà colmare, nelle prossime ore, per rendere più nitido il quadro.

Quello che si sa, è che dello yacht del valore di circa 350mila euro, modello Calafuria, di 11 metri, nato in un cantiere di Cecina, nel livornese, acquistato da una società bolognese e da questa, in seguito, passata in leasing ad un’altra ditta, andata poi in fallimento, sembrava essersi persa ogni traccia nei mari italiani. Dopo questo passaggio, era diventata una sorta di barca fantasma. Sulla quale più mani hanno agito, in una vorticosa danza di contraffazione dei certificati. A spegnere la musica, ci hanno pensato i militari dell’ufficio circondariale marittimo di Otranto e dell’ufficio locale marittimo di Maruggio. Le indagini, che sono ancora nel vivo, sono coordinate dal comandante del porto di Otranto, il tenente di vascello Francesco Amato, e dal reggente del porto di Campomarino, il maresciallo Leonardo My.

L’inchiesta è complessa tanto quanto i vari passaggi di mano in chiaroscuro del “Calafuria”, ed hanno riguardato alcuni cantieri navali e le marine di diversi porti salentini. La società bolognese aveva incaricato uno studio legale di Milano per cercare di recuperare l’imbarcazione da diporto a motore, ma, forse, non sperava quasi più in una soluzione favorevole. E invece, nella tarda serata, il vento ha iniziato a spirare in poppa, usando un’allegoria marinaresca. Facile immaginare l’incredulità, quando nel capoluogo felsineo è arrivata la comunicazione dei militari di Otranto che lo yacht sarebbe presto tornato a casa.

E, dunque, l’imbarcazione, oggetto di una vera e propria “appropriazione indebita” dopo un leasing ad una società fallimentare insolvente, era stata fornita di certificati contraffatti. E questo è niente. Contraffatti erano anche le matricole di entrambi i motori e persino i certificati di vendita. Fino al declassamento in “natante”, diminuendone in modo subdolo la lunghezza nominale da 11,40 metri a 9,80.

Perché, questo? Semplice: le unità inferiori ai 10 metri di lunghezza, non hanno l’obbligo di essere iscritte nei registri istituiti presso le motorizzazioni civili e le capitanerie di porto. Ed è così che inizia il gioco di prestigio: dopo innumerevoli passaggi di proprietà fittizi, in qualche caso persino a soggetti di pura fantasia, il proprietario finale, soddisfatto di aver concluso un buon affare, spesso non ha neanche cognizione di avere acquistato un bene di cui, in realtà, non può vantare alcuna proprietà.

A tal proposito, il tenente di vascello Amato apre gli occhi ai potenziali acquirenti: “E’  bene rivolgersi sempre agli uffici dell’autorità marittima per una verifica della documentazione fornita a corredo dell’unità, specie quando questa viene acquistata a prezzi molto più bassi del loro reale valore di mercato”. E mentre barca e documenti pluri-contraffatti sono finiti sotto sequestro, si inizia a fare la conta dei reati: appropriazione indebita, falso in atto ideologico, uso di atto falso, abusivo esercizio della navigazione con documenti contraffatti. E sono solo alcuni di quelli ipotizzabili. A carico di chi e, soprattutto, di quanti soggetti, è ancora tutto da vedere. 

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