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Cronaca

Presenza testimone smentita dalla perizia, assolti da tentata estorsione

Minacciato di morte con una pistola per costringerlo a rinunciare ai compensi che ancora non gli erano stati corrisposti. Di questo erano accusati due imprenditori. Ma per il gup Michele Toriello "il fatto non sussiste". Rilevante un accertamento tecnico svolto dall'ingegner Luigina Quarta

LECCE - Minacciato di morte con una pistola per costringerlo a rinunciare ai compensi che ancora non gli erano stati corrisposti. C'era questo nella denuncia sporta da un 29enne di Scorrano nei riguardi dei suoi due ex datori di lavoro finiti così al banco degli imputati con l'accusa di tentata estorsione. Ma la sentenza emessa questa mattina al termine del processo discusso con il rito abbreviato ha scagionato gli imprenditori.

Il gup Michele Toriello ha assolto con  formula piena “perché il fatto non sussiste” Fabio Schirinzi, 49 anni, di San Pietro in Lama, e Pancrazio Maci, 40, originario di Mesagne ma residente a Sternatia, per ciascuno dei quali il pm  Angela Rotondano (che ha sostituito in udienza la collega titolare del fascicolo Roberta Licci) aveva chiesto una condanna a due anni di reclusione, più la multa di duemila euro.

Stando alla ricostruzione dell'accusa, il 20 marzo del 2013, la presunta vittima, raggiunta in casa dai suoi ex datori di lavoro, sarebbe stata minacciata da Maci con frasi del tipo “ti ammazzo di botte e ti sfascio casa” e da Schirinzi che, per essere più convincente, gli avrebbe persino mostrato una pistola.

Durante le indagini, avviate a seguito della denuncia sporta dal dipendente nella stazione dei carabinieri di Scorrano, fu ascoltata la persona che, dal terrazzo dell'abitazione di fronte avrebbe visto Schirinzi arrivare armato. Ma gli accertamenti svolti dall'ingegnere Luigina Quarta per conto dell'avvocato difensore degli imputati, Fabio Domenico Corvino, avrebbero smentito la presenza di quel testimone. Ed è forse questo ad aver avuto un peso cruciale nel verdetto del giudice, le cui motivazioni saranno depositate entro quindici giorni.  Il dipendente era parte civile al processo con l'avvocato Giuseppe Presicce. 

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