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Cronaca

Il presidio degli irriducibili. I lavoratori della "Prototipo" si rivolgono a Porsche

Sono rimasti in 15, gli ex collaudatori che sperano di tornare all'interno della pista di Nardò dopo l'acquisizione del gruppo tedesco. Gli incontri con la task force non sbloccano la vertenza. "Si preferisce personale non qualificato"

LECCE – Indefessi, gli ex collaudatori della "Prototipo" di Nardò tornano a presidiare l'ingresso della pista. Nel corso degli ultimi due anni sono stati i protagonisti, loro malgrado, di una vertenza lavorativa che non va da nessuna parte. E che, tavolo dopo tavolo, ha aggrovigliato le sue maglie in una matassa quasi inestricabile.

Eppure, come sottolinea il portavoce dei Cobas, Salvatore Stasi, la soluzione esiste. A monte mancherebbe una volontà innanzitutto politica, e poi istituzionale, di reintegrare nell'organico queste figure specializzate, accompagnate alla porta nel momento in cui la società proprietaria del circuito, Nardò Technical Center, ha dichiarato lo stato di crisi.

Il folto gruppo dei lavoratori assoldati dalle due cooperative che prestavano servizio in appalto, Italian Job ed All Service, si è assottigliato nel tempo. La speranza di ritornare a collaudare le autovetture rimane in vita solo per quindici persone. Una manciata di lavoratori, dunque, alcuni dei quali vivacchiano di cassa integrazione in deroga, garantita sino alla fine marzo. Ma per tutti non si è riusciti a trovare alcun posto né all'interno della nuova cooperativa Copat, né un impiego come lavoratori interinali.

Gli incontri sporadici con la task force regionale (dall'ultimo tavolo è trascorso fin troppo tempo), hanno prodotto due possibilità di reintegro. Due alternative, accolte con entusiasmo dagli  interessati, cadute nel vuoto. Al punto che, aggiunge Stasi, alcuni ex collaudatori "hanno inviato i propri curriculum alle società interinali, sono stati contattati telefonicamente ma nessuno è stato richiamato in servizio". I proprietari della pista, aggiunge il sindacalista, avrebbero preferito avvalersi di personale meno specializzato: "Le attività nella Prototipo proseguono a pieno regime ed è assurdo che si continuino a selezionare lavoratori senza alcuna esperienza, costretti a fare corsi professionali last minute, anziché di avvalersi di gente competente e da sempre disposta a tornare a sfrecciare sul circuito".

La disponibilità dei quindici collaudatori è ad ampio raggio: ripetono di essere disposti ad occuparsi di qualunque altro tipo di mansioni (come il giardinaggio), ove necessario. E soprattutto si dicono ben disposti a compiere un passo indietro rispetto alle azioni legali già intraprese contro la proprietà societaria, in cambio di una stabilità lavorativa che, per ora, non s'intravede.

Neppure l'arrivo dei tedeschi di Porsche, infatti, nuovi proprietari della Prototipo, è riuscito ad aprire un varco in quella"fortezza di interessi", così come la dipinge il referente Cobas. I facili entusiasmi per l'approdo nel Salento di una multinazionale, salutata come si accoglie una ventata di aria fresca che profuma di cambiamento, occupazione, sviluppo, si sono tradotti in una "cocente delusione".

Così il presidio odierno non ha nulla di casuale. Voci di corridoio parlavano della presenza, in pista, di un dirigente nazionale di Porsche Italia che nessuno ha intravisto. Ma lo stesso sindacalista non vuole scaricare le responsabilità, in misura proporzionale, anche sulla dirigenza di Porsche. Anzi: "Molti elementi ci spingono a pensare che questa vertenza sia stata tenuta ben nascosta agli occhi dei nuovi proprietari. Come se fosse una vicenda legata solo al territorio, che hanno cercato di accantonare".

Poi l'ultimo, accorato, appello: "Noi siamo qui. Quindici persone aspettano di tornare a condurre un'esistenza dignitosa. E' un loro diritto che nessuno vuole rispettare. Anche a fronte di quelle 23 assunzioni che Ntc avrebbe dovuto concludere in virtù di un cospicuo finanziamento regionale erogato sui fondi europei. Invece l'ultima tranche milionaria è stata versata proprio in concomitanza con la dichiarazione della stato di crisi aziendale. E' una vergogna".

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