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Cronaca

Processo sui palazzi di via Brenta, la parola passa alla difesa

Dopo la richiesta di condanna avanzata il 15 febbraio dal sostituto procuratore Antonio De Donno, i legali degli imputati hanno provato a smontare, punto per punto, la tesi accusatoria. Sentenza attesa nelle prossime settimane

LECCE - Dopo la requisitoria e le richieste dell'accusa, che aveva invocato 16 anni complessivi di reclusione, a prendere la parola, nell'udienza di oggi, sono stati gli avvocati degli imputati del processo sui palazzi di via Brenta. Un caso politico e giudiziario che continua a dividere l'opinione pubblica e a contrapporre schieramenti e partiti. Si tratta, infatti, di uno dei processi più controversi della storia recente del capoluogo salentino, in cui la stessa amministrazione comunale, guidata dal sindaco Paolo Perrone e assistita dall'avvocato Andrea Sambati, si è già costituita come parte civile nei confronti degli imputati, tra cui alcuni degli ex uomini di fiducia dell'allora sindaco Adriana Poli Bortone.

Tra loro, infatti, Massimo Buonerba, l'ex consulente legale della Poli; Ennio De Leo, ex assessore al Bilancio del Comune di Lecce, e Giuseppe Naccarelli, ex dirigente del servizio finanziario del Comune di Lecce. Oltre a Buonerba, De Leo e Naccarelli, gli altri imputati sono Pietro Guagnano, legale rappresentante della Socoge; Maurizio Ricercato; Piergiorgio Solombrino, ex dirigente dell'ufficio tecnico, e Roberto Brunetti, tecnico dell'ufficio Patrimonio di Palazzo Carafa. Per loro il reato ipotizzato, a vario titolo, è di falso e truffa ai danni dello Stato.

È toccato agli avvocati Luigi Rella, Massimo Manfreda e Fabio Vitale esporre le proprie tesi difensive. Arringhe complesse e dettagliate, in cui i legali hanno affrontato e cercato di smontare, punto dopo punto, la tesi dell'accusa, chiedendo l'assoluzione per i propri assistiti. 

Il Comune, come detto, si è già costituito parte civile in "considerazione del fatto che i reati commessi dagli stessi hanno recato gravi ed ingenti danni al Comune" e che pertanto occorre "concorrere alla affermazione di responsabilità degli imputati e ottenere il risarcimento dei danni subiti", quantificati provvisoriamente in due milioni e mezzo di euro, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

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Secondo quanto ipotizzato dall'accusa (inizialmente il sostituto procuratore Imerio Tramis e successivamente il procuratore aggiunto Antonio De Donno), la truffa sarebbe stata ordita al fine di agevolare la Socoge, proprietaria degli immobili di via Brenta.

Questa ha poi venduto i due complessi alla società Selmabipiemme, che li ha poi ceduti in leasing al Comune di Lecce. Le due società si sarebbero accordate per stipulare un contratto di leasing ben più oneroso del valore reale, proprio in previsione che il Comune subentrasse alla Socoge e dunque ne ereditasse le condizioni svantaggiose. Un contratto di leasing che impegnò l'amministrazione leccese a versare due milioni e mezzo di euro all'anno per 20 anni, oltre ad un riscatto di 14 milioni di euro. Nel mezzo cifre gonfiate e atti falsificati, tutto - secondo l'accusa - a scapito del Comune e di un danno patrimoniale di milioni di euro. La sentenza è attesa nelle prossime settimane. 

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