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Cronaca

Protesi e mazzette, Bruno: “Accettavo le richieste della funzionaria per paura di non lavorare più”

Si è aperto oggi con l’interrogatorio del rappresentante di una ditta impegnata in tecnologie ortopediche, il processo abbreviato nato dall’inchiesta “Buste pulite”

LECCE - Sarebbe stata lei la regista del sistema corruttivo, la responsabile amministrativa del settore Assistenza protesica dell’Asl di Lecce Carmen Genovasi, 46 anni. E’ da lei che sarebbero partite le richieste di denaro e regalie che lui, fresco del nuovo lavoro, avrebbe assecondato per paura di essere ostacolato. E’ quanto ha sostenuto oggi il rappresentante di una ditta leccese impegnata in tecnologie ortopediche, Giuseppe Bruno, 57enne residente a Galatina, nel processo con rito abbreviato scaturito dall’inchiesta “Buste pulite” dove è imputato per corruzione insieme alla ex funzionaria.

Questa, in particolare, risponde di aver ricevuto mazzette, favori e regali, in cambio dell’assegnazione diretta ad alcune imprese dell’incarico di fornire ausili medici, ignorando così il diritto di scelta del paziente ed escludendo altri operatori.

Assistito dal suo avvocato Carlo Caracuta, sollecitato dalle domande del giudice Cinzia Vergine e del pubblico ministero Roberta Licci (titolare del fascicolo col collega Massimiliano Carducci), Bruno ha fornito ulteriori precisazioni e ha ammesso gli addebiti, come già aveva fatto dopo il suo arresto in flagranza eseguito dai militari della guardia di finanza del Nucleo di polizia economico finanziaria: di aver consegnato alla donna una bustarella di 850 euro, e in più occasioni altro denaro e anche un saturimetro e un termometro.

Nella prossima udienza, fissata per il 18 maggio a parlare sarà Genovasi, che pure ha chiesto di essere interrogata, mentre l’8 giugno prenderanno la parola il pubblico ministero, gli avvocati difensori Carlo Caracuta, Luigi Rella, Sabrina Conte e Stefano De Francesco, e l'avvocato Massimo Manfreda per conto della Asl, parte civile al processo. La sentenza è attesa per l’8 giugno.

Hanno invece già chiuso il loro conto con la giustizia, una settimana fa, patteggiando con il giudice Simona Panzera, altre due persone coinvolte nello stesso procedimento: tre anni e mezzo di reclusione, Pietro Ivan Bonetti, leccese di 71 anni, legale rappresentante di una società di supporti di tipo audiometrico; due anni, col beneficio della pena sospesa, Monica Franchini, leccese di 49.

Dal primo, Genovasi avrebbe ottenuto denaro per un totale di 16mila euro, più altre 1.600 euro tramite una ex collaboratrice, l’assunzione fittizia del marito, con l’obiettivo di far maturare a quest’ultimo l’indennità di disoccupazione, e servizi, come la custodia del cane, un aspirapolvere dal valore di circa 200 euro e un cellulare sui 1.100 euro. Da Franchini, invece, la funzionaria avrebbe ricevuto, in almeno quattro occasioni, somme di denaro per importi sui 150 euro.

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