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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Gallipoli

Quattro colpi: ucciso l'ex boss diventato scrittore

Gallipoli: Salvatore Padovano, 47enne, è stato freddato davanti ad una pescheria gestita da alcuni suoi parenti da un individuo con casco integrale. Ha provato a scappare, ma è stato inseguito

Un'esecuzione in piena regola con modalità che rievocano i delitti della vecchia Scu. Vittima dell'agguato Salvatore Padovano, 47enne di Gallipoli, detto "Nino Bomba", ex boss della malavita sud salentina e che negli ultimi tempi aveva cercato di avvicinarsi alla vita sociale per cancellare un passato difficile. Salvatore, figlio di Luigi Padovano presunto "ras" su Gallipoli e dintorni, è stato freddato questa mattina, intorno alle 10,30, nei pressi del punto vendita di mitili "Il Paradiso del Mare", gestito da alcuni cugini del ramo familiare dei Pianoforte, sulla strada Gallipoli-Santa Maria al Bagno, alla periferia nord della "Città Bella". Secondo una prima ricostruzione, l'ex boss sarebbe giunto intorno alle 10,15 nel negozio a bordo della sua Bmw 3 di colore scuro parcheggiata davanti al cancello d'ingresso del locale.

Dopo pochi minuti sarebbero comparsi i sicari, a bordo di una motocicletta di grossa cilindrata, che hanno teso un'imboscata richiamando l'attenzione di Padovano con un banale pretesto: "Di chi è questa macchina?", avrebbe esclamato uno dei due killer. L'uomo si sarebbe voltato, ed avrebbe risposto: "Io…". Il sicario, giunto a piedi e con il volto coperto da un casco, ha aperto il fuoco della sua pistola semiautomatica calibro 9 per 21 a distanza ravvicinata dal suo obiettivo, appena Padovano si è affacciato. I primi due colpi sarebbero andati a vuoto e il killer a quel punto avrebbe rincorso "Nino Bomba" fin all'ingresso della pescheria: sono partiti due altri colpi, uno che si è conficcato all'altezza della nuca, mentre il quarto ha trapassato la gola. L'ex affiliato ha cercato di ripararsi rientrando all'interno della pescheria dove si trovavano tre dipendenti e due avventori. "Nino Bomba" è franato per terra, agonizzante, davanti all'entrata, riverso in una pozza di sangue. L'assassino è fuggito risalendo sulla moto, atteso da un sodale.

Diverse le vie di fuga in prossimità della pescheria. Probabile che i killer abbiano imboccato la tangenziale disperdendosi. Nessuno avrebbe visto o sentito nulla di anomalo. Nessuno avrebbe udito gli spari, nonostante la strada risulti un'arteria particolarmente trafficata in pieno giorno. Padovano è stato soccorso dai tre dipendenti. Trasportato con un'ambulanza a sirene spiegate all'ospedale "Vito Fazzi", in condizioni gravissime, il suo cuore ha cessato di battere intorno alle 13,30 nel reparto di rianimazione. La profonda ferita non gli ha lasciato scampo, nonostante il disperato tentativo dei medici di strapparlo alla morte. Sul posto sono arrivati gli agenti del locale commissariato, gli investigatori della squadra mobile di Lecce diretti da Annino Gargano, i carabinieri della compagnia di Gallipoli, agli ordini del capitano Domenico Barone e i tecnici della scientifica che hanno recuperato per terra quattro bossoli ritrovati in punti diversi. Alla spicciolata sono confluiti anche il procuratore capo della Repubblica Cataldo Motta, il magistrato di turno Angela Rotondano e il sostituto procuratore antimafia Guglielmo Cataldi. Il locale è stato posto sotto sequestro. Già in tarda mattinata sono scattati i primi interrogatori. In commissariato, gli agenti diretti da Pantaleo Nicolì, hanno ascoltato come persone informate sui fatti i tre dipendenti della pescheria. Sino a questa sera, gli inquirenti hanno sentito una ventina di persone, tra famigliari e amici. Sono state effettuate anche una decina di perquisizioni in casa di pregiudicati, ma su nessuno sarebbe stata effettuata la prova dello stub.

Salvatore Padovano era sposato e aveva prole. Paola, la primogenita, studia all'Università, mentre Angelo, il secondo figlio, frequenta il Liceo. Era un uomo libero dal gennaio del 2007 così come il padre Luigi e il fratello Rosario. Nella scorsa primavera aveva pubblicato la sua prima fatica letteraria intitolata "Da Ciano all'11 settembre" in cui narrava la sua lunga e sfiancante esperienza dentro una cella. Un romanzo, dedicato alla figlia e che aveva riscosso ottimi consensi sia dalla critica, sia dal pubblico. Erano prossime le traduzioni in inglese e la stesura di due altri libri autobiografici.

I guai con la giustizia iniziano nel 1986 quando Padovano viene arrestato per tentata estorsione. Il suo nome compare anche nel primo maxi-blitz alla Scu. "Nino Bomba" viene colpito da un mandato di cattura emesso dal giudice istruttore Enzo Taurino. Condannato in primo grado a dieci anni di reclusione per associazione a delinquere, spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti, in Appello, su richiesta del pubblico ministero, la pena lievita a 22 anni. Condanna diventata definitiva nel 1994 con il pronunciamento della Cassazione. In carcere fu colpito da un'ordinanza custodiale con l'accusa di essere stato il mandante dell'omicidio di Antonio Dodaro, ucciso il 12 dicembre del 1988 nella sua abitazione insieme alla moglie e al suocero. Nel dicembre del 2006, la Corte D'Appello di Bari dopo il rinvio disposto dalla Cassazione aveva assolto Padovano dall'accusa di omicidio per la morte dell'allora capobastone della Scu salentina. Il commando sarebbe stato completato da Roberto Persano, Angelo Tornese condannati all'ergastolo e da Mario Tornese, poi assolto. In primo grado ed in Appello, Padovano era stato condannato alla fine della vita civile. Aveva scontato 20 anni di carcere su 26 per associazione a delinquere, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Dal 1992 al 2006 viene sottoposto al regime del carcere duro (41 bis). Il 6 dicembre di quell'anno esce dal carcere per buona condotta e rimane in libertà controllata fino al dicembre del 2007, coltivando il sogno della scrittura. Una passione che si è bruscamente interrotta questa mattina.

Gli investigatori, al lavoro ci sono gli agenti del commissariato di Gallipoli e i colleghi della squadra mobile di Lecce, seguono diversi fronti d'indagine: lo scenario più verosimile sarebbe una faida interna. I modi bruschi di "Nino Bomba" e la sua boria non sarebbero piaciuti a qualche suo adepto all'interno del consorteria che avrebbe, tra l'altro, mal tollerato la decisione di Padovano di "risciacquare" il suo trascorso attraverso una vena poetica. La sentenza di morte sarebbe potuta maturare con qualche appoggio esterno per riprendere in mano l'egemonia. Più sfumata la pista che vira su un'improvvisa esplosione di una guerra fra clan. Su Gallipoli e paesi limitrofi, non si sarebbero verificate avvisaglie che avrebbero potuto far presagire la possibilità dell'omicidio di un personaggio di così alto cabotaggio. Nessuna bomba, nessuna intimidazione e la sparatoria ad ottobre scorso in via Scalelle non avrebbe alcun collegamento. Il magistrato Angela Rotondano ha disposto l'autopsia sul corpo di Padovano che verrà eseguita lunedì prossimo. La "pax mafiosa" è durata circa cinque anni e mezzo. L'ultimo omicidio di mafia nel Salento risale al 6 marzo 2003, con l'uccisione di Antonio Fiorentino nel bar Papaya a Lecce, a chiusura di un periodo segnato da gravi fatti di sangue, (dieci agguati con cinque omicidi, i cui autori sono stati peraltro tutti identificati e perseguiti). Sul sito https://www.salvatorepadovano.it/, è possibile recuperare alcune informazioni sulla sua vita.

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