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Cronaca Racale

Maxi frode per schivare l’erario: sette arresti e sequestri per 133 milioni di euro

Al centro di una fitta rete di società “cartiere” italiane ed estere e di un complesso sistema di frode fiscale e riciclaggio internazionale di denaro, un “operatore professionale” del commercio di oro, Esposito Group Spa di Racale

RACALE – Sette arresti (uno in carcere e sei ai domiciliari) più una misura interdittiva: è l’esito di un’operazione svolta questa mattina dai finanzieri del Comando provinciale di Lecce, con il supporto tecnico del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, nell’ambito di un’indagine con epicentro a Racale e diramatasi anche in altre città italiane. Le misure sono state firmate dal giudice per le indagini preliminari di Lecce Marcello Rizzo, su proposta del pubblico ministero Giovanna Cannarile.

Agli indagati, nelle diverse vesti di promotori, organizzatori, amministratori, prestanome e liberi professionisti, sono contestati i reati di associazione per delinquere, emissione e/o utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio, sottrazione al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta.

Su tredici indagati totali, come detto, per sette è scattarto l'arresto. In carcere è finito  Emanuele Esposito, 40enne di Racale. Ai domiciliari si trovano: Stefano Alessandrini, 34enne domiciliato a Taviano, anche se con residenza a Pleven, in Bulgaria; Andrea Chetta, 28enne di Taviano; Pasquale Mazzola, 54enne di Molfetta; Salvatore Mercurio, 56enne di Taviano; Tommaso Spiri, 72enne di Taviano; Fulvio Venneri, 41enne di Taviano. La misura interdittiva dell'attività imprenditoriale è stata applicata nei confonti di Giuseppe Caldarola, 60enne di Corato.

Al centro una società di Racale

L’attività riguarda, in particolare, un operatore professionale del commercio di oro, metalli preziosi ed oro da investimento, iscritto nell’apposito elenco della Banca d’Italia, con sede operativa e stabilimento di produzione a Racale. Si tratta della Esposito Group Spa, con sede legale a Roma e altre sedi operative a Catanzaro, Arezzo e Marcianise (Caserta). Secondo gli investigatori delle “fiamme gialle”, l’operatore sarebbe al centro di una fitta rete di società cartiere (italiane ed estere) e di un complesso sistema di frode fiscale e riciclaggio internazionale di denaro.

Nei confronti delle società di capitali coinvolte e delle persone fisiche aventi ruoli di responsabilità all’interno, il gip del Tribunale di Lecce ha disposto il sequestro preventivo - anche nella forma dell’equivalente di valori e risorse finanziarie per oltre 133 milioni di euro, quale profitto dei diversi reati contestati. Sotto sequestro anche tre fabbricati per uso commerciale e artigianale, un intero ramo d’azienda, del valore di circa 1 milione e 400mila euro, in relazione ai reati fallimentari contestati.

Video | Il blitz della guardia di finanza

Le indagini, avviate sulla base di autonome attività ispettive, tributarie e bancarie, condotte nei confronti del suddetto “operatore professionale” dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce e successivamente coordinate dalla Procura della Repubblica di Lecce, avrebbero disvelato un complesso sistema di frode fiscale, sistematicamente esteso in ambito intra ed extra europeo, ovvero fra Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Gran Bretagna, Albania, Australia e Svizzera.

Società “cartiere” per versare somme

Le investigazioni, sviluppate da specialisti verificatori e, parallelamente, dai militari del Gruppo d’investigazione criminalità organizzata, avrebbero fatto emergere che i titolari della società salentina, con il concorso di alcuni professionisti, facendo ricorso a un’articolata rete di prestanome, molti dei quali partecipanti nell’associazione per delinquere, dal 2016 al 2020, avrebbero utilizzato diverse società “cartiere”, al di fuori dell’Italia,  verso le quali sarebbero state bonificate ingenti somme di denaro giustificate con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, idonee a simulare l’acquisto di “partite” d’oro dall’estero.

Quasi contestualmente, le ingenti liquidità bonificate dalla società salentina presso banche per lo più estere, attraverso rilevanti prelevamenti di denaro contante, sarebbero state ritirate e reintrodotte sul territorio nazionale, in parte anche utilizzate per ulteriori transazioni finanziarie “estero su estero”, innalzando la complessità degli accertamenti e facendone perdere ogni tracciabilità con l’originaria provvista. Si è calcolato che in un solo triennio, sarebbero stati ritirati per contante, all’estero, 120 milioni di euro, suscitando conseguente allarme anche presso le autorità estere.

Via gli asset. In modo fittizio

Il presunto sodalizio criminoso, per impedire all’erario di incassare le ingenti imposte non pagate, con una serie di atti dispositivi fraudolenti si sarebbe liberato in modo fittizio degli asset patrimoniali della società - destinata a una irreversibile situazione di dissesto e poi fallita - trasferendoli a un’altra società, che esercita nel medesimo campo e riconducibile di fatto alla stessa governance.

Di conseguenza, secondo un preordinato schema illecito, la sede sarebbe stata trasferita fittiziamente in Bulgaria nel tentativo di evitare o sottrarsi ad eventuali conseguenze giudiziarie civili poste in essere dai creditori (in primo luogo l’erario). L’operazione ha interessato diverse province italiane (Roma, Bari, Catanzaro, Arezzo, Barletta e Caserta), anche per perquisizioni e sequestri. Fra i difensori degli indagati, gli avvocati Biagio Palamà, Francesca Conte e Michele Bonsegna.

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